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cioè il morire; il che a lui avvenne quando già avea finito quello, perchè meritamente la laureazion gli seguiva.

Seguentemente dico, che in luogo di lui vide levarsi un paone; ove intender si dee, che dopo la morte di ciascuno a servare il nome suo appo i futuri surgono le opere sue. E perciò in luogo di Alessandro Macedonio, di Giuda Maccabeo, di Scipione Affricano, abbiamo le loro vittorie e le altre magnifiche opere. In luogo di Aristotile, di Solone, e di Virgilio abbiamo i loro libri, le loro composizioni, eterne conservatrici de' nomi e della presenzia loro nel cospetto di que' che vivono. E così in luogo di Dante abbiamo la sua Commedia la quale ottimamente si può conformare ad un paone. Il paone, secondochè comprender si può, ha queste proprietà; che la sua carne è odorifera e incorruttibile; la sua penna è angelica, ed in quella ha cento occhi; li suoi piedi son sozzi, e tacita l'andatura; ed oltre a ciò, ha sonora ed orribile voce: le quali cose colla Commedia del nostro poeta ottimamente si convengono.

Dico adunque primieramente, che cercando in assai parti lo intrinseco senso della Commedia, ed in assai lo intrinseco e lo estrinseco, si troverà esser semplice ed immutabile verità, non di gentilizio puzzo spiacevole, ma odorifera di cristiana soavità, ed in niuna cosa dalla religione di quella scordante. Dissi appresso, il paone avere angelica penna, ed in quella cento occhi. Certo io non vidi mai alcuno angelo; ma udendo che voli, estimo che penne aver debba; e non sappiendone alcuna fra questi nostri augelli più bella, nè così

peregrina, considerata la nobiltà di loro, immagino che così la debbano aver fatta, e però non da queste le loro, ma queste da quelle denomino; ed intendo per quelle, delle quali questo paone si cuopre, la bellezza della pellegrina storia, che appare nella lettura della Commedia; ed il cambiare del colore di quella, secondo i varii mutamenti di questo uccello, niun' altra cosa esser sento, se non la varietà de' sensi che a quella, in una maniera ed in altra, leggendola si posson dare. E in cento occhi chi non intenderà li cento canti di quella, ne' quali ella così è ordinata e distinta ed ornata, come ne' lor luoghi distinti mirabilmente sveggono gli occhi del paone?

Sono e al paone i piè sozzi e l' andatura queta: le quali cose ottimamente alla Commedia del nostro autore si confanno; perciò che siccome sopra i piedi pare che tutto il corpo si sostenga, così prima facie pare che sopra il modo del parlare ogni opera in iscrittura composta si sostenga; ed il parlare vulgare, nel quale e sopra il quale ogni giuntura della Commedia si sostiene, a rispetto dell' alto e maestevole stile letterale che usa ciascuno altro poeta, è senza dubbio sozzo. L'andare quieto e tacito significa l'umiltà dello stile, il quale nelle commedie di necessità si richiede, come color sanno che intendon che vuol dir commedia.

Ultimamente dico, che la voce del paone è sonora ed orribile; la quale, comechè la soavità del le parole del nostro poeta paia e sia molta, non dimeno chi bene in alcune parti riguarderà, ottimamente conoscerà confarsi alla voce della com

dia, e massimamente dove con acerbissime invenzioni grida de'vizii di alcuni, oppure, distesamente procedendo,di alcuni altri morde le colpe e gastiga i miseri peccatori.E niuna è più orrida voce di quella del castigante, e massimamente a colui che ha commesso, o a colui che a mandare i suoi appetiti ad effetto schiva l'ostacolo del riprensore. Per la qual cosa, e per le altre di sopra mostrate, assai appare, colui che fu, vivendo, pastore, dopo la morte esser divenuto paone, siccome creder si puote essere stato per divina spirazione nel sonno mostrato alla cara madre.

LE RIME

DI

DANTE ALIGHIERI

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