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derna all'Istituto di Studi superiori, insegnante a quello di Scienze sociali intitolato al nome di Cesare Alfieri, accademico della Crusca, segre

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tario della Società Dantesca italiana, consigliere del Comune e socio di non so quante altre accademie e sodalizi, alle cui adunanze giunge sempre.... desideratissimo. Fra un processo verbale e un'interpellanza, tra una lezione e una relazione accademica, traduce l'Aristofane, scrive una rivista bibliografica o una rassegna drammatica per la Nuova Antologia, minuta una lettera per alcuna delle sue Società, arrotola la quarantesima siga

Augusto Franchetti.

retta della giornata e, alle volte, si lascia andare ad un di quei brevi riposi che pur son necessari ad una esistenza così afflitta dalle pubbliche cure.

Amico zelantissimo, in tutta questa farraggine di faccende trova ancor tempo di ricordarsi dei molti che gli vogliono bene e di far la sua quotidiana

Pio Rajna.

passeggiata pedestre al Viale dei Colli, a tu per tu con qualche libro di scienza. La sua lettura sulle Signorie e compagnie di ventura, che dovè preparare in brevissimo tempo, diè prova dell' erudizione ond'è soppannato, e fu notevolissima per la nova maniera d'illustrare i fatti della storia con documenti della letteratura a quelli contempora

nea; onde i versi di Dante, del Petrarca, del Saviozzo senese e d'Antonio Pucci davan luce e vita al racconto, mentre passi e luoghi tolti ai prosatori del tempo a quello aggiungevano forza ed evidenza.

Pio Rajna che successe al Franchetti, e il 21 di marzo risali quella cattedra da cui l'anno decorso raccolse così largo tributo di applausi, è nome meritamente caro ed illustre in Italia e fuori. In lui la profonda dottrina è come irradiata dalla perspicuità della mente, e la sincerità scientifica, ond'è osservante fino allo scrupolo, aggiunge alle sue parole il fascino e lo splendore del vero. La lettura ch'ei fece sulla Genesi della Divina Commedia, ricercando nell'animo di Dante e negli elementi esteriori, quanto potè ispirare l'altissimo concetto, fu tra le più belle e originali di questa serie, e piacque all' eletto uditorio per la novità della ricerca e per la lucidità della forma.

Dante ha avuto un altro insigne illustratore in Isidoro Del Lungo, di cui tutti conoscono e pregiano le benemerenze verso la nostra antica letteratura. Il Del Lungo pare anch'oggi, a chi lo guardi, un uomo antico travestito co' panni moderni. Certo, gli starebbe meglio addosso il lucco scarlatto, e in capo il cappuccio o il mazzocchio de' nostri bisavoli; perchè egli è un uomo tutto di un pezzo, che deve trovarsi quasi a disagio in

mezzo a questa modernità pettegola e piccina. In ogni sua cosa mette una parte di sè, e la migliore: fu maestro, professore di belle lettere in

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più di un Liceo del regno, e tutti i discepoli suoi ricordano con affetto riverente l'amore ch'egli metteva nel farli partecipi della sua ammirazione per le più elette pagine dei nostri classici. Passato al

l'Accademia, a quella buona e vecchia Accademia

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della Crusca, quella povera vecchia come la chiamava il Mamiani sfogò la sua idealità nelle fitte colonne del Vocabolario, e consacrò gli anni migliori nello studio de' tempi di Dante e di Dino Compagni. Lavorò con la coscienza d' un galantuomo e con la sincerità d'uno scienziato moderno, tutto in sè raccolto, sordo alle punzecchiature, ai sarcasmi, alle invettive. E dopo molti anni di ostinata pazienza, ebbe l'intima soddisfazione di veder ricredere molti scettici e di comporre al suo Dino un piedistallo glorioso di documenti inoppugnabili. L'onestà letteraria, che accompagna in lui quella di cittadino, di maestro e di scrittore, ebbe il meritato tributo di plausi e di ammirazioni sincere. Ormai nessuno dubita più della autenticità della Cronica di Dino Compagni; ormai nessuno oserebbe affermare ch'egli, il critico illustre, non sia quasi un testimone vivente di quei tempi im-mortali. Dante ha trovato in lui un interprete fedele ed eloquente. Ond' io vi lascio immaginare quale profonda impressione facesse nell' animo degli uditori la sua lettura veramente ispirata. Disse cose e non parole, e le cose peregrine che gli usciron dal labbro rivesti d'una forma impeccabile, leggendo con un magistero di dizione che tutti gl' invidiano, con quel calore che può dare soltanto il convincimento del vero.

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