Che gli spiriti miei son combattuti Da tal ch'io non ragiono
(Se per tua volontà non han perdono) Che possan guari star senza finita: Ed ancor tua potenza fia sentita In questa bella donna, che n'è degna; Che par, che si convegna
Di darle d'ogni ben gran compagnia; Come a colei: che fu nel mondo nata Per aver signoria
Sovra la mente d' ogni uom, che la guata.
sento sì d' Amor la gran possanza,
Ch' io non posso durare
Lungamente a soffrire; ond' io mi doglio; Perocche 'l suo valor sì pure avanza,
E'l mio sento mancare;
Sicch' io son meno ognora, ch'io non soglio. Non dico, ch' Amor faccia più, ch'io voglio; Che se facesse quanto il voler chiede, Quella vertù, che natura mi diede, Nol sofferria, perocch'ella è finita:
E questo e quello; ond' io prendo cordoglio, Ch' alla voglia il poder non terrà fede: Ma (se di buon voler nasce mercede) Io la dimando per aver più vita
A quei begli occhi, il cui dolce splendore Porta conforto, ovunque io senta amore. Entrano i raggi di questi occhi belli Ne' miei innamorati;
E portan dolce, ovunque io sento amaro:
E fanno lor cammin, siccome quelli, Che già vi son passati;
E sanno il loco, dove Amor lasciaro, Quando per gli occhi miei dentro il menaro: Perchè mercè, volgendosi a me fanno; E di colei, cui son, procaccian danno, Celandosi da me; poi tanto l'amo, Che sol per lei servir mi tengo caro; E' miei pensier, che pur d'amor si fanno, Come a lor segno al suo servigio vanno: Perchè l' adoperar sì forte bramo. Che (s' io l' credessi far, fugendo lei) Lieve saria; ma so ch' io ne morrei. Bene è verace amor quel che m' ha preso, E ben mi stringe forte;
Quand' io farei quel, ch' io dico, per lui: Che nullo amore è di cotanto peso, Quanto è quel che la morte
Face piacer, per ben servire altrui; Ed in cotal voler fermato fui
Si tosto, come il gran desio, ch' io sento, Fu nato per vertù del piacimento, Che nel bel viso d'ogni bel s' accoglie. Io son servente; e quando penso a cui, Quel che ella sia, di tutto son contento; Che l'uom può ben servir contra talento: E se mercè giovinezza mi toglie,
Aspetto tempo, che più ragion prenda; Purchè la vita tanto si difenda.
Quando io penso un gentil desio, ch'è nato Del gran desio ch'io porto,
Ch' a ben far tira tutto 'l mio potere; Parmi esser di mercede oltre pagato;
Ed anchè più, che a torto
Mi par di servidor nome tenere:
Così dinanzi agli occhi del piacere
Si fa servir mercè d' altrui bontate: Ma poich' io mi ristringo a veritate, Convien, che tal desio servigio conti; Perocchè, s' io procaccio di valere, Non penso tanto a mia propietate, Quanto a colei, che m' ha in sua podestate; Che 'l fo, perchè sua cosa in pregio monti; Ed io son tutto suo, così mi tegno; Ch' Amor di tanto onor m'ha fatto degno. Altri ch' Amor non mi potea far tale, Ch'io fossi degnamente
Cosa di quella, che non s'innamora; Ma stassi come donna, a cui non cale Della amorosa mente,
Che senza lei non può passare un' ora: Io non la vidi tante volte ancora, Ch' io non trovassi in lei nova bellezza; Onde Amor cresce in me la sua grandezza Tanto, quanto 'l piacer novo s' aggiugne: Perch'egli avvien, che tanto fo dimora In uno stato, e tanto Amor m'avvezza Con un martiro, e con una dolcezza, Quanto è quel tempo, che spesso mi pugne; Che dura dacch' io perdo la sua vista Infino al tempo, ch' ella si racquista. Canzon mia bella, se tu mi somigli, Tu non sarai sdegnosa
Tanto, quanto alla tua bontà si avviene; Ond' io ti prego, che tu ti assottigli, Dolce mia amorosa,
In prender modo e via, che ti stea bene. Se Cavalier t'invita, o ti ritiene, Innanzi che nel suo piacer ti metta, Spia, se far lo puoi della tua setta, E se non puote, tosto l'abbandona, Che il buon col buon sempre camera tiene: Ma egli avvien, che spesso altri si getta In compagnia, che non ha, che disdetta Di mala fama, ch' altri di lui suona; Con rei non star, nè ad ingegno, nè ad arte, Che non fu mai saver tener lor parte. Canzone, a' tre men rei di nostra terra Ten andrai anzi, che tu vadi altrove: Li due saluta; e l'altro fa, che prove Di trarlo fuor di mala setta impria: Digli, che 'l buon col buon non prende guerra, Prima, che co' malvagi vincer prove: Digli, ch'è folle chi non si rimove Per tema di vergogna da follia; Che quegli teme, c' ha del mal paura; Perchè, fuggendo l' un, l'altro si cura.
E'm' incresce di me sì malamente,
Ch' altrettanto di doglia
Mi reca la pietà, quanto 'l martiro: Lasso, però che dolorosamente Sento contra mia voglia
Raccoglier l'aer del sezza' sospiro
Entro quel cor, ch' e' begli occhi feriro, Quando gli aperse Amor con le sue mani Per conducermi al tempo, che mi sface:
Oiare, quanto piani,
Soavi e dolci ver me si levaro, Quando egli incominciaro
La morte mia, ch'or tanto mi dispiace, Dicendo: il nostro lume porta pace. Noi darem pace al core, a voi diletto, Dicieno agli occhi miei
Quei della bella donna alcuna volta: Ma poichè sepper di loro intelletto, Che per forza di lei
M' era la mente già ben tutta tolta;
Con le insegne d' Amor dieder la volta, Sicchè la lor vittoriosa vista
Non si rivide poi una fiata: Onde è rimasa trista
L'anima mia, che n' attendea conforto; Ed ora quasi morto
Vede lo core, a cui era sposata; E partir le conviene innamorata. Innamorata se ne va, piangendo, Fuora di questa vita,
La sconsolata, che la caccia Amore: Ella si muove quinci, sì dolendo, Ch' anzi la sua partita
L'ascolta con pietate il suo Fattore. Ristretta s'è entro il mezzo del core Con quella vita, che rimane spenta Solo in quel punto, ch' ella sen va via: E quivi si lamenta
D' Amor, che fuor d'esto mondo la caccia; E spesse volte abbraccia
Gli spiriti, che piangon tuttavia; Perocchè perdon la lor compagnia.
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