Sayfadaki görseller
PDF
ePub

confessione in quella prima forma provvisoria di un gindizio nuovo e improvviso che non si è avuto il tempo di esaminare. Il Leopardi diceva che niente è più poetico del forse. Ed io aggiungerò: e niente più profondo; riferendosi alle gradazioni più fuggevoli e più delicate dell'anima. Fui molesto, ti dà un giudizio assoluto e astratto; forse fui molesto, te lo dà presente, ora ap. punto, fra tali impressioni, in tali condizioni, te lo dà non nella generalità dell'idea, ma nell' atto della vita.

Le passioni di un'anima nobile, quando anche sieno eccessive, non l' occupano in modo che non resti intatto nel più profondo ed imo alcun che di puro e di grande che vien fuori subitamente in qualche straordinaria impressione, diffondendo la sua luce e la sua simpatia su tutta la persona. Questo alto sentimento che purifica e abbella Farinata nella violenza della sua passione, Dante qui ha fatto scattar fuori con la sua profonda intuizione de'secreti del cuore. Il gran cittadino nobilita e assolve il partigiano.

Ma non è che un momento. E quando Farinata si vede presso quell'uomo e lo ha squadrato e non lo ha conosciuto, diviene quasi sdegnoso, sospettando non forse ap partenesse al partito contrario al suo. Lui, che poco in nanzi sentia rimorso di essere stato forse molesto alla patria con le sue passioni, è pur lui che un momento appresso si sente invadere da quelle passioni. La natura ripiglia il suo posto; il partigiano si presenta nella sua crudità. Non basta a Dante esser toscano; per trovar grazia appresso a Farinata bisogna ch' egli sia ghibellino. Chi fur li maggior tui? In quei tempi di tanta energia il partito non era solo legame di opinione, ma eredità di famiglia: tale il padre, tale il figliuolo:

Poscia che al piè della sua tomba fui,
Guardommi un poco, e poi quasi sdegnoso
Mi dimandò: chi fur li maggior tui?

Io ch'era di ubbidir desideroso,
Non gliel celai, ma tutto gliel apersi;
Ed ei levò le ciglia un poco in soso,
Poi disse: Fieramente furo avversi

A me, ed a' miei primi ed a mia parte,
Ond'io per due fiate gli dispersi.

L'impressione di queste fiere parole accompagnate da gesti così risoluti è irresistibile. E in che è posto dunque tale incanto che spieghi questa impressione? Forse in quel brusco: chi fur li maggior tui? o in quell'atto così significativo di altero corruccio: levar le ciglia in su? o forse in quell' unificare ch'ei fa sè e i suoi primi e sua parte, come fosse una sola anima e una sola passione? o in quel verbo, piantato li in ultimo, solitario e staccato, che nella sua sprezzante rapidità ricorda il veni, vidi, vici, di Cesare? In tutto questo, o piuttosto nel fondo stesso della concezione saputa afferrare di un getto da cui scaturisce tanta maraviglia ed evidenza di stile, in quel misto di passione e di forza in che è posto il carattere di Farinata. Di qui tanta concordanza di gesti e di parole che si comentano a vicenda: i gesti brevi e precisi; il dire rotto, brusco, imperativo, di un uomo d'opera e di comando; è la forza che si manifesta nella veemenza della passione, senza moti incomposti o esagerati, senza jattanza, con quella sicurezza che ha l'uomo serio quando - parla di sè. Troviamo ora nelle parole e riconosciamo quel Farinata, che ci parve nella figura si grande, superiore all'inferno.

Dante, abbiamo detto, avea in sè del Farinata. Quest'uomo tutto rimpicciolito innanzi a quella grande figura, estatico, ubbidiente, quando ode oltraggiare la sua famiglia, sia pure quegli che parla un Farinata, sente ribollirsi nelle vene il sangue de' padri suoi, e ci apparisce anch'egli colossale e sta a paro con Farinata. Ab

biamo tanta miseria di comentatori che qui si sentono impacciati, e disputano se Dante era guelfo o ghibellino quando Farinata gli parlava, e come essendo i suoi antenati guelfi e lui un ghibellino possa qui farsi difensore della causa guelfa. O i comentatori politici! Dante è qui nè guelfo, nè ghibellino; Dante è figlio, nè ci è cosa tanto. commovente, quanto questo Dante, che innanzi al nemico della sua famiglia e che le sta sopra col piede, obblia il suo partito e sè stesso, e diviene il padre suo e risponde:

S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogni parte

l'una e l'altra fiata;

Ma i vostri non appreser ben quell'arte.

[ocr errors]

Qui si sente che il foco dell' ira è montato sul viso di Dante, e che per la sua bocca parlano i suoi antenati. Farinata avea detto: Li dispersi per due fiate, -appoggiandovi sopra la voce; e Dante gli ritorna quel plurale distinto in due singolari, l'una e l'altra fiata; e qual sarcasmo nell'ultimo verso, dove in quell'arte male appresa di ritornare in patria si sente un comico serio, che presuppono in chi parla un riso, ma un riso amaro!

