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qui, in mezzo a questo corteggio di grandi figure, si drizza l'imagine di Farinata.

Come dal seno della mistica Beatrice è spuntata nella pienezza della vita reale la donna, Francesca da Rimini, così da entro a questo allegorico Dante, a questo protagonista della Commedia spirituale nel viaggio teologico da carne a spirito, a questo essere simbolico, umanità o anima, non ancora l'uomo, piuttosto genere che individuo, piuttosto idea che carattere, esce in luce, puro da ogni elemento mistico e dottrinale, l' uomo libero, cosciente, volente e possente, la compiuta e reale persona poetica, Farinata.

In Dante ci era molto del Farinata: indi la sua grande ammirazione per questo illustre cittadino. Due cose Dante dispregiava sovranamente; ciò che è fiacco e ciò che è plebeo, papa Celestino e maestro Adamo. Il suo ideale, il suo esser vivo, il suo esser uomo, il virile, l'eroico, è la Forza, non certo la forza materiale, ma la forza dell' animo, ciò che egli chiama magnanimità, grandezza d'animo, una forza invitta, che tiene alta la nostra personalità sulla natura e sullo stesso inferno e su tutti gli ostacoli e le vicissitudini. Questo concetto del virile è la Musa del sublime dantesco, nel suo lato negativo e positivo, come nei seguenti motti: Guarda e passa. Sciaurati che mai non fur vivi. Voler ciò udire è bassa voglia. - E per dolor non par lacrime spanda. L'esilio che m'é dato, onor mi tegno. - Alma sdegnosa, benedetta colei che in te s'incinse. - E cortesia fu lui esser villano. — Questo concetto lampeggia pure in quella meravigliosa rappresentazione del viaggio di Ulisse, presentimento di Colombo, là dov' egli dice ai suoi :

Considerate la vostra semenza :

Fatti non foste a viver come bruti,
Ma per seguir virtute e conoscenza.

E dove dice di Bruto:

Vedi come si storce e non fa motto.

E a questo concetto appartengono tre alte creazioni della Commedia, la Fortuna, il Capaneo e il Farinata. Nella Fortuna la Forza non è ancora Libertà, non è ancora uomo, ma è Natura o Necessità, vuota di passione e di lotta, perciò tra le imprecazioni degli uomini immutabilmente beata e serena:

Ma ella s'è beata e ciò non ode:
Con le altre prime creature lieta
Volve sua sfera e beata si gode.

Nel Capaneo il concetto è colto al rovescio e in antitesi a papa Celestino. In questo papa e ne' suoi simili ci è l'assenza della forza, il non esser vivo; nel Capaneo ci è la millanteria della forza, la vanagloria dell'esser vivo: Qual io fui vivo, tal son morto. In questa profonda concezione di Dante la forza ci sta non per raggiungere alcuno degli alti ideali, a cui è fatta la nostra semenza, ma ci sta per sè stessa. Se mi è lecito di parlare un po'alla tedesca, è una forza subbiettiva, vuota di contenuto, senza scopo e senza motivo, perciò arbitraria, la forza per la forza. Gli antichi rappresentarono questo concetto nella favola de' Giganti che volevano scalare il cielo, e Giove che li fulmina è appunto la forza delle cose che si vendica e li gitta giù. Prometeo tace ed è tranquillo nel suo martirio, perchè Prometeo è già l'uomo, forza conscia e libera, che ha le sue idee e i suoi fini, e anche vinto si sente maggiore della natura o di Giove. Capaneo non è ancora l'uomo, ma è il nato de'giganti, la forza ancora bruta e naturale, di un'apparenza colossale al di fuori, ma vuota e fiacca dentro. In effetti, se guardiamo il di fuori, l'imagine della forza prende le più

grandi proporzioni. Capaneo, ucciso dal fulmine di Giove, non si confessa vinto, anzi dice con jattanza: - Qual io fui vivo, tal son morto. Nè bastandogli, si studia mettere in maggior risalto la sua forza:

Se Giove stanchi il suo fabbro, da cui
Crucciato prese la folgore acuta,
Onde l'ultimo di percosso fui;

E s'egli stanchi gli altri, a muta a muta,
In Mongibello alla fucina negra
Gridando: buon Vulcano, ajuta, ajuta,
Si com'ei fece alla pugna di Flegra,
E me saetti, di tutta sua forza,

Non ne potrebbe aver vendetta allegra.

