Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Oimè, bello, umil, alto disdegno,
Che mi crescea la'ntenza

D' odiar lo vile, e d' amar l'alto stato;
Oimè lo desio nato

Di sì bella abbondanza;

Oimè quella speranza,

Ch' ogn' altra mi facea veder addietro,
E lieve mi rendea d'amor lo peso;
Oimè, rotto hai, qual vetro,

Morte, che vivo m' hai morto, ed impeso. Oimè, donna, d'ogni virtù donna,

J

Dea, per cui d'ogni Dea,

Siccome volse Amor, feci rifiuto.
Oimè, di che pietra qual colonna
In tutto il mondo avea,

Che fosse degna in aere darti aiuto?
Oimè, vasel compiuto

Di ben sopra natura,

Per volta di ventura

Condotto fosti suso gli aspri monti;
Dove t'ha chiusa, oimè, fra duri sassi
La morte, che due fonti

Fatto ha di lagrimar gli occhi miei lassi. Oimè, morte, finchè non ti scolpa,

Dimmi almen per gli tristi occhi miei,
Se tua man non mi spolpa,

Finir non deggio di chiamar omei?

LIBRO SESTO

CANZONE I.

O patria degna di trionfal fama,

De' magnanimi madre,

Più che 'n tua suora in te dolor sormonta. Qual'è de' figli tui che in onor t' ama,

Sentendo l'opre ladre

Che in te si fanno, con dolore ha onta. Ahi! quanto in te la iniqua gente è pronta A sempre congregarsi alla tua morte,

Con luci bieche e torte

Falso per vero al popol tuo mostrando.
Alza il cor de' sommersi: il sangue accendi;
Sui traditori scendi

Nel tuo giudicio. Sì che in te laudando
Si posi quella grazia che ti sgrida,
Nella quale ogni ben surge e s' annida.
Tu felice regnavi al tempo bello
Quando le tue rede

Voller che le virtù fussin colonne.
Madre di loda, e di salute ostello,

Con pura, unita fede

Eri beata, e colle sette donne.

Ora ti veggio ignuda di tai gonne:
Vestita di dolor: piena di vizi:
Fuori i leai Fabrizi:

Superba: vile: nimica di pace.
O disonrata te! specchio di parte
Poichè se' aggiunta a Marte:

Punisci in Antenora qual verace
Non segue l'asta del vedovo giglio:

E a que' che t' aman più, più fai mal piglio. Dirada in te le maligne radici:

De' figli non pietosa,

Che hanno fatto il tuo fior sudicio e vano. E vogli le virtù sien vincitrici:

Sì che la Fè nascosa

Resurga con Giustizia a spada in mano.
Segui le luci di Giustiniano,

E le focose tue mal giuste leggi

Con discrezion correggi,

Si che le laudi 'l mondo e 'l divin regno.
Poi delle tue ricchezze onora e fregia
Qual figliuol te più pregia:

Non recando ai tuo' ben chi non n'è degno.

Sì che Prudenza, ed ogni sua sorella

Abbi in teco: e tu non lor rubella.

Serena e gloriosa in sulla ruota

D'ogni beata essenza,

(Se questo fai) regnerai onorata.

E' nome eccelso tuo che mal si nota,
Potrà poi dir Fiorenza;

Dacchè l'affezion t'avrà ornata,

Felice l'alma che in te fia creata!
Ogni potenza e loda in te fia degna.
Sarai del mondo insegna.

Ma se non muti alla tua nave guida,
Maggior tempesta con fortunal morte
Attendi per tua sorte,

Che le passate tue piene di strida.
Eleggi omai. Se la fraterna pace
Fa più per te: o 'l star lupa rapace.
Tu te n'andrai, Canzone, ardita e fera,
Poichè ti guida amore,

Dentro la terra mia, cui doglio e piango.
E troverai de' buon, la cui lumiera
Non dà nullo splendore,

Ma stan sommersi, e lor virtù è nel fango.
Grida: surgete su, chè per voi clango.
- Prendete l'armi, ed esaltate quella:
Che stentando vive ella:

E la divoran Capaneo e Crasso,
Aglauro, Simon Mago, il falso Greco,
E Macometto cieco

Che tien Giugurta e Faraone al passo.
Poi ti rivolgi a cittadin tuoi giusti:
Pregando si ch' ella sempre s' augusti.

SONETTO I.

mi credea del tutto esser partito
Da queste vostre rime Messer Cino,
Che si conviene omai altro cammino
Alla mia nave, più lunge dal lito;
Ma perch' io ho di voi più volte odito,
Che pigliar vi lasciate ad ogni uncino,
Piacciavi di prestare un pocolino
A questa penna lo stancato dito.
Chi s' innamora, siccome voi fate,

E ad ogni piacer si lega e scioglie,

Mostra ch' Amor leggiermente il saetti: Se'l vostro cuor si piega in tante voglie, Per Dio vi priego che voi 'l correggiate; Sicchè s' accordi i fatti a' dolci detti.

SONETTO II.

Guido, vorrei, che tu, e Lappo, ed io
Fossimo presi per incantamento,

E messi ad un vassel, ch' ad ogni vento
Per mare andasse a voler vostro e mio;
Sicchè fortuna, od altro tempo rio,
Non ci potesse dare impedimento:
Anzi vivendo sempre in noi talento
Di stare insieme crescesse 'l disio.
E Monna Vanna, e Monna Bice poi,
Con quella su il numer delle trenta,
Con noi ponesse il buono incantatore:
E quivi ragionar sempre d'amore:
E ciascuna di lor fosse contenta,
Siccome io credo che sariamo noi.

Qual

SONETTO III.

ual che voi siate, amico, vostro manto Di scienza parmi tal, che non è gioco; Sicchè per non saver, d'ira mi coco, Non che laudarvi, soddisfarvi tanto: Sacciate ben, ch' io mi conosco alquanto,

Che di saver ver voi ho men d'un moco; Nè per via saggia, come voi, non voco; Cosi parete saggio in ciascun canto:

« ÖncekiDevam »