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nombra dorata, fra simboli, animali fantastici, creazioni di sogno, fiammeggiamenti d'apoteosi, a canto ai santi e ai patriarchi lividi e stecchiti dei mosaici bizantini, alle vergini cadaveriche, appaiono dolci profili femminili, qualche bel san Giorgio, Apollo del Cristianesimo, recanti là entro, in quell'aura misteriosa, in quella pace solenne, come un soffio di gaia vita esteriore.

Venezia non comparisce degnamente nel campo dell'arte, che all'aprirsi del secolo quintodecimo. Finchè Giotto compiva la divina opera del Santuario d'Assisi, Venezia era occupata in traffichi ed armi. Mentre Lorenzo Ghiberti rapiva al Paradiso le porte del vostro bel San Giovanni, e Masaccio scopriva il segreto della bellezza antica, l'arte veneziana bamboleggiava ancora.

Coi Vivarini, coi Bellini, col Carpaccio, con Cima da Conegliano, l'arte si eleva a maggior dignità di forma e di concetto; con essi veramente s'inizia la fulgida pittura veneziana. Ma essi nascono ed operano tutti nel quattrocento, nei tempi giocondi, in cui il fasto cela la decadenza.

Pure c'è ancora nella loro anima come l'eco

del vecchio secolo, le amabili peritanze associate agli ardimenti giovanili del trecento. Quella poesia soave, che nasce nel cuore guardando le loro opere, esciva ancora dalla vita e ogni forma pare si espanda ad un sorriso mite, misurato. L'ideale era nelle cose. Nelle tavole di quei pittori c'è come l'ultimo sospiro di un' età moribonda, essi sono dominati da questa poesia, non la dominano come altri pittori veneziani, i quali si limitano a manifestare un sentimento individuale. Sono ingenui e veri, candidi e forti. Alla natura s'accostano come a donna desiderata, ma rispettata, e nelle cose intorno e nelle forme, nei colori, nelle linee, scorgono una significazione alta e nobile, come un'anima, che alla loro anima si accordi, accordo di bellezza, di soavità, di commozione, di meditazione.

Al loro sentimento sembra quasi sieno di impaccio gli artifizi del disegno; al loro ingegno, le lusinghe, dell'arte.

Altri artefici manifesteranno tutta la pompa e il vigore della salute, ma nessun capolavoro di un' arte più avanzata e più raffinata lascia nell'anima una impressione più sincera e profonda di queste opere primitive, che hanno tutti i soavi candori dell'infanzia.

Rapido lo svolgersi, il maturare e il decadere dell'arte veneziana. Giovanni Bellini muore nel 1516

l'ultima opera del Carpaccio è segnata dall'anno 1522 Tiziano nasce nel 1477 Paolo

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Veronese nel 1530. Bene, non sembra che i due primi sieno cresciuti nello stesso paese dei secondi, e nati a così poca distanza di tempo. Basta confrontare nelle tavole degli uni e degli altri il tipo della donna, d'ogni arte il più efficace termine di paragone. In Bellini e in Carpaccio un chiaro volto ovale, la fronte alta, candida, un po' convessa, la bocca piccola e sottili le labbra, il naso diritto e lo sguardo modesto e pensoso tutta una casta eleganza, irradiata da uno spirito interiore, che molto ricorda il vostro Sandro divino. Le vergini e le sante di Tiziano e di Paolo

maghi del colore, fascinatori della vista hanno la fronte superbamente levata e coronata da una gran massa di capelli d'oro filato, lo sguardo fiammeggiante d'ardente desio, nuda la giunonia abbondanza del seno, l'epidermide di latte e di rosa, sotto la quale fluisce il sangue ricco di vigoria e di salute tutto il profumo della bellezza e della seduzione, reso con una meravigliosa abilità di mano, non sempre guidata dal pensiero. Così a poco a poco, svanito il giusto e placido sentimento della vita, le arti imitatrici sono dalla licenza dei tempi fortemente sospinte a una tendenza lasciva. I pitiori, nell'acuta ricerca del piacere, si compiacciono delle baccanti ignude, delle

Veneri procaci, delle donne bionde, esuberanti di gioventù e d'allegrezza. Quando tutte le poesie dell' animo finiscono nell' unica poesia della voluttà, e l'arte non cerca se non il fasto e manifesta le ardenti sensazioni con tutta la sovrabbondanza di una gioia possente, dite pure, o signori, che, anche nella vita, ogni sentimento forte e gentile è perduto.

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