Questa donna, ch' andar mi fa pensoso, Porta nel viso la virtù d' Amore, La qual fa risvegliare altrui nel core Lo spirito gentil, che v' era ascoso. Ella m' ha fatto tanto pauroso,
Poscia ch' io vidi quel dolce signore.
Negli occhi suoi con tutto il suo valore, Ch' io le vo presso, e riguardar non l' oso. E quando avvien che que' begli occhi miri, Io veggio in quella parte la salute, Ove lo mio intelletto non può gire. Allor si strugge sì la mia virtute,
Che l' alma, onde si muovono i sospiri, S'acconcia per voler dal cor partire.
Lo fin piacer di quell' adorno viso
Compose il dardo, che gli occhi lanciaro Dentro dallo mio cor quando giraro Ver me, che sua beltà guardava fiso. Allor senti' lo spirito diviso
Da quelle membra, che se ne turbaro; E quei sospiri, che di fuori andaro, Dicean piangendo, che 'l core era anciso. Lasso! dipoi mi pianse ogni pensiero
Nella mente dogliosa, che mi mostra Sempre davanti lo suo gran valore, Ivi un di loro in questo modo al core Dice: Pietà non è la virtù nostra Che tu la truovi: e però mi dispero.
Sta nel piacer della mia donna Amore, Com' in Sol raggio, e in ciel lucida stella, Che nel muover degli occhi poggia al core Sì, ch' ogni spirto si smarisce in quella: Soffrir non ponno gli occhi lo splendore, Nè il cor può trovar loco, tanto è bella, Che '1 sbatte fuor, tal ch' ei sente dolore: Quivi si prova chi di lei favella.
Ridendo par che s' allegri ogni loco, Per via passando; angelico diporto, Nobil negli atti, ed umil ne' sembianti; Tutt' amorosa di sollazzo e gioco,
E saggia nel parlar; vita e conforto, Gioia e diletto a chi le sta davanti.
A DANTE ALIGHIERI.
Poich' io fui, Dante, dal mio natal sito Per greve essilio fatto peregrino E lontanato dal piacer più fino Che mai formasse 'l piacer infinito; Io son piangendo per lo mondo gito, Sdegnato del morir come meschino: E se trovat' ho di lui alcun vicino, Dett' ho che questo m' ha lo cor ferito. Nè dalle prime braccia dispietate
Nè dal fermato sperar che m' assolve Son mosso, perchè aita non aspetti. Un piacer sempre mi lega e dissolve, Nel qual convien che a simil di biltate Con molte donne sparte mi diletti.
La dolce vista e 'l bel guardo soave De' più begli occhi che si vider mai, Ch' 'ho perduto, mi fa parer grave. La vita sì ch' io vo traendo guai; E 'n vece di pensier leggiadri e gai Ch' aver solea d' amore, Porto desii nel core
Che nati son di morte,
Per la partita che mi duol sì forte.
Ohimè! deh perchè, Amor, al primo passo Non mi feristi sì ch' io fussi morto? Perchè non dipartisti da me, lasso!
Lo spirito angoscioso ched io porto? Amor al mio dolor non è conforto: Anzi, quanto più guardo,
Al sospirar più ardo,
Trovandomi partuto
Da 'quei begli occhi ov' io t' ho già veduto. O t'ho veduto in quei begli occhi, Amore, Tal che la rimembranza me n' occide
E fa sì grande schiera di dolore Dentro alla mente, che l' anima stride Sol perchè morte mai non la divide Da me; come diviso
Mi trovo dal bel viso
E d'ogni stato allegro,
Pel gran contrario ch'è tra 'l bianco e 'l negro. Quando per gentil atto di salute
Ver bella donna levo gli occhi alquanto,
Si tutta si disvia la mia virtute,
Che dentro ritener non posso 'l pianto, Membrando di madonna, a cui son tanto Lontan di veder lei.
O dolenti occhi miei, Non morite di doglia?
Si per vostro voler, pur che Amor voglia. Amor, la mia ventura è troppo cruda,
E ciò che 'ncontran gli occhi più m' attrista: Dunque, mercè! che la tua man li chiuda, Da c'ho perduto l' amorosa vista;
E quando vita per morte s' acquista, Gli è gioioso il morire:
Tu sai dove dè' gire
Lo spirto mio da poi,
E sai quanta pietà s' arà di noi.
Amor, ad esser micidial pietoso T' invita il mio tormento:
Secondo c' ho talento.
Dammi di morte gioia,
Sì che lo spirto al men torni a Pistoja.
Oimè lasso! quelle treccie bionde 1, Dalle quai rilucieno
D' aureo color gli poggi d' ogn' intorno; Oimè! la bella cera, e le dolci onde, Che nel cor mi sedieno,
Di que' begli occhi al ben segnato giorno; Oimè! 1 fresco ed adorno
E rilucente viso;
Oimè! lo dolce riso,
Per lo qual si vedea la bianca neve Fra le rose vermiglie d' ogni tempo; Oimè! senza meve 2
Morte, perchè 'l togliesti sì per tempo? Oimè! caro diporto e bel contegno; Oimè! dolce accoglienza,
Ed accorto intelletto e ben pensato; Oimè! 'l bello, umíle, alto disdegno, Che mi crescea l' intenza
D' odiar lo vile e d' amar l'alto stato; Oimè! '1 disio nato
Di sì bella creanza;
Oimè! quella speranza,
Ch' ogni altra mi facea veder addietro, E lieve mi rendea d' Amor lo peso; Oimè! rotto hai qual vetro,
Morte, che vivo m' hai morto ed impeso! Oimè! donna, d' ogni virtù donna,
Dea, per cui d' ogni dea,
Siccome volse Amor, feci rifiuto;
Oimè! di che pietra qual colonna In tutto 'l mondo avea,
Che fosse degna in aere darti aiuto? Oimè! vasel compiuto
Di ben sopra natura
Per volta di ventura
Condotto fosti suso gli aspri monti,
Dove t'ha chiuso, ohimè! fra duri sassi
La Morte, che due fonti
Fatto ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
1 La donna della quale qui si piange la perdita, è Selvaggia Vergio
lesi, l'amorosa di Cino. 2 senza me.
Oimè! Morte, finchè non ti scolpa, Dimmi almen per gli tristi occhi miei, Se tua man non mi spolpa,
Finir non deggio di chiamar omei? 1
IN MORTE DI CINO DA PISTOJA.
Piangete, donne, e con voi pianga Amore; Piangete, amanti, per ciascun paese; Poi che morto è colui che tutto intese In farvi, mentre visse al mondo, onore. Io per me prego il mio acerbo dolore Non sian da lui le lagrime contese, E mi sia di sospir tanto cortese Quanto bisogna a disfogare il core. Piangan le rime ancor, piangano i versi, Perchè 'l nostro amoroso messer Cino Novellamente s'è da noi partito.
Pianga Pistoia e i cittadin perversi, Che perdut' hanno sì dolce vicino; E rallegres' il Cielo ov' ello
IN VITA DI MADONNA LAURA.
Mille fiate, o dolce mia guerrera,
Per aver co' begli occhi vostri pace, V' aggio profferto il cor; ma a voi non piace Mirar sì basso con la mente altera:
E se di lui fors' altra donna spera,
Vive in speranza debile e fallace:
Mio, perchè sdegno ciò ch' a voi dispiace, Esser non può giammai così com' era.
1 lamenti, esclamazioni di dolore.
« ÖncekiDevam » |