Sayfadaki görseller
PDF
ePub
[merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small]

E 'n tal guisa conosco il cor distrutto. »

Ma questi due poeti, e dobbiamo dirlo, troppo fecero qui sfoggio di rime, cosicchè una tal poesia, invece di procedere col sostenuto andamento della canzone, sembra piuttosto tenere la maniera capricciosa e saltellante della frottola, o del ditirambo. In questo, che non so se debba dirmi difetto, caddero pure Guido Cavalcanti e Guido dalle Colonne, cui que' rimatori susseguenti tolsero ad imitare. Meglio però al Petrarca riuscì una tal prova nella canzone Vergine bella, ov' ei s'avvisò d'essere assai più parco di rime intermedie, una sola in ciascheduna stanza ponendone, e questa in fine nella guisa seguente:

[merged small][merged small][merged small][ocr errors]

Quella canzone, che dalla forma e dalla tessitura delle sue stanze, vien chiamata antica sestina, è pur essa un componimento assai malagevole: perciocchè la troppa distanza delle consonanze le dà l' aspetto d' un componimento languido e privo di grazia e d'armonia, e la ripetizione continua delle stesse voci finali porta seco agevolmente il rischio di risvegliare press' a poco le stesse idee. Vuolsi adunque nel poeta molt' arte e molta copia di concetti a far sì, che un tale componimento, scabro e disarmonico di sua natura, riesca leggiadro, pieno e maestoso. Bella nulladimeno, ed assai ben condotta, dee dirsi la sestina di Dante, la quale incomincia:

[ocr errors]

Al poco giorno, ed al gran cerchio d'ombra. »

Ancor più difficile si è l'altro genere di canzone, chia mata sestina doppia dalla seguente peraltro, di cui riporto solo una stanza, potrà conoscersi quanto il nostro Poeta fosse maestro in tuttociò, che spetta all'arte del verseggiare. Con sole cinque voci finali, cioè donna, tempo, luce, freddo e pietra, egli riuscì a fare una canzone, non breve al certo, perchè composta di sessantasei versi, la quale per la varietà e nobiltà de' concetti, per la proprietà dell' espressioni, per la vivezza delle immagini e per l'artifizio poetico, può dirsi in ogni sua parte compiuta e perfetta, ed infallibilmente superiore a quante di simili se ne rinvengono in tutti i poeti italiani : Amor, tu vedi ben, che questa donna

"

La tua virtù non cura in alcun tempo

Che suol dell' altre belle farsi donna.
E poi s'accorse ch'ell' era mia donna,
Per lo tuo raggio ch' al volto mi luce,
D'ogni crudelità si fece donna,
Sicchè non par ch' ell' abbia cor di donna,
Ma di qual fiera l'ha d'amor più freddo;
Chè per lo tempo caldo e per lo freddo
Mi fa sembianti pur com' una donna,
Che fosse fatta d' una bella pietra

Per man di quel, che me' intagliasse in pietra. cc. »

Questa maniera di poesia, se piacque a Dante talvolta, piacque altresì al Petrarca, il quale ci ha dato nel suo Canzoniere alquante di tali sestine e semplici e doppie. Ma in simili componimenti essendo il Poeta obbligato (come qui sopra accennai, e come può vedersi dal brano trascritto) a ripetere in ogni stanza, con ordine peraltro inverso, i vocaboli stessi con che terminano i versi della prima, è molto difficile, ch'ei giunga ad uscirne con plauso, non potendo, se non per opera di grande ingegno e di molto studio, far servir sempre le stesse parole alla varietà de' concetti. Adunque può facilmente accadere, che la cosa stessa si ridica quivi più volte, che si cada in freddure, e più particolarmente che si pongano delle espressioni non naturali, e delle frasi lambiccate e contorte. Così appunto accadde a parecchi rimatori contemporanei dell' Alighieri; ed il Petrarca altresì, abbenchè in ogni sua cosa sì forbito e sì terso, sembra in un tal genere di componimento non essere molto felicemente riuscito. Questo almeno è il giudizio del Tassoni, giudizio pur dato dal Sismondi allor che egli nella sua Istoria della letteratura del mezzogiorno dell' Europa, prese, fra le altre cose, a fare una censura delle sestine del cantore di Laura.

Cino da Pistoia, dolente per la perdita della sua amata, scrisse una canzone, la quale comincia La dolce vista e 'l bel guardo soave. Essa, non ha dubbio, racchiude qualche tratto peregrino e passionato sì come quello:

[ocr errors][merged small][merged small][merged small]
[merged small][ocr errors]

Ma quanto essa non è inferiore ai componimenti, che Dante scrisse intorno un eguale argomento? La canzone alla Morte, che apparisce dettata nel tempo d'una grave malattia di Beatrice, è una delle più affettuose di lui, e delle più belle che si abbia la lirica italiana. Tutte le stanze di questo nobil componimento cominciano con una invocazione alla Morte; e ad essa il Poeta dirige le sue parole, perciocchè vuol far prova d' ammansirla. Egli espone tutte le ragioni, che il cuore e l' intelletto potean suggerire ad un amante per arrestare il colpo fatale; e termina sperando che la Morte si rimuova dal suo fiero volere sì, che al mondo possa tuttavia far dono di sè quell' anima gentile, a cui dono di sè aveva fatto il Poeta. Ma questi concetti con qual bellezza di modi, con quale incanto di stile, con qual magnificenza di poesia sono significati!

