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sarono di necessità dover essere alcuna cosa dalla quale tutte queste cose dipendessino e procedessino e che tutte le altre ordinasse siccome superiore potenza da niun altra potenziata. E questa investigazione seco diligentemente avuta, s'immaginarono quella (la quale divinità ovvero deità nominarono) con ogni cultivazione, con ogni onore e con più che umano servigio essere da venerare; e però ordinarono, a reverenza del nome di questa suprema potenza, ampissime ed egregie case, le quali ancora estimarono fussero da separare così di nome come di forma separate erano da quelle che generalmente per gli uomini si abitavano, e nominaronle Templi. E similmen. te ordinarono certi ministri, li quali fussino sacri e da ogni altra mondana sollecitudine rimoti e solamente a' divini servigi vacassino, per maturità, per età e per abito più che gli altri uomini reverendi, li quali appellarono Sacerdoti. Ed oltre a questo in rappresentamento della immaginata essenza divina, feciono in varie forme magnifiche statue, e a' servigi di quella vasallamenti d'oro e mense marmoree e purpuree vestimenta, e altri assai apparati appartenenti a' sacrificii per loro stabiliti. Ed acciocchè a questa cotale potenza tacito onore e quasi muto non si facesse, parve loro che con parole di alto suono essa deità fusse da umiliare, e alle loro necessità rendere propizia. E così come essi stimavano questa eccedere ciascun'altra cosa di nobiltà, così vollono che di lungi a ogni altro plebeo e pubblico stilo di parlare, si trovassino parole degne da ragionare dinanzi alla divinità, colle quali le si porgessero sacrate lusinghe.

Ed oltre a questo, acciocchè queste parole potessero avere più di efficacia, vollono che fussero sotto leggi di certi numeri corrispondenti per brevità e per lunghezza a certi tempi ordinati composte, per li quali alcuna dolcezza si sentisse, e cacciassesi lo rincrescimento e la noia. E certamente questo non in vulgare forma o usitata, ma con artifiziosa ed esquisita e nuova convenne che si facesse; la quale forma appellarono i Greci Poetes; laonde nacque che quello che in cotale forma fatto fusse, si appellasse Poesis; e quegli che ciò facessero o cotale modo di parlare usassero, si chiamassero Poeti. Questa adunque fu la prima origine dello inclito nome della poesia, e per conseguente de' poeti; comechè altri ne assegnino ancora altre ragioni, forse buone, ma questa mi piace più.

Questa buona e laudevole intenzione della rozza età mosse molti a diverse invenzioni per lo mondo multiplicate per apparere; e dove i primi una sola deità onoravano, mostrarono i seguenti molte esserne, comechè quella una dicessino oltre ad ogni altra ottenere il principato. Le quali molti vollero che fussero il Sole, la Luna, Saturno, Giove e ciascuno degli altri sette pianeti, dagli loro effetti dando argomento alle loro deità; e da questo vennero a mostrare ogni cosa utile agli uomini, quantunque terrena fusse, deità essere, siccome il fuoco, acqua, la terra e simiglianti: alle quali tutte e versi e onori e sacrificii si ordinarono. E poi susseguentemente cominciarono diversi in diversi luoghi, chi con uno ingegno, chi con un altro, a farsi sopra la moltitudine indotta della sua contrada maggiori; diffinendo le rozze quistioni non secondo BOCCACCIO. Vita di Dante.

