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LA VITA NUOVA

[PROEMIO]

In quella parte del libro de la mia memoria, dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica, la qual dice: INCIPIT VITA NOVA. Sotto la qual' io trovo scritte le parole, le quali è mio in

PROEMIO 1. libro de la

memoria, è il complesso dei ricordi, concepiti come scritti in un libro; cfr. il luogo del Par., xxiii, 52, dove la facoltà del ricordare è detta il libro che 'l preterito rassegna. dinanzi a la quale parte pochi ricordi indistinti rimangono, poiché dei fatti accaduti nella prima fanciullezza è difficile conservare memoria compiuta: dunque quella parte, della quale Dante conservò in questo libretto i ricordi, è la seconda età della sua vita, cioè la giovinezza.

3. rubrica è l'argomento o sommario o titolo di un trattato o di un capitolo, e cosi dicevasi perché per lo più nei manoscritti era in color rosso. Questa voce è oggi fuori d'uso in questo senso. Incipit vita nova; comincia una vita novella: cfr. la Notizia sulla V. N., § 4.

4. parole; secondo il Renier sarebbero le rime che Dante intendeva di coordinare col suo racconto in prosa: ma, oltre che la voce parole nei luoghi da lui citati (capp. vIII, 10; xii, 47; xiii, 2; xiv, 53; xv, 18; xvi, 2; xxi, 3; xxIII, 89; xxx1, 4; xxxvi, 9; xxxviii, 20) non ha il senso determinato di poesie, né lo potrebbe avere, ma un senso vario secondo i luoghi e sempre generico, non vi ha alcuna sufficiente ragione per ritenere che Dante avesse in mente soltanto

5 tendimento d'assemprare in questo libello, e, se non tutte, almeno la loro sentenzia.

I

Nove fiate già, appresso lo mio nascimento, era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto

le rime e non ancora il ricordo degli avvenimenti che ad esse si collegavano e che ne erano stati come le occasioni e i motivi. Anzi, poiché le poesie egli doveva averle conservate per iscritto, si potrebbe credere che qui egli volesse alludere, non ad esse, ma solo ai ricordi della sua giovinezza.

5. intendimento, intenzione, proposito. assemprare, o assembrare, può venire da exemplare (cfr. assempro per esempio) e significare esemplare, trascrivere, ritrarre, somigliare, e in questo senso è usato da Dante, Inf., xxiv, 4: Quando la brina in sulla terra assembra L'imagine di sua sorella bianca, e dal Cavalcanti (p. 15): Canzon, tu sai che de' libri d'amore Io t'assemprai ecc.; oppure da adsimulare nel significato di raccogliere, riunire, metter insieme, come nella canz. del cap. xxxIII, 25: Tanto dolore intorno al cor m'assembra. Alcuni editori, cambiando assemprare in esemplare, assemplare, mostrano d'aver preferita la prima interpretazione; la quale del resto è confermata dalle parole del cap. 1, 47-48. libello, qui e nel cap. xxv, 67 è nel significato primitivo di piccolo libro, libretto. Nel Convivio, 11, 2, Dante cita la Vita nuova, dicendo: siccom' è ragionato per me nello allegato libello. Si noti, per curiosità, che un amico dell'Alighieri, Cino da Pistoia, celebra la Divina commedia come il libello Che mostra Dante signor d'ogni rima (p. 243). Osserva il Tod. che al paragone del libro della memoria era giusto che Dante chiamasse libello l'operetta breve e di argomento tenue, ch' egli si accingeva a scrivere. se non tutte ecc., se non affiderò alla carta tutti i ricordi della mia vita novella nei loro particolari, non trascurerò il loro significato complessivo.

I. 1. Nove fiate; dice Dante che gli apparve per la prima volta Beatrice quando egli era in età di nove anni: ora, poiché l'anno della nascita di lui, secondo i suoi biografi, fu il 1265, questo incontro sarebbe da riferire al 1274.

2. lo cielo de la luce è, nel sistema tolomaico, che Dante professava di seguire (cfr. Conv., 11, 3, 4), quello del sole: il sole poi è

quanto a la sua propia girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la qual fu da molti chiamata Beatrice, li quali 5 non sapeano che si chiamare.

detto la gran luce in un luogo del Purg., XXXII, 53 e la lucerna del mondo nel Par., 1, 38.

3. quanto a la sua propia girazione, perché, nota il Witte, come gli altri pianeti, il sole ha una girazione che non è sua propria, ma comunicatagli dal primo mobile; cfr. Par., xxvII, 106. Si noti poi che Dante in un sonetto a Cino da Pistoia (p. 173) dice:

Io sono stato con amore insieme

da la circolazion del sol mia nona.

