Sayfadaki görseller
PDF
ePub
[graphic]

MILANO

Di origine gallica vuolsi la città di MILANO, detta dai latini Mediolanum.

Essa fu da principio un piccolo borgo, piantato dai galli, circa sei secoli avanti Cristo, allorchè, scacciati gli etruschi dal paese posto tra i fiumi Ticino, Po, Serio, Adda, vi si fermarono, quasi sostituendo alla profuga e vagabonda lor vita, stabile e pacifico domicilio. Sul nome da loro imposto al borgo, che fabbricarono, molte furonvi opinioni: alcuni lo supposero derivato dai due duci Medo e Olano; altri latinamente da medio amnium, perchè situato tra gl'indicati fiumi; e chi da in medio lanae, a cagione della vulgata favola d'una scrofa lanosa quivi trovata ma i galli non parlavano il latino. In lingua tedesca piuttosto, lingua parlata da quei popoli, May-land, vorrebbe dire paese di maggio: propriamente in lingua gallica, Med-lan significa fertile paese, e Met-lan vuol dire in mezzo alle pianure: le quali denominazioni ben si appropriano al suolo, su cui giace Milano.

Dopo quattro secoli di soggiorno, i galli, che intanto avevano potuto far prosperare il territorio, furono soggiogati in questo loro paese dai romani. Quindi Milano, onorata del titolo di primaria città dell' Iosubria, fu soggetta alle leggi e alle magistrature dei vincitori: ebbe suoi governatori, tra gli altri, Cicerone e Bruto l'uccisore di Cesare. Divenuta città grandissima e popolatissima, essendo dittatore dell' impero Giulio Cesare, fu ascritta alla tribù Oufentina: nei tempi di Adriano, incominciò ad essere governata da prefetti, uno dei quali più tardi, sappiamo esserle stato Ambrogio: che diventò poi suo spirituale pastore.

Nel terzo secolo vi fissarono residenza gl' imperatori. Perciò ebbe tutti gli abbellimenti, che convenivano ai più cospicui municipii romani. Ebbe teatro, ed era a san Vittore de' legnajuoli; ebbe circo, ed era alla Maddalena

al cerchio; ebbe zecca, ed era a san Mattia alla moneta; ebbe un tempio di Giano, ed era a san Giovanni quattro faccie: unico avanzo di grandioso edifizio romano, sono oggidì le colonne dinanzi a san Lorenzo.

Cessò Milano di essere sede degl'imperatori nel 452 distrutta dall'unno flagello di Dio. Quindi Odoacre e Teodorico ed Uraia successivamente vi dominarono. Ai goti successero i longobardi, che lasciarono il loro nome all'intiero suo territorio: ma in quel tempo, nel 569, era così meschina Milano, che questi nuovi dominatori posero la loro sede in Pavia: ed a Milano mandarono a tenervi il supremo comando a nome del re, un duca, ch'era uno dei capi dell'esercito vincitore. Nel 774, Carlo Magno la sollevò dal giogo longobardo, e pose in auge l'autorità episcopale, sicchè l'arcivescovo di Milano divenne il più ragguardevole personaggio in Lombardia, bastevole a paralizzare colla sua influenza la potenza armata dei conti. Erasi guadagnato il diritto di conferire la corona d' Italia; e i re, per tenerselo amico, ne rendevano immune dalla sovranità dei conti la città di residenza: l'arcivescovo quindi conferiva in proprio nome il civile potere ai visconti. L'arcivescovo perciò, indipendente dalla regia autorità, scelto non per nascita, ma dal clero e dal popolo, dipendente insieme e protetto dal papa, era come un opportuno mediatore tra l'impero ed i sudditi.

Non si sa quando precisamente l'arcivescovo di Milano ottenesse siffatto diritto d'immunità e d' indipendenza dai conti: il primo, che se ne possa dire con certezza insignito, fu Ansperto da Biassono, tra l'868 e l' 881. E fu intorno a questo tempo, che incominciarono le gare tra varii re, durante le quali l'arcivescovo e il popolo crescevano d'importanza, perchè gli emuli cercavano amicarseli con privilegi e çon doni. In sul principio del decimo secolo, incominciarono i re della Germania, dopo ricevuta in Aquisgrana la corona d'argento, a discendere in Italia ad esserne consecrati re, o in Milano od in Monza, con la corona di ferro; d'onde passavano a Roma a ricevere dal papa la corona imperiale. Conservarono gli arcivescovi la sovranità per lunga serie di anni; poi nelle interne guerre del secolo XII, fini Milano col diventare ludibrio di Federigo Barbarossa. Poi susseguirono le fazioni tra nobili e plebei; i primi favorevoli ai ghibellini, che in Milano adottarono il color rosso; i secondi, del partito de' guelfi, di color bianco. Nuove occasioni di discordie interne furono gli eretici, che s'erano formati considerevole partito sotto il nome

or di Catari, or di Patarini, ora di poveri da Concorezzo, ora di credenti di Milano o di Bagnolo. Nella quale occasione, circa la metà del secolo XIII, sorse anche una Guglielmina, di pretesa stirpe reale boema, che, anticipando il sansimonismo, proclamava la donna libera, l'incarnazione dello Spirito Santo in femmina, il papa donna (4); e dicesi, che a turpi convegni raccogliesse presso porta Nuova i suoi seguaci (2), uomini e donne. Ella, dopo morte, fu venerata a Chiaravalle; ma in fine Mainfreda sua seguace e un prete Andrea furono processati dall'inquisizione, arsi vivi, e i loro proseliti puniti o dispersi.