Arle mal appresa è uno di quei motti che restano inchiodati nella mente e non si dimenticano più. Il motto è lanciato, e Farinata l'ha raccolto.

Ma in questo rapido cambio di parole, tra botta e risposta, ecco sorgere dalla tomba il Cavalcanti, il padre di Guido, l'amico e il compagno di Dante.

Farinata avea chiesto: chi fur li maggior tui? Dante risponde esser egli Dante degli Alighieri. Questo nome, che avea destata l'ira di Farinata, sveglia ben altra impressione in colui che gli giaceva accanto, nel padre di Guido. Egli pensa: Dante e Guido sono amici, compagni, amendue di alto ingegno. Se Dante è qui e vivo, forse

anche qui è Guido, il figlio mio; e si leva in ginocchione a guardare:

D'intorno mi guardò, come talento

Avesse di veder s'altri era meco;

Ma poi che il sospe cciar fu in tutto spento,
Piangendo disse: se per questo cieco

Carcere vai per altezza d'ingegno,

Mio figlio ov'è? e perchè non è teco?

Ai contemporanei che aveano innanzi la storia di Guido e di Dante, questi versi dovettero suscitare molti sentimenti e idee e memorie per noi perdute: Dante stesso dovè scriverli con grande commozione, perchè, se al mille trecento, epoca del suo viaggio allegorico, Guido era ancor vivo, quando scriveva, era morto. E dovè pensare che per suo consiglio Guido fu mandato in bando; che se potè farlo rivenire a Firenze, fu troppo tardi, perchè mori pochi giorni dopo della malattia contratta nell'esilio; e che egli medesimo, chi glielo avrebbe detto quando Priore sbandeggiava il suo Guido? egli medesimo era esule, e disperato del ritorno. Di tutti questi sentimenti e ricordanze non c'è qui vestigio; tutto questo che pei contemporanei era vivo e presente, per noi è morto : perchè ne' lavori d'arte non rimane della storia se non quello solo che è appreso e fissato nella forma: tutto l'altro perisce irrimediabilmente: i comenti storici possono spiegare, chiarire, risuscitare fatti e circostanze e date; ma non i sentimenti e le impressioni e tante sfumature e gradazioni fuggevoli e intime in che è il fino dell'arte. Non c'è poesia che giunge a' posteri intera: una parte muore, nè può disseppellirla la storia. E qual meraviglia? Potete voi disseppellirmi il vostro jeri? Quante impressioni e sentimenti, e non è scorso che un giorno, sono già fuggiti dalla vostra memoria; e non torneranno mai più! Il poeta è uomo e vive nella storia in mezzo al

l'incidente, nè concepisce l'eterno se non insieme con quello che muore. Quanta parte di poesia è morta nella Divina Commedia, quante parole hanno perduta la loro freschezza, e quante frasi il loro colore, e quante allusioni il loro significato! La parola non può come lo scarpello o il pennello rappresentare tutta la figura; essa non s'indirizza a'sensi, ma alla immaginazione, e riesce allo stesso effetto spesso con un tratto solo, con un tutto, con un si ergea. Questo tratto è prosaico, quando lascia inerte e vuota l'immaginazione, ed è poesia quando molte idee accessorie tumultuarono nella mente dell'artista che le ha concepito, e quando esso ha virtù di svegliare nella mente del lettore altrettali idee accessorie. Ma, se queste idee sono personali, la comunanza di sentimenti tra il poeta e il lettore è interrotta, perchè le idee personali sono intransitive, non passano, non si trasmettono, restano nella persona e muojono con la persona. Mio figlio ov'è? e perchè non è teco? Questo verso che ha il suo interesse in molte idee personali, legate con que' tempi e con quegli uomini, ha potuto commovere i contemporanei; noi lascia freddi e muti. E nondimeno tutta questa poesia ha traversato i secoli con costante ammirazione; perchè le idee personali sono qui i contorni e gli antecedenti del fatto poetico, occasione e ispirazione, ma non materia e sostanza di una poesia che ha il suo valore e il suo interesse e le sue idee accessorie nella immortale e sempre giovine umana natura, e perciò conserva la sua freschezza, anche quando le impressioni e i fatti e i sentimenti che ispirarono il poeta sieno spenti. In ef fetti, l'interesse è qui posto ne' varii affetti e sentimenti da cui è travagliata l'anima di un padre, sia Cavalcante, sia altri. Certo non è indifferente, che il padre sia Cavalcante, che il figlio sia Guido e che il poeta sia Dante, e neppure, che guida di Dante sia Virgilio, da Guido avuto a disdegno: la realtà storica concorre all'effetto

« ÖncekiDevam »