CANTI. Sopra un basso rilievo antico sepolcrale, dove una giovane morta è rappresentata in atto di partire, accommiatandosi dai suoi. 102 98 I. ALL'ITALIA. O patria mia, vedo le mura e gli archi E le colonne e i simulacri e l'erme Torri degli avi nostri, Ma la gloria non vedo, Non vedo il lauro e il ferro ond' eran carchi I nostri padri antichi. Or fatta inerme, Nuda la fronte e nudo il petto mostri. Oimè quante ferite, Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio, Chi la ridusse a tale? E questo è peggio, Tra le ginocchia, e piange. Piangi, che ben hai donde, Italia mia, E nella fausta sorte e nella ria. Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive, Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno; Che, rimembrando il tuo passato vanto, Dove i'armi e il valore e la costanza? Chi ti tradi? qual arte o qual fatica O qual tanta possanza Valse a spogliarti il manto e l' auree bende? Da tanta altezza in cosi basso loco? Dammi, o ciel, che sia foco Agl' italici petti il sangue mio. Dove sono i tuoi figli? odo suon d'armi E di carri e di voci e di timballi: In estranie contrade Pugnano i tuoi figliuoli. Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi, Un fluttuar di fanti e di cavalli, E fumo e polve, e luccicar di spade Nè ti conforti? e i tremebondi lumi Ma da nemici altrui Per altra gente, e non può dir morendo: La vita che mi desti ecco ti rendo. L'antiche età, che a morte Per la patria correan le genti a squadre; O tessaliche strette, Dove la Persia e il fato assai men forte |