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LIBRO PRIMO

SONETTO I.

A ciascun' alma presa, e gentil core,
Nel cui conspetto viene il dir presente,
In ciò, che mi riscrivan suo parvente,
Salute in lor Signor, cioè Amore.
Già eran quasi che atterzate l'ore

Del tempo, ch' ogni stella è più lucente; Quando m'apparve Amor subitamente, Cui essenza membrar mi dà orrore: Allegro mi sembrava Amor tenendo

Mio core in mano, e nelle braccia avea Madonna involta in un drappo dormendo: Poi la svegliava, e d'esto core ardendo Lei paventosa umilmente pascea: Appresso gir lo ne vedea piangendo.

voi, che

BALLATA I.

per la via d'Amor passate,

Attendete, e guardate,

S' egli è dolore alcun, quanto 'l mio grave: E prego sol, ch'a udir mi sofferiate;

E poi immaginate,

S'io son d'ogni dolore ostello e chiave.
Amor, non già per mia poca bontate,
Ma per sua nobilitate,

Mi pose in vita sì dolce e soave;
Ch'io mi sentia dir dietro spesse fiate:
Deh per qual degnitate

Così leggiadro questi lo core ave?
Ora ho perduta tutta mia baldanza,
Che si movea d'amoroso tesoro;

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In guisa, che di dir mi vien dottanza:
Sicchè volendo far come coloro,

Che per vergogna celan lor mancanza,
Di fuor mostro allegranza,

E dentro dallo cor mi struggo e ploro.

SONETTO II.

Piangete amanti, poichè piange Amore,
Udendo qual cagion lui fa plorare.
Amor sente a pietà donne chiamare,
Mostrando amaro duol per gli occhi fore;
Perchè villana morte in gentil core
Ha messo il suo crudele adoperare,
Guastando ciò, che al mondo è da lodare
In gentil donna fuora dell' onore.
Udite quanto Amor le fece orranza;
Ch'io 'l vidi lamentare in forma vera
Sovra la morta immagine avvenente;
E riguardava ver lo ciel sovente,
Dove l'alma gentil già locata era,
Che donna fu di sì gaia sembianza.

BALLATA II.

Morte villana, e di pietà nemica,

Di dolor madre antica,

Giudizio incontrastabile gravoso,

Poich' hai dato matera al cor doglioso,
Ond' io vado pensoso;

Di te biasmar la lingua s' affatica:
E se di grazia ti vo' far mendica,
Conviene sì ch'io dica

Lo tuo fallir d'ogni torto tortoso;
Non però, che a le genti sia nascoso;
Ma per farne cruccioso

Chi d'amor per innanzi si nodrica.
Dal secol hai partita cortesia,

E ciò, che in donna è da pregiar, virtute; In gaia gioventute

Distrutta hai l'amorosa leggiadria. Più no vo' discovrir, qual donna sia, Che per le propietà sue conosciute. Chi non merta salute,

No speri mai d' aver sua compagnia.

SONETTO III.

Cavalcando l'altr' ier per un cammino,

Pensoso dello andar, che mi sgradia,
Trovai Amor nel mezzo della via
In abito legger di pellegrino:
Nella sembianza mi parea meschino,
Come avesse perduto signoria;
E sospirando pensoso venia,

Per non veder la gente, a capo chino:

Quando mi vide, mi chiamò per nome,
E disse: io vegno di lontana parte,
Dove era lo tuo cor per mio volere;
E recolo a servir novo piacere:
Allora presi di lui sì gran parte,
Ch' egli disparve, e non m' accorsi come.

BALLATA III.

Ballata, io vo', che tu ritrovi Amore,
E con lui vadi a madonna davanti,
Sicchè la scusa mia, la qual tu canti,
Ragioni poi con lei lo mio Signore.
Tu vai, ballata, sì cortesemente,
Che, senza compagnia,

Dovresti avere in tutte parti ardire;
Ma, se tu vogli andar sicuramente,
Ritrova l' Amor pria;

Che forse non è buon senza lui gire:
Perocchè quella, che ti deve odire,
S'è (com' io credo) in ver di me adirata,
Se tu di lui non fossi accompagnata,
Leggeramente ti faria disnore.

Con dolce suono, quando se' con lui,
Comincia este parole,

Appresso ch' averai chiesta pietate:
Madonna, quegli, che mi manda a vui,
Quando vi piaccia, vuole,

Sed egli ha scusa, che la m' intendiate.
Amore è qui, che per vostra beltate
Lo face, come vuol, vista cangiare,
Dunque, perchè gli fece altra guardare,
Pensatel voi, da che non mutò 'I core.

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Dille: madonna, lo suo core è stato.
Con si fermata fede,

Ch'a voi servir gli ha pronto ogni pensiero,
Tosto fu vostro, e mai non s'è smagato.
Sed ella non ti crede,

Di, che domandi Amor, sed egli è vero:
Ed a la fine falle umil preghiero,
Lo perdonare se le fosse a noia,

Che mi comandi per messo, ch' io muoia;
E vedrassi ubbidir buon servidore.
E di a colui, ch' e d' ogni pietà chiave,
Avanti che sdonnei,

Che le saprà contar mia ragion buona:
Per grazia della mia nota soave,
Riman tu qui con lei,

E del tuo servo ciò, che vuoi, ragiona:
E, s'ella per tuo priego gli perdona,

Fa, che gli annunzi un bel sembiante pace.
Gentil ballata mia, quando ti piace,

Muovi in quel punto, che tu n' aggi onore.

SONETTO IV.

Tutti li miei pensier parlan d'amore,
Ed hanno in lor si gran varietate,
Ch'altro mi fa voler sua potestate,
Altro folle ragiona il suo valore:
Altro sperando m'apporta dolzore;
Altro pianger mi fa spesse fiate;
E sol s' accordano in chieder pietate,
Tremando di paura, ch'è nel core:
Ond' io non so da qual matera prenda;
E vorrei dire; e non so, che mi dica;
DANTE. Rime.

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