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scritta legge (che non l'avevano ancora) ma secondo una naturale equità, della quale più uno che un altro era dotato. E dando alla loro vita ed agli loro costumi ordine, e dalla natura medesima più illuminati, incominciarono a resistere colle loro corporali forze alle cose avverse e possibili ad avvenire, e a chiamarsi re ed a mostrarsi alla plebe con servi e con ornamenti non usati insino a que' tempi dagli uomini, e a farsi ubbidire, e ultimamente a farsi adorare: il che, solo che fusse chi'l presumesse, senza troppa difficultà avveniva, perchè a' rozzi popoli, così veggendoli, non uomini ma Iddii parevano. Questi cotali, non fidandosi tanto delle loro forze, cominciarono ad augumentare le religioni, e colla fede di quelle ad impaurire i suggetti e ad astrignere con sagramento alla loro ubbidienza quelli, li quali non vi si sarebbono potuti con forza costringere. E oltre a questo dierono opera a deificare li loro padri, li loro avoli e li loro maggiori, ed a mostrare sè figliuoli degli Iddii, acciocchè più fussero e temuti e avuti in reverenza dal vulgo. Le quali cose non si potevano comodamente fare senza l' uffizio dei poeti, li quali sì per ampliare la loro fama e sì per compiacere a' principi e sì per dilettare a'sudditi e si per persuadere il virtuosamente operare, a ciascuno quello che con aperto parlare saria stato della loro intenzione contrario, con fizioni varie e maestrevoli (male da' grossi oggi non che a quei tempi intese) facevano credere quello che li prencipi volevano che si credesse; servando negli nuovi iddii e negli uomini, li quali degl' iddii nati fingevano, quel medesimo stile che nel vero Iddio so

lamente, e nel lusingarlo avevano li primi usato. Da questo si venne allo adeguare i fatti de' forti nomini a quelli degl' iddii; ́d' onde nacque il cantare con eccelso verso le battaglie e gli altri notabili fatti degli uomini mescolatamente con quelli degl' iddii; il quale fu ed è oggi, insieme colle altre cose di sopra dette, ufficio ed esercizio di ciascuno poeta. E perciocchè molti non intendenti credono la poesia niun' altra cosa essere che un fabuloso ed ornato parlare, oltre al premesso mi piace brievemente quella essere teologia dimostrare, o (più propriamente parlando) quanto più può simigliante di quella, prima ch' io vegna a dire perchè di lauro si coronino li poeti.

Se noi vorremo por giù gli animi e con ragione riguardare, io mi credo che assai leggermente potremo vedere, gli antichi poeti avere imitate (tanto quanto allo ingegno umano è possibile ) le vestigie dello Spirito Santo, il quale, secondo nella Divina Scrittura veggiamo, per la bocca di molti i suoi altissimi segreti rivelò ai futuri, facendo loro sotto velame parlare ciò che a debito tempo per opera, senza alcun velo intendeva di dimostrare. Imperciocchè essi, se noi ragguardiamo bene le loro opere, acciocchè lo imitatore non paresse diverso dallo imitato, sotto coperta di alcune fizioni, quello che stato era, o che fusse al loro tempo presente, o che desideravano o che presumevano che nel futuro dovesse avvenire, descrissono; perchè, come che ad uno fine l'una scrittura e l'altra non riguardasse, ma solo al modo del trattare (al che più guarda al presente l'animo mio), ad amendue si potrebbe dare una medesima laude, usando di

Gregorio le parole, il quale della Sacra Scrittura dice ciò che ancora della poetica facultà dire si puote, cioè, ch' essa in un medesimo sermone, narrando, apre il testo e'l misterio a quello sottoposto; e così ad un'ora coll' uno gli savii esercita e coll' altro gli semplici riconforta, ed ha in pubblico onde gli pargoletti nutrichi, ed in occulto serva quello onde essa le menti de' sublimi intenditori con ammirazione tenga in sospeso. Perciocchè pare essere un fiume (acciocchè io così dica) piano e profondo, nel quale il piccioletto agnello cogli piedi vada, e 'l grande eleofante ampissimamente nuoti. Ma da procedere è al verificare delle cose proposte.

Della differenza che passa tra la Poesia
e la Teologia.

Intende la Divina Scrittura, la esplicazione della quale noi Teologia appelliamo, quando con figura di alcuna istoria, quando col senso di alcuna vi· sione, quando collo 'ntendimento di alcuno lamento, e in altre maniere assai, mostrarci l'alto misterio della Incarnazione del Verbo Divino, la vita di quello, le cose occorse nella sua morte, e la resurrezione vittoriosa e la mirabile ascensione e ogni altro suo atto, per lo quale noi, ammaestrati, possiamo a quella gloria pervenire, alla quale egli morendo e resurgendo ci aperse la strada, lunga mente stata serrata a noi per la colpa del primiero parente. Così li poeti nelle loro opere, le quali noi chiamiamo Poesia, quando con fizioni di varii iddii, quando con trasmutazioni di uomini in varie

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