Capaneo concepisce Giove a sua similitudine: si finge un Giove plebeo e grossolano, pura forza materiale, e senz'avvedersene fa il ritratto e la condanna di sè stesso. Codesto Giove è crucciato che Capaneo osi vantarsi uguale o superiore a lui; e per farne vendetta lo percote con la folgore acuta. Ma non perciò Giove ha potuto piegare l'orgoglio di Capaneo, rimasto morto qual era vivo, nè il potrà mai, che che faccia: e qui è l'impotenza di Giove, il suo cruccio perpetuo, la sua vendetta non allegra. Capaneo dal fondo dell'inferno lo sfida e lo ingiuria, come facea vivo, e per meglio certificare l'impotenza del Dio nella sua lotta contro di lui, ti offre una successione di sforzi con un maraviglioso crescendo, fino a rappresentare il Dio nell' atto ridicolo di raccomandarsi al buon Vulcano, gridando: - Ajuto, ajuto! Ajuto, ajuto! - ricordando con amaro frizzo la pugna di Flegra, quando fu assalito da' giganti. E a questo Dio, circondato di tutta la sua potenza e armato di tutte le sue armi, che cosa Capaneo contrappone? Un semplice me:

E me saetti di tutta sua forza.

Rappresentazione maravigliosa di energia e di armonia, dove parola, frase, cadenza, periodo, colorito, il tono, lo stile e la forma esce tutto dalla profonda e immediata contemplazione del poeta.

Ma tutto questo non è che il di fuori, la simulazione e l'apparenza della forza, di rincontro a cui sembra impotente lo stesso Giove. La vera forza è al di dentro, nell'anima, ed è semplice e tranquilla, nè per affermarsi e farsi credere le è mestieri tanto apparato e pompa esteriore. Capaneo, che sotto alla pioggia del fuoco giace dispettoso e torto, sì che secondo l'apparenza la pioggia nol matura,

Sì che la pioggia non par che il maturi,

più mena vanto, più si sforza di dimostrare la sua forza, e meno ci riesce: perchè la vera forza si vede, non si dimostra. Essendo la sua forza puramente materiale, quando fu percosso dalla folgore, entrò nella sua anima questa persuasione che Giove materialmente è più forte di lui. Ma la sua fiacchezza morale gl'impedisce di fare ad altri e a sè stesso questa confessione, e perciò nel suo linguaggio trovi l'ostentazione della forza, per renderla credibile agli altri e a sè e dare una mentita alla propria coscienza. Il sentimento che nasce da questa contraddizione tra l'essere e il parere, tra la fiacchezza in terna o la coscienza della sconfitta e la simulazione della forza e della vittoria, è il dispetto o la rabbia, che è la ribellione impotente de'superbi, quando sono fiaccati e domi da più forti di loro:

O Capaneo, in ciò che non s'immorza
La tua superbia, se' tu più punito:
Nullo martirio, fuor che la tua rabbia,
Sarebbe al tuo furor dolor compito.

La folgore di Giove avea colpito non pure il suo corpo, ma l'anima.

Fin qui non abbiamo ancora il virile, l'uomo, la forza libera e consapevole. In Farinata l'uomo comparisce per la prima volta sul moderno orizzonte poetico.

Farinata non solo non mena vanto della sua forza, ma ignora di esser forte. Questo concetto della pura forza, vuota di ogni contenuto, e intenta solo a soddisfare sè stessa, è estraneo al suo carattere. Non sa d'aver forza. Questo solo ei sa, che ama la sua parte con tutta l'energia e la possanza dell'anima. La forza in lui non è potenza astratta e vuota, come in Capaneo, ma è inseparabilmente congiunta con le idee, i motivi e i fini, di cui egli è consapevole e che lo movono all'opera. Questa non è necessariamente forza corporale, anzi può talora dimorare in corpo fiacco; ma è forza d'animo, ciò che Dante chiama magnanimità, quella grandezza morale che abbella la fisonomia e ingrandisce nell' immaginazione anche le proporzioni corporali, e che oggi noi chiamiamo tempra, o carattere.

Il carattere nel senso estetico non è questa o quella parte dell'anima, ma è la personalità tutta intera, tutto l'uomo; non è volontà e potenza in astratto, ma volontà e potenza vivente, manifestata nelle idee, ne'sentimenti, nelle azioni, co'suoi motivi e i suoi fini: ciò che Dante chiama esser vivo, e ciò che costituisce l'individuo, la persona libera e consapevole. In papa Celestino ci è assenza di carattere. Nella Fortuna il carattere è cristallizzato, come nella Natura. Nel Capaneo è pura forza, è in potenza, non è in atto. Nel Farina ta la forza non è qualche cosa che stia da sè, ma è già un divenuto, la senti vivere nell'energia delle convinzioni e de'senti. menti e delle azioni. E questo è il cara ttere, questo è la persona, nella ricchezza delle sue determinazioni, nella libertà de'suoi movimenti vita e azione. Così l'uomo esce

e

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