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ROMA e il PAPATO nel SECOLO XIV

CONFERENZA

DI

FRANCESCO BERTOLINI.

Vita Italiana nel '300. - I.

Il secolo XIV rappresenta nella storia italiana un'epoca di grandi contrasti. Mentre, da un lato, esso ci fa assistere alla decadenza delle istituzioni feudali e gerarchiche del medio evo; dall' altro, ci offre lo spettacolo della risurrezione della coltura antica, che credevasi estinta per sempre. Il papato e l'impero, queste due grandi creazioni del genio latino, sono essenzialmente mutate da ciò che erano state nel passato. Le nazioni cristiane ripudiano tanto la teocrazia papale, quanto l'autocrazia imperiale, come ripudiano ogni potere che pretenda all'universalità. Un sentimento nuovo le investe, che a poco a poco assume la gravità di un bisogno indeclinabile: egli è di vivere ciascuna a sè, indipendente da ogni potestà straniera.

Il momento era solenne per la patria nostra.

Trattavasi di sapere, se nella rovina delle due grandi istituzioni, che furono opera sua, sarebbe pur essa stata travolta, ovvero, se il suo genio sarebbe stato capace di crearle una nuova missione nel mondo in servizio della civiltà e del progresso

umano.

I sintomi erano sinistri: l'imperatore e il papa invocati da lei, affinchè accorressero in suo soccorso per arrestare l'opera deleteria delle fazioni, si mostrarono impotenti di guarirla da' suoi mali, come lo erano di risorgere dall' avvilimento in cui essi stessi erano caduti. In questo momento, in cui pareva che un lenzuolo funebre dovesse stendersi su la misera Italia, e chiudere per sempre il libro della sua storia, il suo genio la rianimò a vita nuova, e le creò una missione di civiltà, che le fruttò per la terza volta la egemonia morale sull'Europa, Codesta missione fu il rinno vamento della coltura antica, che schiuse alle genti cristiane nuovi ideali, facendole assurgere alla libertà del pensiero, che si svolse poi in libertà civile.

Per grande sventura, mancò all'Italia l'applicazione alla vita reale della libertà del pensiero; di maniera che, mentre essa stava operando il suo rinnovamento letterario e artistico, fu vista lasciarsi novamente mettere in ceppi dalle genti straniere, ch'essa avea intellettualmente rigenerate.

Così si aperse all'Italia una nuova èra di servitù, la quale non dovea chiudersi che all' età nostra. In questa nuova missione serbata all'Italia dal suo genio, Roma non poteva conservare il primato tenuto nel passato. La metropoli del mondo cristiano, da cui aveano avuto origine le due istituzioni cosmopolitiche dell'impero e del papato, traversava allora una crisi che minacciava di seppellirla nell'oblio, al pari di un tempio rimasto senza culto e senza sacerdozio. Essa era, infatti, rimasta senza il papato, che era la sua anima, la sua vita; e l'impero non le si faceva vivo fuorchè per comprovare la propria impotenza e ignominia.

Ma, anche indipendentemente da questo suo stato anomalo, Roma non possedeva alcuna qualità che la rendesse idonea ad essere sede della coltura classica risorta. Essa era sempre nel pensiero universale la metropoli necessaria della cristianità: essa poteva quindi aspirare ad essere chiamata la nuova Gerusalemme celeste :

E sarai meco senza fine cive

Di quella Roma onde Cristo è Romano;

Purg., XXI.

ma non avea alcun titolo per tenere il primato nella nuova signoria, che l' Italia era chiamata ad esercitare sull'occidente. E come avrebbe po

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