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e recolo a servir novo piacere ».
Allora presi di lui sí gran parte,

ch' elli disparve, e non m'accorsi come.

Questo sonetto ha tre parti: ne la prima parte dico sí come io trovai Amore, e quale mi parea; ne la seconda dico quello ch' elli mi disse, avvegna che non compiutamente, per tema ch' avea di discovrire lo mio segreto; ne la terza dico com' elli mi disparve. La seconda comincia quivi: Quando mi vide [v. 9]; la terza quivi: Allora presi [v. 13].

X

Appresso, la mia ritornata, mi misi a cercare di questa donna, che 'l mio segnore m' avea nominata nel cammino de' sospiri. E acciò che 'l mio parlare sia piú brieve, dico che in poco tempo la feci mia difesa tanto, che troppa gente ne ragionava oltre li ter5 mini de la cortesia; onde molte volte mi pensava duramente. E per questa cagione, ciò è di questa soverchievole voce, che parea che m' infamasse viziosamente,

45. novo piacere, una nuova bellezza piacente, un'altra bella donna: cfr. Purg. XXXI, 49: mai non t'appresentò natura e arte Piacer quanto le belle membra ecc.

X. - 1. ritornata o tornata, ritorno; in una ball. popolare (Rim. dei poet. bol., p. 173): Tenendo la tornata Como d'inamorati. 2. questa donna; forse per lei, fu scritta la canz. La dispietata mente (p. 87), intorno alla quale cfr. la Notizia sulla V. N. § 6.

3. cammino de' sospiri, la via nella quale io aveva cavalcato accompagnato da molti sospiri; cfr. cap. ix, 31-32.

6. pensava; spesso io aveva dolorosi pensieri delle ciarle, che i malevoli facevano oltre li termini de la cortesia.

8. m'infiammasse viziosamente. Ecco la bella nota del D'Anc. a questo passo: « Dante era trascorso tropp'oltre: l'aver fatto di quella donna sua difesa, tanto che la gente ne parlasse e l'onor di quella fosse, com'oggi direbbesi, compromesso, gettava su di lui nota vi

quella gentilissima, la qual fu distruggitrice di tutti vizii e reina de le virtudi, passando per alcuna parte 10 mi negò lo suo dolcissimo salutare, nel quale stava tutta la mia beatitudine. Ed uscendo alquanto del proposito presente, voglio dare a 'ntendere quello che 'l suo salutare in me vertudiosamente operava.

ziosa d'infamia. In questi due amori, sebbene l'uno si presenti come nato dal mero caso dell'esserne la donna che ne fu l'oggetto mezza nella linea retta, e l'altro consigliato da Amore stesso, a noi sembra trovare la conferma di ciò che il Boccaccio scrisse, Dante cioè esser stato prono ad amori, non sempre spirituali, specialmente in gioventů. Dovendo egli in questo libretto far le sue confessioni, non poteva tacere di quei due affetti giovanili: solamente, volendo anche mostrare la fatalità e la perennità dell'amore a Beatrice, li collegò con questo rappresentandoli quali schermi all'occhio e ai commenti altrui, anziché come debolezze della carne inferma. Che intanto la giovinetta, idealmente e puramente amata, della quale fu l'anima sua innamorata (Conv. 11, 9), per queste deviazioni sensuali, che infamavano viziosamente Dante, scemasse verso di lui l'affetto e la stima, è cosa più che naturale. » 10. reina de le virtudi, cfr. Inf. i 76: donna di virtú.

11. mi negò lo suo dolcissimo salutare; secondo alcuni la privazione del saluto da parte di Beatrice sarebbe stata cagionata dal matrimonio di lei con Simone de' Bardi, ma lo stesso D'Anc., che è il più valido propugnatore della realità storica di Beatrice, ripudia questa interpetrazione.

13. quello che 'l suo salutare ecc. Altri poeti del secolo di Dante descrissero gli effetti del saluto; fra i quali ricorderò il Guinizelli che molto originalmente e con arditezza ed efficacia di espressioni rappresentò le turbazioni dell'animo suscitate dal saluto della sua donna, nel son. (p. 32): Lo vostro bel saluto e'l gentil sguardo. Il Guinizelli non arrivò all'idealizzazione di Dante, ma Cino da Pistoia lo sorpasso in quei bellissimi versi (p. 21):

Tutto mi salva il dolce salutare,

che vien da quella ch'è somma salute,
in cui le grazie șon tutte compiute,
con lei va Amor e con lei nato pare.
E' fa rinnovellar la terra e 'l mare
e rallegrare il ciel la sua virtute,
già mai non fur tai novità vedute,
quali per lei ci face Amor mostrare.

14. vertudiosamente, per effetto della sua virtú.

ΧΙ

Dico che quand' ella apparía da alcuna parte, per la speranza de la mirabile salute neun nemico mi rimanea, anzi mi giugnea una fiamma di caritade, la quale mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso: 5 e chi allora m'avesse domandato di cosa alcuna, la mia risponsione sarebbe stata solamente: «Amore», con viso vestito d'umiltà. E quand' ella fosse alquanto pro

XI. 1. Dico ecc. Si osservi che, quanto agli effetti, il salutare di Beatrice è considerato in tre momenti distinti: la speranza del saluto, che induce nell'animo di Dante il sentimento della pace e della carità; la vicinanza del saluto, che lo commove tanto da impedirgli quasi la facoltà della vista; e l'atto del saluto, che ha tanta efficacia da togliergli il dominio del corpo.

