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SESTINA I.

Espone la miseria del suo stato. Ne accusa Laura.
La brama pietosa, e ne dispera.

A qualunque animale alberga in terra,
Se non se alquanti c'hanno in odio il sole,
Tempo da travagliare è quanto è 'l giorno;
Ma poi ch' il ciel accende le sue stelle,
Qual torna a casa, e qual s'annida in selva
Per aver posa almeno infin all'alba.

1-2 Se non se alquanti, ecc. Se ne levi alcuni che odiano il sole, cioè gli animali notturni, e i lupi e le volpi che hanno in odio il sole per lo mal fare. C. Vedi Salmo 103, 20. 5 Tempo è, ecc. È assegnato tanto tempo da travagliar,

quanto dura il giorno. 4 Accende le
sue stelle (Shakespeare avrebbe detto le
sue candele). Quando si fa notte. Virg.
Illic sera rubens accendit lumina ve-
sper. C. A guisa d'accese fiamme dimostra
le sue stelle. G. 6 Aver posa. Riposarsi.

Ed io, da che comincia la bell' alba
A scuoter l'ombra intorno della terra
Svegliando gli animali in ogni selva,
Non ho mai triegua di sospir col sole:
Poi quand' io veggio fiammeggiar le stelle,
Vo.lagrimando e desiando il giorno.

2 A scuoter, ece. A discacciar l'ombra dura il giorno.. 6 Vo lagrimando, ecc. d'intorno alla terra. - 4 Col sole. Finchè V. il Son.: La sera disiar, odiar l'aurora.

Quando la sera scaccia il chiaro giorno,

E le tenebre nostre altrui fann'alba,

Miro pensoso le crudeli stelle,

Che m'hanno fatto di sensibil terra,

E maledico il dì ch'i' vidi 'l sole:

Che mi fa in vista un uom nudrito in selva.

2 Altrui. A' nostri antipodi.-3 Di sensibil terra. Di materia che sente, animata. 8 Ch'i' vidi il sole. Il bel viso di Laura, I

come prima radice del suo tormento. G.
Per la prima volta; il dì ch'io pacqui. L.
6 In vista. Nell'apparenza; ch'io paia.

Non credo che pascesse mai per selva
Si aspra fera, o di notte o di giorno,
Come costei ch'i' piango all'ombra e al sole,
E non mi stanca primo sonno, od alba;
Che, bench' i' sia mortal corpo di terra,
Lo mio fermo desir vien dalle stelle.

1 Pascesse. Verbo neutro. 3 Costei. rammaricarsi, gli sogliono dar luogo. T. Laura. All'ombra e al sole. Di notte e 5-6. Il senso è: Io piango sempre; la radi giorno. 4 E non mi stanca, ecc. gione è, che io sono sforzato dal cielo E dalla sera alla mattina non sono mai ancora che non paja verisimile, che il stanco di piangere. Le due ore in che cielo s' impacci di così vile cosa, come predomina il sonno e in che gli addolo-son io. C. Altri leggono: Lo mio fermo ratl, stanchi di raggirarsi per lo letto e di destin. G.

Prima ch'i' torni a voi, lucenti stelle,
O tomi giù nell'amorosa selva
Lassando il corpo, che fia trita terra,
Vedess' io in lei pietà: chr' in un sol giorno
Può ristorar molt'anni, e 'nnanzi l'alba
Puommi arricchir dal tramontar del sole.

1 Ch'i' torni a voi. Per morte. Dante, | dove, secondo Virgilio, VI, 440 e seg., diPar. IV, 23:

Parer tornarsi l'anime alle stelle Secondo la sentenza di Platone. Intende del ferzo cielo, dove vanno gli innamorati. Altrove: Par. II, Son. 19: Ma ben ti prego che 'n la terza spera Guitton saluti e messer Cino e Dante. C. 2 Tomi giù, ecc. Cada nella selva,

morano le anime delle persone morte per cagion d'amore. Dante, Par. IV, 49. Nei Trionfi: il bosco degli ombrosi mirti. —

Trita terra. Polvere. - 4 Vedess' io, ecc. Mi fosse dato di veder impietosire Laura.5 Ristorar. Compensar le pene di molti anni. E 'nnanzi l'alba. In una notte. 6 Arricchir. Farmi beato.

