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sua prima età, cioè della adolescenza, che secondo la teoria dantesca dura fino all'anno venticinquesimo (Conv., Iv, 24); ma fu osservato che i fatti della V. N. vanno più anni oltre l'adolescenza di Dante abbracciando i primi della sua gioventú. Altri spiegarono Vita Nuova per vita giovenile, appoggiandosi specialmente sul fatto che, in Dante stesso e ne' principali scrittori del trecento, nuovo è usato spesso in un simile significato. Altri in fine, movendo dall'idea che il titolo non accenni all'età si bene al modo della vita descritta da Dante, intesero che vi fosse inclusa l'idea di una rigenerazione operatasi nell'animo di lui per virtú d'amore; e a quest'ultima interpretazione s'accostarono quasi tutti i più recenti studiosi del libretto dantesco: cosí che V. N. significherebbe che l'amore per Beatrice fu al poeta principio di un nuovo essere. Di queste due ultime maniere d'intendere, dopo matura considerazione, inclinerei ad accoglier la prima, quella cioè che racchiude il concetto dell'età; perché mi pare che il titolo debba

Vedasi p. es. Purg., xxx, 115: Questi fu tal nella sua vita nuova Virtualmente, ch'ogni abito destro Fatto averebbe in lui mirabil prova; Petrarca, Canz. Una donna più bella, 23: Tutta l'età mia nova Passai contento e 'l rimembrar mi giova, e Trionfo d'Am. 1, 64: per la nova età, ch'ardita e presta Fa la mente e la linдиа; есс.

2 La sola obbiezione grave, che sia stata fatta a questa interpretazione, è che il titolo è in latino, e nova lat. non può significare quello che esprime il nuova ital.: ma che cosa ci vieta di credere che appunto sull' analogia della forma ital. Dante abbia dato lo stesso senso alla latina? La difficoltà poi della teoria dantesca (Conv. IV, 24), che la gioventù corre dai 25 ai 45, è solamente apparente; poiché in quella teoria si considera la vita umana in relazione allo sviluppo della ragione e la partizione è tutta scolastica, mentre poi per ciò che riguarda le passioni e i sentimenti, specialmente d'amore, la giovinezza è quell'età che Dante descrive.

essere spiegato in relazione alle parole del proemio, in cui Dante distingue nettamente due momenti della sua vita, quello di cui non serba ricordi, e quello di cui nel libro della sua memoria è segnato il cominciamento colle parole: Incipit vita nova: ora, questa distinzione di momenti diversi include necessariamente l'idea di età nel titolo della rubrica; e poiché gioventú dell'uomo è appunto il periodo di tempo che va dall'anno diciottesimo al trentesimo, parmi che il titolo di Vita Nuova possa indicare la gioventú del suo autore, non nel senso ch'egli diede poi nel Convivio a questa parola, distinguendo le età umane secondo i gradi dello sviluppo intellettuale, ma in quello che le dànno le leggi eterne del sentimento e della vita.

§ 5. Leggendo la V. N. viene fatto di domandare perché mai Dante atteggi spesso in una forma speciale, quella della visione, la materia de' suoi fantasmi poetici. Che cosa sono queste visioni? e a quale stato reale di animo rispondono e quale officio hanno nel libretto di Dante? Risponde bene il Bartoli che queste visioni << non possono essere che un mezzo poetico adoperato per certi suoi fini dallo scrittore; un mezzo che senza dubbio nacque spontaneo nell' Alighieri per influenza dei tempi e dell'ingegno suo individuale, un mezzo ch'egli trovava nella tradizione letteraria della sua età, e che quindi s'imponeva a lui, senza che egli se ne rendesse conto, senza che potesse neppur riflettere sulla sua maggiore o minore convenienza artistica ». Sono adunque una finzione poetica formale; ma se non sono per sé stesse storicamente vere, devono per altro ri

