Sayfadaki görseller
PDF
ePub

SONETTO X.

Voi, che portate la sembianza umile

Cogli occhi bassi mostrando dolore, Onde venite, che 'l vostro colore, Par divenuto di pietra simile? Vedeste voi vostra donna gentile

Bagnar nel viso suo di pianto Amore? Ditemi, donne, che mel dice il core; Perch' io vi veggio andar senza atto vile: E, se venite da tanta pietate,

Piacciavi di ristar qui meco alquanto, E che che sia di lei, nol mi celate: Io veggio gli occhi vostri c'hanno pianto; E veggiovi venir sì sfigurate,

Che 'l cor mi trema di vederne tanto.

Se' tu

SONETTO XI.

tu colui, c' hai trattato sovente

Di nostra donna, sol parlando a nui? Tu risomigli alla voce ben lui; Ma la figura ne par d'altra gente: Deh perchè piangi tu sì coralmente, Che fai di te pietà venire altrui? Vedestu pianger lei; che tu non pui Punto celar la dolorosa mente? Lascia piangere a noi, e triste andare, (E fa peccato, chi mai ne conforta) Che nel suo pianto l'udimmo parlare. Ella ha nel viso la pietà si scorta, Che qual l'avesse voluta mirare Saria dinanzi a lei caduta morta.

CANZONE II.

Donna
onna pietosa, e di novella etate,
Adorna assai di gentilezze umane,
Era là 'v'io chiamava spesso morte:
Veggendo gli occhi miei pien di pietate;
Ed ascoltando le parole vane,

Si mosse con paura a pianger forte:
E l'altre donne, che si furo accorte
Di me per quella, che meco piangia,
Fecer lei partir via;

Ed appressarsi per farmi sentire.
Qual dice: non dormire;

E qual dice: perchè sì ti sconforte?
Allor lassai la nova fantasia,

Chiamando il nome della donna mia.
Era la voce mia sì dolorosa,

E rotta sì dall' angoscia, e dal pianto,
Ch'io solo intesi il nome nel mio core:
E con tutta la vista vergognosa,
Ch' era nel viso mio giunta cotanto,
Mi fece verso lor volgere Amore:
Egli era tal a veder mio colore,
Che facea ragionar di morte altrui:
Deh confortiam costui,

Pregava l' una l'altra umilemente;
E dicevan sovente:

Che vedestu, che tu non hai valore?
E quando un poco confortato fui,
Io dissi: donne, dicerollo a vui.
Mentre io pensava la mia frale vita,

E vedea il suo durar come è leggero;
Piansemi Amor nel core, ove dimora:

Perchè l'anima mia fu sì smarrita,
Che sospirando dicea nel pensiero:
Ben converrà, che la mia donna mora.
lo presi tanto smarrimento allora,
Ch' io chiusi gli occhi vilmente gravati;
E furo sì smagati

Gli spirti miei, che ciascun giva errando:
E poscia immaginando

Di conoscenza, e di verità fuora,
Visi di donne m' apparver crucciati,
Che mi dicien pur: morrati, morrati.
Poi vidi cose dubitose molte

Nel vano immaginare, ov' io entrai:
E d'esser mi parea non so in qual loco;
E veder donne andar per via disciolte,
Qual lagrimando, e qual traendo guai;
Che di tristizia saettavan foco.

Poi mi parve veder appoco appoco
Turbar lo sole, ed apparir la stella,
E pianger egli ed ella;

Cader gli augelli volando per l' a're;
E la terra tremare;

E uom m'apparve scolorito, e fioco,
Dicendomi: che fai? non sai novella?
Mort' è la donna tua, ch' era sì bella.
Levava gli occhi miei bagnati in pianti;

E vedea, che parean pioggia di manna
Gli Angeli, che tornavan suso in cielo;
Ed una nuvoletta avean davanti,
Dopo la qual gridavan tutti: Osanna;
E s'altro avesser detto, a voi direlo.
Allor diceva Amor: più non ti celo;
Vieni a veder nostra donna, che giace.

L'immaginar fallace

Mi condusse a veder madonna morta.
E quando l' avea scorta,

Vedea, che donne la covrian d'un velo;
Ed avea seco una umiltà verace,

Che parea, che dicesse: io son in pace.
Io diveniva nel dolor sì umile,

Veggendo in lei tanta umiltà formata,
Ch'io dicea: Morte, assai dolce ti tegno;
Tu dei omai esser cosa gentile,
Poichè tu se' nella mia donna stata;

E dei aver pietate, e non disdegno:
Vedi, che sì desideroso vegno

D'esser de' tuoi, ch' io ti somiglio in fede.
Vieni, che 'l cor ti chiede.

Poi mi partia, consumato ogni duolo:
E, quand' io era solo,

Dicea guardando verso l'alto regno:
Beato, anima bella, chi ti vede.

Voi mi chiamaste allor, vostra mercede.

SONETTO XII.

Io mi senti' svegliar dentro dal core

Un spirito amoroso, che dormia:
E poi vidi venir da lunge Amore
Allegro sì, che appena il conoscia;
Dicendo: or pensa pur di farmi onore;
E 'n ciascuna parola sua ridia:

E poco stando meco il mio Signore,
Guardando in quella parte, onde ei venia;
Io vidi monna Vanna, e monna Bice
Venire in ver lo loco là 'v' io era,

L'una appresso dell'altra meraviglia:
E, siccome la mente mi ridice,

Amor mi disse: questa è primavera;
E quella ha nome Amor; sì mi somiglia.

SONETTO XIII.

Tanto gentile, e tanto onesta pare

La donna mia, quand' ella altrui saluta,
Ch'ogni lingua diven tremando muta;
E gli occhi non ardiscon di guardare.
Ella sen va; sentendosi laudare,
Benignamente d'umiltà vestuta:

E

par che sia una cosa venuta

Di cielo in terra a miracol mostrare. Mostrasi sì piacente a chi la mira,

E

Che dà per gli occhi una dolcezza al core: Che 'ntender non la può, chi non la prova: che della sua labbia si muova par, Un spirito soave, e pien d' amore; Che va dicendo all' anima: sospira..

SONETTO XIV.

Vede perfettamente ogni salute,

Chi la mia donna tra le donne vede.
Quelle, che vanno con lei, son tenute
Di bella grazia a Dio render mercede:
E sua beltate è di tanta vertute,

Che nulla invidia all' altre ne procede;
Anzi le face andar seco vestute
Di gentilezza, d'amore, e di fede.
La vista sua face ogni cosa umile:

« ÖncekiDevam »