Con lei foss'io da che si parte il sole,
E non ci vedess' altri che le stelle;
Sol una notte; e mai non fosse l'alba;
E non si trasformasse in verde selva
Per uscirmi di braccia, come il giorno
Che Apollo la seguia quaggiù per terra.
3 Non fosse. Non venisse. Desidera una
notte perpetua. Altrove: Par. I, sest. 7:
E'l di si stesse e'l sol sempre nell'onde.

- 4 Non si trasformasse in verde selva. In
Lauro. Come il giorno, ecc. Come ella
fece quel giorno. Confonde Laura con Dafne.

Ma io sarò sotterra in secca selva,
E'l giorno andrà pien di minute stelle,
Prima ch'a si dolce alba arrivi il sole.

1 In secca selva. Chiuso in legno secco, | giorno. E di giorno si vedranno le stelle. cioè in una cassa da morto. 2 E'i 3 Alba. Per dì. C.

CANZONE I

Narra lo stato suo, dacchè Amore gli cominciò a dar battaglia.

Nel dolce tempo della prima etade,

Che nascer vide ed ancor quasi in erba

La fera voglia che per mio mal crebbe;

Perchè, cantando, il duol si disacerba,
Cantero com'io vissi in libertade,

5

Mentre Amor nel mio albergo a sdegno s'ebbe;
Poi seguirò siccome a lui ne 'ncrebbe

Troppo altamente, e che di ciò m'avvenne;

Di ch'io son fatto a molta gente esempio:
Benchè 'l mio duro scempio

10

Sia scritto altrove sì che mille penne

Ne son già stanche, e quasi in ogni valle
Rimbombi'l suon de' miei gravi sospiri,
Ch' acquistan fede alla penosa vita.
E se qui la memoria non m'aita,

15

Come suol fare, iscusinla i martiri,
Ed un pensier, che solo angoscia dalle
Tal, ch' ad ogni altro fa voltar le spalle,
E mi face obliar me stesso a forza;

Che tien di me quel d'entro, ed io la scorza

1-Ordina: Canterò, perchè cantando i duol si disacerba, come vissi in libertade nel dolce tempo, ecc., mentre Amor nel mio albergo a sdegno s'ebbe. C. Prima etade. Dal suo innamorarsi di anni 22 mesi 7 e dì 18 ai 25 anni. C. — 2 In erba. Picciola. Ovid.: Tua messis in herba est. C. -3 Fiera. Non regolata. C. 6 Mentre Amor, ecc. Fu avuto a sdegno da me. C. 7 Seguirò dicendo. 8 Altamente. Profondamente. Di ciò. Dell'essergli rincresciuto. 9 Di che. Onde. 10 Scempio. Strazio. 14 Ch'acquistan fede, ecc. Rendon testimonianza quanto la mia vita sia misera ed affannosa. D. 15 Qui.

20

Nel narrare i miei casi. L. - 26 Come subl fare. Il Bocc. del Petr.: Cœlesti ingenio et memoria præditus. C. 19 Face. Fa.

20 Che tien di me, ecc. Per il Pensiero intende l'affetto; per sè intende la ragione, per quel d'entro intende la migliore parte e maggiore delle sue azioni; per la scorza intende la minore e peggiore parte delle sue azioni. Operava adunque la maggior parte delle sue azioni non secondo ragione, ma secondo che gli dettava il pensiero di potere o piacere o godere Laura. C. Occupa quella parte di me che sta di dentro, cioè l'anima, ed io solamente tengo in mio potere il corpo. M.

I' dico che dal dì che'l primo assalto
Mi diede Amor, molt'anni eran passati,
Si ch'io cangiava il giovenile aspetto;
E dintorno al mio cor pensier gelati
Fatto avean quasi adamantino smalto
Ch' allentar non lassava il duro affetto:

5

Lagrima ancor non mi bagnava il petto

Ne rompea il sonno; e quel ch'in me non era,
Mi parea un miracolo in altrui.

Lasso, che son! che fui!

10

La vita al fin, e'l dì loda la sera.

