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e dotto ingegno che fu il Bellarmino, il quale col soccorso di fiuissima critica e solo guidato dall' amore del vero seppe e trovò modo a far risplendere la vera luce dove non era che profondo buio di notte.

Ma quì non posso, o miei riveriti Signori, temperarmi sì, che il mio sdegno non si accenda incontro a quelli, non saprei se io mi debba chiamare insani od insolenti, i quali fanno che Dante in ciò errasse a bella posta o almeno con piacere. Chi intimamente penetrò l'animo del sommo fiorentino, e non v'indusse le proprie idee, vi avrà scorto ben altri disegni. La verità gli è guida in tutto, e se pare offenderla alcuna volta, nol fa ad arte: ma, 0 perchè la passione l'occupa e violentemente il tira, o perchè la storia falsamente gli grida. Egli prende di bocca al popolo le opinioni, e secondo che le sente e trova buone o ree, così le giudica e le approva o le danna; e se il sentimento della volgare schiera concorda in attribuire grandi peccati a grandi persone, egli scroscia pesanti su queste i suoi flagelli, ammonendoci così che niuno errore, quantunque in sublime altezza risegga, deve sgomentarci dai correre la via diritta sapendo per certo che, secondamente all' opere, così ne sarà fatto giudizio,, e che non ci può scagionare l'avere nella colpa illustri compagni. Del rimanente egli si reca a giusto debito il togliere la mala voce da cui altri potè essere empiamente infamato: prende la novella corrente per le voci del popolo, e se incerta vacilla o fermamente è radicata, sì fatta ei la riceve, la esamina e a norma di giustizia la giudica. Nè nulla potea muovere lui a dannare un pontefice tra gli eretici, se non forse il sospetto che tanto reverenda autorità non si traesse dietro seguaci i quali però s' adopera di svolgere dal reo esempio, mettendo loro in vista ed in pensiero il pesantissimo e travaglioso carico onde in inferno è aggravato quel sì eccelso prevaricatore. Non per questo lasciò che, siccome in terra, così ancora laggiù nei cerchi d' abisso, quel papa trovasse luogo sopra tutti distinto. E per verità gli altri eretici stannosi per entro ai sepolcri da cui son levati tutti i

coperchi, ed egli, Anastasio, giace dentro ad un avello guardato da una pietra. E questo oltre all' essere più grande degli altri ha sopra una scritta che altrove non fu veduta. Tutto ciò fu posto dall' Alighieri, per sensato avviso del Daniello, avendo rispetto alla grandezza ed autorità del Papa, il quale come vero vicario di Cristo e come Capo della religione dovrebbe aver più fede che altra qualsivoglia cristiana persona.

E poi a qual fine, domando io, segnare quell' vello a preferenza degli altri tutti? La ragione di ciò si renderà evidente, chi voglia considerare che a Dante parve così nuovo, così inaudito e così incredibile che un papa si fosse dipartito dalla fede sincera, che volle averne testimonianza da suoi proprii occhi. Il fingere poi che l'avello gli si mostrasse chiuso, fu, cred' io, per farsi dare certa fede quello essere stato il primo, ma dover essere ancora l'ultimo de' papi eretici.

Il poeta dichiara a sufficienza il suo animo e per quanto altri s' affatichi a deturparlo, risplende vie più candido ed immacolato. La divina Commedia, perchè giovasse al bene comune e tutti impedisse dal trasviarsi, dovea comprendere le tradizioni che maggiormente erano divulgate ed avute per veraci da ogni maniera di persone. Perciò non deve addurre meraviglia se così in questo del pari che in altri casi, egli non conobbe e non abbracciò la storica verità : la quale, massime a que' dì, era tra molte dubbiezze e falsità confusa e nascosta, e difficilmente penetrabile ad una critica non ancor molto, per non dire nullamente affinata.

Ma, posti ancora dall' un de' lati questi pur gravissimi argomenti, dovea bastare per convincere altrui che Dante di pieno cuore e con tutto il miglior sentimento dell' animo fu devoto al romano pastore, il ripensare le sublimi lodi, che ognora va compartendo al primo vicario di Cristo s. Pietro. Questi fu che entrò povero e digiuno a seminare la buona pianta: questi, che unitamente a s. Paolo rimise Roma nel buon filo: questi che del suo sangue in

sieme con quello di Lino, di Cleto, di Sisto, di Pio, di Calisto e di Urbano allevò, e fortificò la chiesa di Cristo (1). Di qui è che il poeta lo volle collocato in Cielo a destra di Maria, per ivi, e sotto l'alto Figlio di Dio trionfare della sua vittoria (2). Ma dove io lasciava fuggirmi dal pensiero quello che massimamente valeva a confermare e ad avvalorare il mio discorso? Dante a sì alto segno onorò le somme chiavi lasciate, e tenute in prima da s. Pietro, che dinanzi a questo volle solennemente professare la sincerità della sua fede; e da questo solo ricerverne l'approvamento (3). Oh fosse così voluto in cielo che quanti ritorcono la dottrina del sommo poeta ad assicurare le loro male sane opinioni e ad autenticare le rivolte da loro operate nel cattolicismo, oh sì, lo consenta Iddio, che al pari di lui fossero schietti e puri nella credenza, e riverissero come lui il sommo, e romano capo della Chiesa! Oh venga prestissimo questo auspicato e desiderato giorno, e noi, dirò facendo eco ad un moderno e celebrato francese, vedremo i popoli del settentrione e del mezzodì inchinarsi l'un verso l'altro, e i figliuoli di Londra e di Berlino affrettando il loro passo correre alle porte di Roma, e il Vaticano esultando allargare i suoi portici per accogliere le generazioni riconciliate.

(1) Par. c. 24 v. 63-111-Par. c. 27 v. 24. (2) Par. c. 23 v. 135 e seg.

Par. c. 24 v. 125 e seg.

Fine del Secondo ed ultimo Volume.

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Si stampi

Alessandria 17 Luglio 1846.

AGOSTÍ Sen. Pref. per la Gran Cancelleria.

è cosa non

te imagine, elle nazioni. e e dei Celti l'espressione gigantesche, ano a quelle lingua degli importi alla tutte le parti

che da gran ma sì ancora i benemeriti, or parte dei i tutti i tempi • che sollevò ttamente colon felice suc

ella geografia, erari, civili e per così dire, ggiano in lonondotta a'suoi iva, svolgendo perto, come il r una mirabile ■zi sempre più li uomini.

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issime incisioni; di otto pagine,

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