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Il sabato santo del 1334 una giovane e bella donna, d'alto lignaggio, pregava nella chiesa di San Lorenzo a Napoli; e vicino, tutto rapito nella contemplazione di lei, stava un uomo, dal volto gentile ed arguto, i cui occhi scintillanti pareva volessero a forza attrarre a sè quelli della genuflessa. Ed essa infatti o quel giorno stesso o i successivi vide quegli occhi che chiedevano amore, li vide e senti penetrarsene nel cuore una fiamma, che per lungo tempo non doveva più spengersi.

Era dessa la figlia del conte d'Aquino e di Sibilla di Sabran, una bellissima provenzale, su cui sembra si fosse posato lo sguardo del re Roberto, che ne fece la sua favorita e ne ebbe Maria; e lui, il quadrilustre giovane, Giovanni Boccacci, il figliuolo d'un mercante di Certaldo, mandato a Napoli dal padre, perchè attendesse alla pratica della mercatura, ma che invece fino da quegli anni sognava di amore e di poesia, visitava con entusiasmo la tomba di Virgilio, s'estasiava agli incanti della natura, si sentiva rapire verso ignote speranze, verso luminosi ideali.

Il Boccaccio e l'avvenente Maria si amarono di un irresistibile amore, e l'umile figliuolo del mercante certaldese trovò nel cuore di questa figlia di re tutte le gioie d'un amore corrisposto. Non in lei le ritrosie di Laura, gli accorgimenti astuti, le sottili malizie, i superbi dinieghi; ma un abbandono intero di sè al giovinetto dell'amor suo, scelto tra i mille vagheggiatori che a lei certo si affollavano intorno. Si videro, si parlarono, s'intesero, e sia, forse, nelle più celate stanze del palazzo maritale, sia nelle chiese, e per le vie, e alle feste cittadinesche, i due amanti felici ebber convegni che più sempre li strinsero l'uno all'altro.

Felice, intessuta tutta di fantasiosi sogni, di gioie e d'amore, dovè essere la vita del Boccaccio ne' primi anni del suo soggiorno a Napoli, e Napoli colle rive incantevoli del suo golfo, colla sua aria tepida e voluttuosa, collo splendore del suo cielo, colla sua lussureggiante natura dovè potentemente influire su di lui, sullo svolgersi delle sue facoltà poetiche, sull'avviarlo per quelle nuove vie ch'egli scelse all'arte sua. Furono quelli i bei tempi nei quali vagava per il mare seguendo la donna sua:

Sulla poppa sedea d'una barchetta

Che il mar segando presto era tirata
La donna mia con altre accompagnata,
Cantando or una or altra canzonetta.

I bei tempi, ritratti in questi versi che dipingono una scena tutta napoletana, che colgono in atto la vita di Baia con le sue soavità e le sue licenze 1):

Intorno ad una fonte in un pratello
Di verdi fronde pieno e di bei fiori
Sedeano tre angiolette, i loro amori
Forse narrando; ed a ciascuna il bello

Viso adombrava un verde ramoscello
Che i capei d'or cingea, al qual di fuori
E dentro insieme, due vaghi colori
Avvolgeva un soave venticello.

E dopo alquanto l'una alle due disse,
Com'io udii: Deh! se per avventura
Di ciascuna l'amante qui venisse,

Fuggiremo noi quinci per paura?
A cui l'altre risposer: chi fuggisse,
Poco savia saria con tal ventura.

Alla donna sua messer Giovanni diede il poetico nome di Fiammetta, e per lei scrisse molti libri; primo il Filocolo, una specie di romanzo, tratto in parte da un vecchio libro francese, noioso veramente nel suo stile involuto e nella sua pesante erudizione; ma a quando a quando appassionato e rivelatore dell' affetto che già il Boccaccio sentiva vivissimo per gli studi classici. Curiosa è veramente quella parte del libro dov'è introdotta Fiammetta, quando egli finge che Fi

1) DE SANCTIS, Storia. I, 307.

locolo andando in cerca dell' amante sia da una tempesta obbligato a fermarsi a Napoli; e quivi un giorno s'imbatta in una brigata che sta sollazzandosi e a capo della quale è appunto Fiammetta. Entra così in scena la società napoletana del tempo e noi assistiamo in qualche modo al riprodursi delle costumanze provenzali, quando sentiamo ripetersi alcune di quelle questioni che furono già argomento alle tenzoni degli Occitanici: come queste, ad esempio: quale è più infelice fra due donne, quella che ebbe un amante e lo perdè, o quella che non può sperare di averne mai uno? Quale di tre amanti merita la preferenza, il più cortese, il più forte, o il più saggio? Quale è più verace amore il timido o l'ardito? È preferibile amare una fanciulla, una maritata o una vedova?

Un altro libro scritto per Fiammetta fu il Filostrato, poema in ottava rima, anch'esso derivante in parte da fonte francese, e che narra gli amori di Troilo e Griselda. Il suo merito letterario è smisuratamente superiore a quello del Filocolo; e ciò che in esso specialmente ci interessa è che il Troilo e la Griselda della vecchia storia troiana spariscono dagli occhi nostri, e non restano davanti a noi che un uomo e una donna nell'eterno dramma dell' amore. Codesto amore è preso proprio alle origini, è scrutato, analizzato, svolto nei

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