Che, sentendo il crudel di ch'io ragiono,

Infin allor percossa di suo strale

Non essermi passato oltra la gonna,

15

Prese in sua scorta una possente donna,
Ver cui poco giammai mi valse o vale
Ingegno o forza o dimandar perdono.
Ei duo mi trasformaro in quel ch'i' sono
Facendomi d'uom vivo un lauro verde,
Che per fredda stagion foglia non perde.

1 Dal di, ecc. Già dal quattordicesimo
anno, che allora la natura sente il concu-
piscevole appetito. C.- -2 Molt'anni. Sette
anni, sette mesi e diciotto dì. C. -3
giovenile aspetto. Per la barba non per
Ja canizie cominciatagli a 24 anni. C.
4 Gelati. Casti. D. Gravi e severi. L. -
Adamantino smalto. Doppia difesa con-
tro le fiaccole e le saette d'amore. C. Ovi-
dio: Solidumve in pectore ferrum aut ada-
manta gerit. Lo smalto suol farsi di ve-
tro macinato; ma il poeta per maggior-

20

mente esprimere la sua durezza, v'ag-
giungea adamantino. D.
6 Duro af-
fetto. Ostinato proponimento contro A-
more. C. 11 La vita alfin. Detto di So-
lone: E'l di loda la sera. Questo è il
prov. lat. Nescis quid serus Vesper ve-
hat. C. Loda. Imperativo. -12 Sentendo.
Avvedendosi. C. 18 Mi trasformaro.
Accenna alla trasformazione dell'amato
nell'amata. 20 Che per fredda stagion,
ecc. Accenna che l'amor suo non è per
vecchiezza per intepidire. C.

Qual mi fec'io quando primier m'accorsi
Della trasfigurata mia persona,

-

Ei capei vidi far di quella fronde
Di che sperato avea già lor corona,

E i piedi in ch'io mi stetti e mossi e corsi,
(Com'ogni membro all'anima risponde)
Diventar due radici sovra l'onde,

Non di Peneo, ma d'un più altero fiume;
E'n duo rami mutarsi ambe le braccia!
No meno ancor m'agghiaccia

L'esser coverto poi di bianche piume,
Allor clie fulminato e morto giacque
Il mio sperar, che troppo alto montava.
Che, perch'io non sapea dove nè quando
Mel ritrovassi, solo, lagrimando,
Là 've tolto mi fu, dì e notte andava
Ricercando dal lato e dentro all'acque,
E giammai poi la mia lingua non tacque,
Mentre poteo, del suo cader maligno:
Ond' io presi col suon color d'un cigno.

པ་

10

15

20

1 Primier. Avverb. Primieramente. la quale speranza gli fu tolta da Laura' Ei capei. Ovidio, Metam. I: In fron- Finge adunque che ella sia stata simile dem erines, in ramos brachia crescunt. a Fetonte, il quale, siccome innalzandosi Pes modo tam velox pigris radicibus troppo, fu fulminato da Giove, così hæret. 4 Lor. Ad essi. Corona. Ghir- sua speranza fu fulminata dallo sdegno landa, che suole ornar chi poetando scri- di Laura: onde egli nella guisa che Cigno ve. D. 6 Risponde. Obbedisce, C., .cor-zio di Fetonte landò cercando e pianrisponde. L. 7 Sovra l'onde. Appres-gendo intorno al Po, ed al fine fu conso l'onde. - 8 Peneo. Piccolo fiume di Tes- vertito in uccello, così egli, affannandosi saglia, ove narra la favola che si tras- per la passione della repulsa, divenne formò la niufa Dafne al tempo che Apollo canuto, e pianse la morte della sua spela seguia quaggiù per terra. D. Alteroranza intorno al fiume. C. fume. Il Rodano. C. 10 M'agghiaccia.sperar. Orazio, Carme IV, 11: Terret amMi spaventa. 11 L'esser coverto, ecc. bustus Phaethon avaras spes. C. La prima trasformazione significa inna- lato. Di qua e di là. - 19 Maligno. Pianse moramento, e queste accidenti avversi continuamente il grave caso del suo speche gli avvennero in amore. Amando a- rare. G. Nel senso d'infelice, ripreso a torto dunque, il poeta sperò di godere Laura; dal Tassoni e dal Muratori.

Così lungo l'amate rive andai;

Che volendo parlar, cantava sempre,
Mercè chiamando con estrania voce:
Nè mai in si dolci o in si soavi tempre
Risonar seppi gli amorosi guai,

Che'l cor s'umiliasse aspro e feroce.

