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piuto dei tempi illustrati da Dante. Del Barbarossa, d'Enrico VI, d'Innocenzo III, di Federigo II, di Manfredi, di Carlo d'Angiò, di Corradino, di Bo

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grande competenza ch'è frutto di studi coscienziosi e con felicità di parola, ritraendo in brevi ed efficacissimi tocchi la fisonomia storica dei varii

personaggi e digredendo in considerazioni alte e razionali. Il Masi dimostrò ancora una volta ch'egli sarebbe un eccellente professore di storia moderna, di cui potrebbe onorarsi qualunque Ateneo, ora segnatamente che le cattedre universitarie sono occupate dai microscopisti della scienza, con grave danno di quella coltura generale che i giovani non possono attingere fuori della scuola.

Arturo Graf aveva scelto quest'anno un argomento attraentissimo Il tramonto delle leggende, e ne parlò con abbondanza di sicure notizie, con magistrale conoscenza del tema. Egli ha una fiera passione: quella di non lasciare inesplorata nessuna parte del soggetto preso a trattare; e perciò i suoi lavori acquistano maggior pregio ad un'attenta e ponderata lettura. Lo studio sulle Origini del Papato e del Comune di Roma, ch'ei lesse l'anno scorso, è stato per unanime giudizio riconosciuto un de' migliori scritti del volume su Gli Albori edito dai Treves.

Al Graf succedette il senatore Marco Tabarrini, cui non dispiacque di fare onore alle Letture di casa Ginori con una sua conferenza su Le Consorterie nella storia fiorentina. Il Tabarrini, richiamato da un gentile invito a' suoi antichi studi prediletti, lasciò per un poco le gravi cure della politica; e con affetto giovanile si pose a dar forma di piacevole ed elegante discorso a' materiali la

boriosamente raccolti trent'anni fa sopra un ar

gomento poco noto di storia patria. E vi riuscì

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così bene, da far dimenticare, con l'aurea semplicità dello stile, con la squisita eleganza del

l'elocuzione e con la grazia toscana della lingua, -la difficoltà dell'assunto. Perchè, chi nol sappia, egli è un sapiente maestro anche nell' arte del dire, ma un di quelli del buon tempo antico, i quali sdegnano i lenocini della rettorica, non di altro curanti che di dar veste ben conveniente agli studiati pensieri. E' vi parlano con quella bonomia socratica, per la quale le astruserie della scienza paiono a chiunque accessibili e piane; e tutto il loro segreto consiste nel dar ordine lucidissimo a quel che hanno chiaro e luminoso nel loro intelletto. Il miglior artificio per fare una buona conferenza è quello d'averla fatta prima a noi stessi, d'aver bene in mente ciò che si vuol dagli altri compreso; e però riescon meglio le conferenze addirittura improvvisate, quelle fatte a braccia, quando la frase sia obbediente al pensiero e questo segua il cammino prestabilito, senza fermarsi sbadatamente per via.

E tale fu appunto quella che Diego Martelli fece su Gli artisti Pisani, parlando di storia dell'arte con la sicurezza che nasce da una lunga pratica e amorosa col proprio soggetto. Diego Martelli non fa nè l'artista nè il letterato di professione; ma è, per felice intuito, per le doti naturali dell'ingegno e per svariata coltura, un dicitore piacentissimo, che riesce a nascondere lo studio e l'erudizione sotto le apparenze d' un' ar

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guta bonarietà. Parlò del bizantinismo con novità e originalità di concetti, descrisse le meraviglie create dagli artisti pisani con la evidenza e la semplicità onde un viaggiatore di buon gu

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sto vi pone sott'occhio quanto di meglio ha veduto in lontani paesi. La sua conferenza fu come la relazione d' un viaggio nel passato dell'arte, compiuto da un nostro contemporaneo, che sappia raffrontare l'antico con il moderno, e d'arte giu

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