4. la gloriosa donna de la mia mente; Beatrice è detta gloriosa perché assunta già alla gloria celeste allorché Dante scrisse questo libro, e donna della sua mente perché, sebbene morta, viveva ancora nell'animo suo; cfr. Conv., 11, 2, Beatrice beata, che vive in cielo cogli angioli e in terra colla mia anima, e 11, 9: sarà bello terminare lo parlare di quella viva Beatrice beata, della quale piú parlare in questo libro non intendo; si raffrontino a questo passo anche i vv. 1-6 del son. Era venuta (cap. xxxiv, 38-43).

5-6. fu da molti chiamata Beatrice, i quali ecc.; per intendere queste parole i critici ricorsero all'espediente di modificare il testo: il Trivulzio, seguito da qualche altro, lesse i quali non sapeano che sí chiamare, cioè non sapevano chiamar Beatrice se non con questo nome; il Frat. propose di leggere e quali non sapeano che si chiamare, cioè molti la chiamavano Beatrice e altri non sapevano che nome darle; il Borgognoni pensò che il passo fosse manchevole e dovesse esser restituito cosi: li quali non sapeano che si chiamare [ella dirittamente si dovea], ma è un supplemento del tutto ipotetico. Il Canello, in una nota inserita nella Riv. di fil. romanza, I, 46, credette di riconoscere nel chiamare, invece di un infinito, un perfetto congiuntivo, di modo che la frase significherebbe: qui nesciebant quid sic clamarint; ma il Flechia (Riv. di fil. class., I, 401) ha mostrato come non si possa ammettere una forma chiamare come derivata da un tempo finito. La interpretazione più semplice è quella del Giul., accolta da molti interpreti: « non sapeano che si chiamare, vale qual nome dovessero darle. Per semplice e naturale effetto, che in loro al vederla si destava, la chiamavano Beatrice indovinandone così il vero nome ». Il D'Anc., che esplica questo passo in una lunga ed erudita nota, ricorda prima di tutto che Dante si compiaceva del fare ingegnose

Ell' era in questa vita già stata tanto, che nel suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d'oriente de le dodici parti l'una d'un grado: sí che quasi dal 10 principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono.

speculazioni sull'intimo senso dei nomi personali (cfr. nella V. N., XXIV, 15-29, illuogo relativo all'amata del Cavalcanti, e nel Par. XII, 79-81 i versi relativi ai genitori di san Domenico), e che questo studio di ritrovare una significazione in quei nomi fu proprio di molti scrittori medievali: e ne cita gli esempi di Cino, del Barberino, del Petrarca, del Boccaccio; ai quali molti altri si potrebbero aggiungere, specialmente dei trovatori provenzali. Inoltre, egli nota come nessun nome meglio di quello di Beatrice porgesse occasione a simili speculazioni; tanto è vero che la convenienza tra la natura e l'appellativo delle donne di questo nome era apparsa ad altri, prima che a Dante: cosi per es. della b. Beatrice d'Este dice un biografo esser stata gratia et nomine Beatricem e un cronista la chiama re ac nomine Beatrix; cosi sulla tomba di Beatrice, contessa di Toscana, si leggeva: quamvis peccatrix, sum domna vocata Beatrix. Ora, alla sua amata, che era più comunemente chiamata Bice (cfr. Par., vii, 14, pur per в e per ICE), il poeta amava di dar il nome di Beatrice, che nella sua mente assumeva il signifi cato di un alto concetto di beatitudine; mentre gli altri, pur dandole questo nome intero, non sapevano come dirittamente fosse a lei appropriato il senso intimo che solo Dante collegava al suo nome: e questa spiegazione è confermata dalle parole di Cino, nella canz. per la morte di Beatrice (p. 419): gia sarà in ciel gita, Beata cosa ch'uom chiamava il nome. E anche le difficoltà grammaticali di questo passo spariscono, se si ripensi che qui abbiamo una frase analoga. alle comunissime: non sapevano che si dire, che si fare ecc., se non che nella nostra il che assume il senso di come, in qual modo.

7. Ell' era ecc. Quando Beatrice apparve a Dante per la prima volta era nell'età di otto anni e quattro mesi; poiché dalla nascita sua all'incontro era passato un dodicesimo di secolo, la dodicesima parte cioè del tempo in cui si compie, secondo le teorie astronomiche degli antichi, lo spostamento per un grado da occidente verso oriente della sfera delle stelle. Dante ricorda due volte questa teoria nel Conv., 11, 6 e 15.

10. io la vidi ecc. Il Frat., il Tod. e il Witte, considerando che Dante nacque nel maggio, opinano che in questo mese avvenisse l'incontro di lui con Beatrice, e perciò inchinano a prestar fede almeno alle circostanze principali del racconto che ne fa il Boccaccio,

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