Qual fu a sentir, che'l ricordar mi coce?
Ma molto più di quel ch'è per innanzi,
Della dolce ed acerba mia nemica
È bisogno ch'io dica;

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13 Il mio

-

17 Dal

5

10

Benchè sia tal, ch'ogni parlare avanzi:
Questa, che col mirar gli animi fura,

M'aperse il petto, e'l cor prese con mano,

Dicendo a me: di ciò non far parola.

Poi la rividi in altro abito sola,

15

Tal ch'i' non la conobbi (o senso umano!)

Anzi le dissi 'l ver, pien di paura·
Ed ella nell'usata sua figura

Tosto tornando, fecemi, oimè lasso,
D'uom, quasi vivo e sbigottito sasso.

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3 Mercè chiamando. Chiedendo pietà. Estrania. Peregrina, cioè dolce e soave. C. Altri: Rozza, aspra, e non umana. 4 Tempre. Dante, Purg. XXX, 94. 5 Risonar. Esprimere cantando. L. 6 'L cor. Di Laura. 7 Coce. Boezio de Consol. Sed hoc est quod vehementius recolentem coquit. D. 8 Per innanzi. Per lo 12 Questa, che, ecc. Par che passato. Laura alcuna volta confessasse al Poeta d'esser contenta di suo amore, ma con condizione che egli non n'avesse mai a far parola; la quale condizione il poeta male osservò, confidandosi nelle liete accoglienze di lei. Per la qual cosa ella lo tramutò in sasso, cioè turbandosi gli

20

diè commiato. Prende la favola di Mercurio e di Batto. Fura Mercurio gli armenti ad Apollo e si conviene con Batto che era presente che non lo scoprisse. Mercurio si trasforma e promette a Batto guiderdone, se gli scopre il furto; egli il fa ed è mutato in sasso. B. Fura. Samuel, II, 15, 6. Furatus est Absalon cor virorum Israel. C. 15 In altro abito. Più piacevole che l'usato. Sola. Per dar più ardire al Petrarca.- -20 D'uom quasi vivo, ecc. Di sotto sarà trasformato in dura selce e, perciò, a differenza di quella trasformazione, dice essere stato fatto d'una pietra quasi viva, cioè sensibile e sbigottita, cioè stordita. C.

--

Ella parlava si turbata in vista,
Che tremar mi fea dentro a quella petra
Udendo: I' non son forse chi tu credi.
E dicea meco: se costei mi spetra
Nulla vita mi fia noiosa e, trista:
A farmi lagrimar, signor mio, riedi.
Come, non so; pur io mossi indi i piedi,
Non altrui incolpando, che me stesso,
Mezzo, tutto quel dì, tra vivo e morto.
Ma perchè'l tempo è corto,

5

10

La penna al buon voler non può gir presso;

Onde più cose nella mente scritte

Vo trapassando, e sol d'alcune parlo,

Che maraviglia fanno a chi l'ascolta.

Morte mi s'era intorno al core avvolta;
Nè tacendo potea di sua man trarlo,
O dar soccorso alle virtuti afflitte:

Le vive voci m'eran interditte:

Ond' io gridai con carta e con inchiostro:

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Non son mio, no; s'io moro, il danno è vostro. 20 Laura, di dire ch'egli s'aveva finta quella promessa. C. 9 Mezzo, tutto quel di, ecc. Ordina: Mezzo tra vivo e morto tutto quel dì. C. - 45 Morte mi s'era, ecc. Sdegnata era Laura nè lo voleva ascoltare; onde egli sentiva dolor grande. Per la qual cosa le scrisse, narrandole il suo stato con molta umiltà. Ma ella perciò non solamente non gli ebbe compassione

1 In vista. Nell'aspetto.-2 Fea. Faceva. -Mi spetra. Mi trae fuora di pietra. C. - 6 A farmi lagrimar. Intende della vita ch'egli reputava noiosa, quando era cigno. Ha rispetto al risonar gli amorosi guai, della st. ant., che chiama lagrimare. C.7 lo mi mossi pur di là e uscii di quell'esser di pietra non so come. L. 8 Non altrui incolpando, ecc. Questa fu la via di placare

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