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Nelle commedie antiche. e non meno buone per ciò il primo personaggio che parlava agli spettatori era ordinariamente Frontino che introduceva il gentiluomo o Fiammetta che annunciava la gentildonna.

Non altrimenti intendo oggi il còmpito, a cui la sorte m'ha destinato, di inaugurare quelle conversazioni storiche e letterarie, di cui vedo che dodici mesi, trascorsi in altri ambienti, non vi hanno fatto perdere la memoria.... o la speranza.

La buona conversazione fu detto in qualche luogo da un brillante scrittore è l'ultima virtù dei popoli che decadono. Speriamo sia anche la prima dei popoli che risorgono. Almeno è un augurio che mi sfugge dal labbro, vedendo dietro l'uscio ch'io sono incaricato di schiudere, quella

serie d'illustri ingegni, alla cui parola il vostro desiderio si affretta. Certe sentenze feriscono per la loro eccentricità più ancora che per la logica loro.

Non era in decadimento l'ingegno fiorentino, quando gli Orti Oricellarj raccoglievano sotto i platani ombrosi le dotte conversazioni di cui rimane ancora memoria. Non era in decadenza lo spirito fiorentino, quando, fuori porta San Gallo, ai fieri assalti della pestilenza, una vivace compagine opponeva il fascino di un' arguta conversazione, alla cui dottrina potranno forse giungere quelle del palazzo Ginori, se anche, per altre ragioni, non potranno emularne la giocondità.

E senza voler raccogliere altri esempi a confutazione della severa sentenza, basterà ricordare che non appartiene ad epoche di decadimento, ma risale proprio alle origini dell'umanità, quella conversazione-tipo, a cui si sono modellate poi le più interessanti di tutti i popoli e di tutti i tempi, la conversazione del serpente con Eva.

Lasciate dunque che vengano a voi, come nello scorso anno, i conferenzieri. Sono gli stessi e son nuovi. Vi parleranno, come in passato, dell'Italia che voi amate e che è bene studiare. Soltanto, mentre per voi questo intervallo non è stato che di un anno, per essi sarà stato di un secolo. Dall'Italia dei vescovi e dei Comuni dovranno giungere all'Italia dei tiranni e delle compagnie di ventura.

Dall'avventuriero normanno, che fonda nella bassa Italia la dinastia d' Altavilla, dovranno balzare all'avventuriero francese che si annida nel regno con poco sforzo e vi sovrappone, meno eroica e più sanguinaria, la dinastia degli Anjou. La contessa Matilde, sicura nel suo dominio, fiera del suo fanatismo, amica e protettrice dei più grandi Pontefici, sparirà dalla scena, dove saliranno invece le turbe scamiciate dei Ciompi o i feroci armigeri di Gualtiero di Brienne. Invece delle rozze mura di Fiesole o di Milano vedrete innalzarsi o incominciarsi il Palazzo Ducale di Venezia, Santa Maria del Fiore, la Certosa di Pavia. Dalle figure stecchite e angolose dei mosaici bizantini un'arte nuova vi porterà fino a Gaddo Gaddi ed a Niccola Pisano. E mentre, già respinti nell'estremo settentrione d'Italia, i menestrelli si preparano a varcare le Alpi, riportando nelle corti di Borgogna o di Provenza il loro ritmo di lamento e d'amore, sorge nell'Italia centrale il racconto, che ha nome Boccaccio; la lirica, che ha nome Petrarca; l'epopea, piena di fantasia e di dottrina, che ha nome Dante Alighieri.

Singolare trasformazione che si manifesta nei popoli italiani dalla fine del secolo duodecimo al principio del decimoquarto!

Istituzioni, costumi, linguaggio, genio letterario ed artistico, tutto è mutato. Altre passioni agitano

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