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O cotal donna pera,

Che sua beltà dischiera

Da natural bontà per tal cagione,

E crede amor fuor d'orto di ragione.

CANZONE VI.

Tre donne intorno al cuor mi son venute,

E seggionsi di fore,

Che dentro siede Amore,

Lo quale è in signoria della mia vita.
Tanto son belle, e di tanta vertute;
Che' possente Signore,

Dico quel, che è nel core,
Appena di parlar di lor s' aita.
Ciascuna par dolente e sbigottita,
Come persona discacciata e stanca,
Cui tutta gente manca,

E cui vertute, e nobiltà non vale:
Tempo fu già, nel quale,

Secondo il lor parlar, furon dilette;

Or sono a tutti in ira, ed in non cale.

Queste così solette

Venute son, come a casa d'amico;

Che sanno ben, che dentro è quel, ch'io dico. Dolesi l'una con parole molto;

E 'n sulla man si posa,

Come succisa rosa;

Il nudo braccio di dolor colonna

Sente lo raggio, che cade dal volto;

L'altra mantiene ascosa

La faccia lagrimosa,

Discinta, e scalza, e sol di sè par donna:

Come Amor prima per la rotta gonna
La vide in parte, che 'l tacere è bello;
Ei pietoso, e fello

Di lei, e del dolor fece dimanda.
O di pochi vivanda

(Rispose in voce con sospiri mista)
Nostra natura qui a te ci manda.
Io, che son la più trista,

Son suora alla tua madre, e son drittura; Povera (vedi) a' panni, ed a cintura. Poichè fatta si fu palese e conta; Doglia, e vergogna prese

Il mio Signore, e chiese,

Chi fosser l'altre due, ch' eran con lei.
E questa, ch' era sì di pianger pronta,
Tosto che lui intese,

Più nel dolor s'accese,

Dicendo: or non ti duol degli occhi miei? Poi cominciò. Siccome saper dei,

Di fonte nasce Nilo picciol fiume,

Ivi, dove 'l gran lume

Toglie alla terra del vinco la fronda:

Sovra la vergin onda,

Generai io costei, che m'è da lato,

E che s' asciuga con la treccia bionda:
Questo mio bel portato,

Mirando se nella chiara fontana,

Generò questa, che m'è più lontana. Fenno i sospiri Amore un poco tardo; E poi con gli occhi molli,

Che prima furon folli,

Salutò le germane sconsolate.

Posciachè prese l'uno, e l'altro dardo,

Disse: drizzate i colli;
Ecco l'armi, ch' io volli;

Per non l'usar, le vedete turbate:
Larghezza, e temperanza, e l' altre nate
Del nostro sangue mendicando vanno:
Però, se questo è danno,

Pianganlo gli occhi, e dolgasi la bocca.
Degli uomini, a cui tocca,

Che sono a' raggi di cotal ciel giunti;
Non noi, che semo dell' eterna rocca:
Che se noi siamo or punti,

Noi

pur saremo, e pur troverem gente,
Che questo dardo farà star lucente.
Ed io, ch' ascolto nel parlar divino
Consolarsi, e dolersi

Così alti dispersi,

L'esilio, che m'è dato onor mi tegno: E se giudizio, o forza di destino - Vuol pur, che il mondo versi

I bianchi fiori in persi;

Cader tra' buoni è pur di lode degno:
E se non che degli occhi miei'l bel segno
Per lontananza m'è tolto dal viso,

Che m'ave in foco miso,

Lieve mi conterei ciò, che m'è grave:

Ma questo fuoco m'ave

Già consumate sì l'ossa, e la polpa,

Che morte al petto m' ha posto la chiave: Onde s' io ebbi colpa,

Più lune ha volto il Sol, poichè fu spenta; Se colpa muore, perchè l'uom si penta. Canzone, a' panni tuoi non ponga uom mano, Per veder quel, che bella donna chiude:

Bastin le parti ignude;

Lo dolce pomo a tutta gente niega,
Per cui ciascun man piega.

E s'egli avvien, che tu mai alcun truovi
Amico di vertù, ed ei ti priega;

Fatti di color nuovi;

Poi gli ti mostra, e 'l fior, ch'è bel di fuori, Fa desiar negli amorosi cuori.

LIBRO QUINTO

SONETTO I.

O Madre di virtute, luce eterna,

Che partoriste quel frutto benegno,
Che l'aspra morte sostenne sul legno,
Per scampar noi dall' oscura caverna.
Tu del Ciel Donna, e del mondo superna,
Deh prega dunque il tuo figliuol ben degno,
Che mi conduca al suo celeste regno,
Per quel valor, che sempre ci governa.
Tu sai, che 'n te fu sempre la mia spene,
Tu sai, che 'n te fu sempre il mio diporto:
Or mi soccorri, o infinito bene.

Or mi soccorri, ch' io son giunto al porto,
Il qual passar per forza mi conviene;
Deh non mi abbandonar sommo conforto.
Che se mai feci al mondo alcun delito,
L'alma ne piange, e 'l cor ne vien contrito.

SONETTO II.

Di donne io vidi una gentile schiera
Quest' Ognissanti prossimo passato;

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