1 St. della lett. ital., IV, 173.

spondere ad uno stato di animo o a un sentimento o a un fatto reale: e se le consideriamo attentamente, questo fondamento nella realtà delle cose ce lo devono presentare tutte le visioni. La prima che noi incontriamo nella V. N. è la visione d'Amore che pasce Beatrice del cuore di Dante (cap. II); interpretata già rettamente da Cino da Pistoia come significatrice dell' innamoramento. La seconda è l'apparizione d'Amore, che trae l'animo di Dante verso un novo piacere (cap. 1x); e significa il suo innamorarsi di quella donna, ch'ei volle poi rappresentare come seconda difesa per nascondere il vero affetto. La terza è la visione, nella quale Amore consiglia Dante a scrivere una poesia per giustificarsi innanzi a Beatrice, ricordandole che l'affetto per la donna della difesa è una finzione (cap. XII); e può significare il pensiero d'abbandonare questi vani amori per darsi tutto a quello piú nobile e puro per Beatrice. La quarta è la spaventosa visione della morte della sua donna (cap. XXIII) e corrisponde al presentimento che Dante ebbe dell'avvicinarsi di questo doloroso avvenimento. La quinta, immediatamente seguíta alla precedente, piú tosto che una vera visione è l'espressione di quel che Dante pensò quando, dopo il terribile presentimento, vide Beatrice insieme colla donna del suo Guido Cavalcanti (cap. xxvi). Poi le visioni non hanno piú luogo, nella oppressione dolorosa per la morte di Beatrice e durante l'episodio della donna gentile; e le vediamo ricomparire nell'esaltamento dello spirito di Dante combattuto tra il novello amore e la memoria

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Questo del resto è secondo la dottrina dei sogni accennata da Dante nel Conv. 11, 9; la quale risale a quella di Tommaso d'Aquino: cfr. Summa theolog. P. 11, 2ae, qu. xcv, 6.

dell'antico. E allora egli ha l'apparizione di Beatrice, quale ella gli si era dimostrata la prima volta nella fanciullezza (cap. XXXIX), a significare che il suo animo, uscito vittorioso dalla lotta tra i due affetti, si rivolse all'amore purissimo che l'aveva occupato sino dai primi anni; e finalmente a Dante appare quella mirabile visione, della quale nulla ci dice in modo determinato (cap. XLII), perché essa, a mio avviso, significa il concepimento ancora vago e indistinto di un poema che dicesse di Beatrice quello che mai non fue detto d'alcuna. Si vede chiaro che queste visioni segnano, per dir cosí, i punti piú salienti dell'azione enarrata nella V. N.: l'innamoramento di Dante, la perdita del saluto di Beatrice, il desiderio di riacquistarlo, la gioia d'averlo nuovamente ottenuto, poi il doloroso presentimento della morte di lei, e, dopo i traviamenti, il ritorno al culto della sua donna e il proposito di celebrarla degnamente; e a rappresentar questi momenti ben s'intende che doveva presentarsi spontanea ad un uomo del medioevo la forma quasi sacra della visione.

Un fatto che ha richiamato costantemente sopra di sé l'attenzione degli studiosi della V. N., è il frequente ricorrere del numero nove in tutte le particolarità di tempo che si riferiscono a Beatrice. Descrivendo il suo primo incontro con lei Dante insiste sulla circostanza ch'ella era quasi dal principio del suo anno nono, come egli era quasi da la fine del suo nono (cap. I, 9); la rivide dopo che fuoro passati tanti dí, che appunto eran compiuti li nove anni dopo il primo incontro (cap. II, 1); n'ebbe il primo saluto che l'ora era fermamente nona di quel giorno (ivi, 12); e la visione, che segna il principio del suo amore, gli ap

parve nella prima ora de le nove ultime ore de la notte (cap. III, 29). Quando volle enarrare in un serventese i nomi delle sessanta più belle donne di Firenze, non sofferse lo nome de la sua donna stare, se non in sul nove, tra li nomi di queste donne (cap. vi, 11). La visione, per la quale significa il desiderio di riacquistare il saluto di Beatrice, gli apparve ne la nona ora del die (cap. XII, 55). Quella che gli fece presentir vicina la morte di Beatrice, l'ebbe Dante nel nono giorno della sua malattia (cap. xxIII, 6); e nel sonetto ove narra d'aver visto Beatrice e Giovanna il nome delle donne cade nel nono verso (cap. XXIV, 46). Nella data della morte della sua donna il numero nove pare ch'avesse molto luogo (cap. XXVIII, 23); tant'è vero che secondo la cronologia arabica Beatrice morí ne la prima ora del nono giorno del mese, secondo la siriaca nel nono mese de l'anno, e secondo la nostra in quello anno in cui lo perfetto numero era compiuto nove volte in quello centinaio, nel quale in questo mondo ella fue posta (cap. XXIX, 1-10). Finalmente la visione di Beatrice, apparsagli giovane in simile etade a quella in cui l'aveva vista la prima volta, accadde quasi ne l'ora de la nona (cap. XXXIX, 2). Si afferma da alcuni che questo ricorrere del numero nove non può corrispondere ad una condizione di fatti reali, e quindi che la V. N. non ha alcun valore come narrazione storica; ma parmi che si trascuri una distinzione necessaria e fondamentale. Dante stesso si sforza di rendersi ragione di tutti questi nove, e la spiegazione che più gli piace è quella che essi significhino Beatrice essere un miracolo, la cui radice è solamente la mirabile Trinitade (cap. xxix, 30). Egli

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