A questi tumulti successero le dominazioni dei Torriani e dei Visconti; poi per un triennio (1447) piantarono i milanesi l'aurea republica ambrosina, la quale fu costretta a cedere alla potenza degli Sforza (1450). Un secolo dopo, con la bolla d'oro del 1549, Carlo V, avendo infeudato già tre anni addietro Milano alla Spagna, ne stabili la ducale dignità nei discendenti del suo figliuolo Filippo II. Morto l'ultimo re austriaco di Spagna, la Francia e l'imperatore si disputarono la sovranità della città e del ducato; e dopo lunghe guerre, nel 1713, con la pace d'Utrecht, l'ottenne l'Austria; ed il trattato di Aquisgrana nel 1748 ne consolidò il dominio sino alle vicende napoleoniche, le quali fecero diventare Milano la capitale del nuovo regno italico. Ne riacquistò la Casa d'Austria la sovranità col cessare di quel turbine funestissimo, nel 1814; ed oggidì continua a goderla.

Gettato cosi di fretta un colpo d'occhio sulla condizione politica di Milano, emmi d'uopo fermare con più attenzione lo sguardo sulle moltiformi vicende della illustre sua Chiesa. E primieramente la gravissima controversia ci si presenta, chi sia stato il primo a recarvi la luce del Vangelo ed a piantarvi l'episcopale sede. Una tradizione divulgatissima ne vorrebbe additare l'apostolo san Barnaba a sostegno della quale si adducono e libri di una veneranda antichità, e statuti patrii, e solenni episcopali dichiarazioni, e storici si milanesi che forestieri, e documenti liturgici del pari che monumentali, ed istituzioni religiose, derivate da antichissime età. Ma questa venuta di lui ed il suo episcopato in Milano non è alla fin fine

(1) Nella biblioteca Ambrosiana esiste il processo della Guglielmina, formato da Guido di Cocconato e da Raineri di Pirovano, scritto in pergamena da Beltramo Sal

vagno notaro del sant' Uffizio.

(2) Ved. l'opera Municipale, Milano e i suoi dintorni, pag. 27 del tom. I.

n

affermato con argomenti di tale solidità, che non ne lascino desiderare di più solidi ancora: siccome appunto disse il dotto vescovo di Novara, milanese di patria, Carlo Bescapè, il quale dopo di avere diligentemente esaminata questa controversia, conchiuse : « Barnabam apostolum in urbe » Mediolano . . . . Evangelium primum praedicasse, Ecclesiaeque Medio» lanensis fundamenta jecisse; neque ex tam certis argumentis affirmare » possum, ut certiora non cupiam; neque rursus, ut mihi quidem videtur, » ex tam incertis, ut ea quis, licet gravis historiae certaeque studiosus, sit >> aspernaturus (4). Tuttavolta mi piace inoltrarmi alquanto in questa investigazione, sulle orme di guide eruditissime, il Labus (2) e il Catena (3). Libri liturgici in primo luogo portano in mezzo i difensori della tradizione, che afferma la venuta e l'episcopato di san Barnaba in Milano; recano la testimonianza di statuti patrii; citano le parole delle sacre uffiziature, e ci mostrano quindi ricordato il nome di esso apostolo con distinta menzione, e notano che il giorno anniversario di lui era sacro e festivo per ecclesiastici e per civili decreti (4). A ciò aggiungono, che l'arcivescovo san Carlo Borromeo, grande ristoratore della chiesa milanese, inerendo ad una costituzione del suo antecessore Francesco Pizzolpasso (5), diceva nel suo sesto sinodo provinciale, che col favore e beneficio » divino la Chiesa Milanese fu da principio con la predicazione del santo > apostolo Barnaba ammaestrata ne' misteri della fede.» Dopo di che, producono a confermazione della loro opinione l'autorità degli storici milanesi, sacri e profani (6), unanimi nell' attestare questo fatto: e tra gli

(1) Histor. Mediol., nella vita di s. Barnaba.

(2) Cav. Giovanni Labus, ne' suoi Fasti della Chiesa, pag. 239 del tom. VI.

(3) Nel Giornale dell' I. R. Istituto Lombardo di scienze, lettere ed arti, pag. 153 e seg. del tom. VIII.

(4) Ved. I' antichissimo breviario ambrosiano nella Bibliot. Ambros., cod. A. 2. P. inf.,-ved. il calendario annessovi, ved, il Missale Ambrosianum, nella prefata Bibliot., cod. membr. A. 262. P. inf.,ved. altro cod. Ambros. Statuta civitatis Mediol., in cui sono descritti i giorni festivi da celebrarsi, con le obbligazioni della città; e sotto il dì 11 giugno è detto: Fratri

bus Minoribus S. Francisci in festo S. Barnabae librae quinquaginta tertiolio

rum etc.

(5) Constitutio Francisci Pizzolpas si, Mediolonen. archiep., edita an. 1440, circa reformationem officii ambrosiani, stampati dal Muratori, Antiq. med. aevi, dissert. LVII.

(6) Bonino Mombrizio, biografo sacro; Galvaneo Fiamma, mss. dell' Ambrosiana, A. 275. P. inf.; Andrea Alciati, ne' suoi quattro libri delle cose patrie, ediz. Milan. del 1625, eseguita sopra un mss. dell'Ambr. A. 136. P. inf.; Paolo Moriggia: Dell' antichità di Milano; Ripamonti: Historiar. Eccl. Mediol., decas prima.

« ÖncekiDevam »