2. de la mirabile salute; qui come altrove Dante confonde a posta la salute o perfezione che può indurre a salvazione, col saluto che è la salute augurata; poiché, come dice in questo medesimo capitolo, 19 ne le salute di Beatrice abitava la sua beatitudine. Non è necessaria l'emendazione del D'Anc., che legge: delle mirabile salute; cfr. cap. II, 13, e le terzine del son. Di donne io vidi (p. 172). - neun nemico mi rimanea, cfr. cap. xx1, 14: fugge dinanzi a lei superbia ed ira.

3. fiamma di caritade; cfr. nella Vita di S. M. Maddalena, questo passo rilevato dal D'Anc.: dicendo le parole di Cristo pareva che le uscisse una fiamma d'amore ecc.

6. la mia risponsione ecc.; nota il Card. che tutto questo luogo fu imitato dal Niccolini nel Giovanni da Procida (atto I, sc. 2a). 7. viso vestito d'umiltà; altrove di Beatrice (cap. xxvi, 33): benignamente e d'umiltà vestuta; cfr. anche Cino da Pistoia (p. 94): Moviti, pietate, e va incarnata

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pinqua al salutare, uno spirito d'Amore, distruggiendo tutti gli altri spiriti sensitivi, pingea fori li deboletti spiriti del viso, e dicea loro: «Andate a onorare la 10 donna vostra »; ed elli si rimanea nel luogo loro. E chi avesse voluto conoscere Amore, fare lo potea mirando lo tremore de gli occhi miei. E quando questa gentilissima salute salutava, non che Amore fosse tal mezzo, che potesse obumbrare a me la intollerabile beatitudine, ma 15 elli quasi per soverchio di dolcezza divenía tale, che 'l mio corpo, lo quale era tutto allora sotto 'l suo reggimento, molte volte si movea come cosa grave inanimata. Si che appare manifestamente che ne le sue salute

8. uno spirito d'Amore; cfr. Cino (p. 87):

Quando la mente talor si rifida,
entra madonna ne li pensier miei,
che immantenente sospiri si fanno;
svegliasi Amor con una voce e grida:

<< fuggite, spirti miei, ecco colei

per cui martír le vostre membra aranno »;
onde con gran spavento fuor ne vanno.

9. spiriti sensitivi, le facoltà delle sensazioni.

10. spiriti del viso, la facoltà visiva; cfr. Conv. III, 9: per affaticare lo viso molto a studio di leggere, intanto debilitai gli spiriti visivi, che le stelle mi pareano tutte d'alcuno albòre ombrate. 13. lo tremore de gli occhi miei; il Petrarca, nella canz. Gentil mia donna, 72:

Certo il fin de' miei pianti,

che non altronde il cor doglioso chiama,

vien da' begli occhi al fin dolce tremanti,
ultima speme de' cortesi amanti.

14. Amore fosse tal mezzo cioè fosse cosa infrapposta tra me e Beatrice; onde qui Amore è da intendere come personificazione.

15. obumbrare, ricoprire di un'ombra, velare: è usato nel senso latino, che ha per es. in Ovidio, Eroid., xvii, 48: nec ullus Error, qui facti crimen obumbrat; e in Petronio, Sat. 101: poteris hanc simulationem et vultus confusione et lacrimis obumbrare, e spessissimo nella Vulgata, p. es. Psalm., xc, 4 e cxxxix, 8; Act. Apost., v, 13 ecc.

20 abitava la mia beatitudine, la quale molte volte passava e redundava la mia capacitate.

XII

Ora tornando al proposito, dico che, poi che la mia beatitudine mi fu negata, mi giunse tanto dolore, che, partito me da le genti, in solinga parte andai a bagnare la terra d'amarissime lagrime: e poi che al5 quanto mi fue sollenato questo lagrimare, misimi ne la mia camera là ov' io potea lamentarmi sanza essere udito. E quivi chiamando misericordia a la donna de la cortesia, e dicendo: « Amore, aiuta il tuo fedele », m'ad

21. redundava, soverchiava, eccedeva le mie forze; cfr. Cino (p.42): la beltà vostra pellegrina Qua giú tra noi soverchia mia natura. XII. 1. al proposito, cioè alla narrazione, alla quale ha intramessa la descrizione degli effetti mirabili del saluto di Beatrice.

2. la mia beatitudine mi fu negata, mi fu negato il dolcissimo saluto di Beatrice, nel quale, come ha detto prima (cap. x, 11; xi, 19) era la sua beatitudine.

3. solinga; cfr. la nota al cap. 11, 16.

5. fue sollenato; le stampe hanno concordemente qui e al cap. xxxix, 21 sollevato, ma è dal verbo sollenare, che significa lenire, calmare; Chiaro Davanzati (Ant. rim. volg., III, 43): Faccio per sollenar lo grande ardore Ch'io sento per amar là onď io inciendo. misimi, entrai; mettersi in un luogo indica spesso nella nostra lingua l'atto dell' entrarvi.

7. donna de la cortesia; il Card. spiega: donna cortese, ed osserva esser proprietà della lingua italiana il sostituire talvolta all'aggettivo l'astratto che significa la qualità con la preposizione di: è verissimo, ma in questo caso la preposizione non può mai assumere l'articolo, come dimostrano gli esempi raccolti dal Card. stesso, perciò parmi da preferire la spiegazione del Giul.: signora, regina della cortesia.

8. Amore, aiuta il tuo fedele; cfr. Inf. 11, 98: E disse ora abbisogna il tuo fedele Di te ecc. e Purg. xxx1, 133: Volgi, Beatrice, volgi gli occhi santi, Era la sua canzone, al tuo fedele.

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