[blocks in formation]

Tu togli a leggiadria il suo ricetto,
Tu l'alto effetto spegni di mercede......
Se chiudi, o Morte, la sua bella luce,

Amor potrà ben dire ovunque regna:
Io ho perduto la mia bella insegna....
Morte, adunque di tanto mal t'incresca,
Quanto seguiterà se costei muore,
Che fia il maggiore — che seguisse mai.
Distendi l'arco tuo sì, che non esca
Pinta per corda la saetta fuore,

Che per passare il core messa v' hai.
Mercè, mercè per Dio: guarda che fai:
Raffrena un poco il disfrenato ardire,
Che già è mosso per voler ferire

Questa, in cui Dio mise grazia tauta. »

66 0 canzone (egli termina) tu vedi bene com'è sottile quel » filo, a cui la mia speranza s' attiene, e quello ch' io più " possa senza di questa donna: però con tue ragioni muovi

" sommessa ed umile, e fa di non esser tarda: chè a tua » fidanza io ho avuto ricorso ai prieghi. Con quella umiltà, » di che ti ammanti, fatti dunque, o dolente mia canzone, » dinanzi alla Morte, sicchè ella voglia por modo alla sua cru» deltà. E s'egli avviene che per te sia rimosso il suo mici"diale volere, fa tosto di portarne novelle alla mia donna e " di confortarla ec. "

Così la ballata, che in morte della medesima Beatrice dettò, è tanto piena di sentimento e d'affetto, ed ha un tuono tale di gentile malinconia, che non riscontrasi, almeno di tanta efficacia, ne' rimatori di quell' età. In morte della sua Selvaggia scrisse Cino un' altra canzone, ed è questa uno de' migliori componimenti di lui:

« Oimè lasso! quelle treccie bionde,

Dalle quai rilucieno

D' aureo color li poggi d' ogni intorno;
Oimè la bella cera, e le dolci onde,

Che nel cor mi sedieno,

Di que' begli occhi al ben segnato giorno;
Oimè 'I fresco ed adorno

E rilucente viso ;

Oimè lo dolce riso,

Per lo qual si vedea la bianca neve
Fra le rose vermiglie, d'ogni tempo;

Oimè, senza meve,1

Morte perchè 'l togliesti si per tempo?

Oimè, caro diporto, e bel contegno;

Oimè dolce accoglienza,

Ed accorto intelletto, e cor pensato, ec. »

Ed il Petrarca altresì, piangendo la morte di Laura, e togliendo in questo ad imitare il poeta pistoiese, cantò:

[ocr errors][merged small]

Ma si ascolti anche per un momento l' Alighieri, e si vegga se egli in questa specie pure di componimento non meriti di star sopra ai poeti or ricordati:

«

Quantunque volte (ahi lasso!) mi rimembra,

1 Cioè, senza me.

Ch' io non debbo giammai

Veder la donna, ond' io vo si dolente,

Tanto dolore intorno al cor m'assembra
La dolorosa mente,

Ch' io dico: anima mia, chè non ten vai?
Chè li tormenti, che tu porterai

Nel secol, che t' è già tanto noioso,

Mi fan pensoso di paura forte;
Ond' io chiamo la Morte,

Come soave e dolce mio riposo :

E dico: Vieni a me; con tanto amore,

Ch'io sono astioso di chiunque muore, ec. »

Nè io riporterò qui alcun brano della canzone Gli occhi dolenti per pietà del core, che l' Alighieri sullo stesso argomento dettò, poichè io non saprei quale prendermi, o qual mi lasciare. Essa da cima a fondo un modello di perfetta poesia: e, se il lettore prenderà vaghezza di recarsela sott' occhio, non potrà a meno di scorgere che, se grande in essa è l'artifizio poetico, non è minore l' affetto e il sentimento.

Il sonetto:

[ocr errors][merged small]

1

racchiude una gentilissima imagine intorno ad Amore, che dal Muratori è detta assai viva e vaga, e che sebbene espressa con umili parole, pure è maravigliosamente aiutata da una graziosa semplicità. Cavalcando (egli dice) sopra pensiero tro» vai per via Amore in abito di pellegrino: dal sembiante pa» reami abbattuto, com'uomo di signoria caduto in servitù, » il quale sospirando procedea, per non veder persona, a fronte " bassa. Quando mi fu presso, chiamommi per nome, e dis" semi: Io vegno di là, ove per mio volere era il tuo core, " e conducolo a servire nuova bellezza. A queste parole tenni " sì ferma la mente mia, ch' Amore disparve, e non m' ac" corsi del come..... "

Bella pure è l'altra imagine intorno ad Amore, la quale riscontrasi nel sonetto:

A ciascun' alma presa e gentil core. »

Quivi egli dice: « Era già trascorsa la terza parte del tempo, in che le stelle n' appaiono più lucenti, quando Amore, la » cui rimembranza mi fa paura, improvvisamente m' apparve. Egli sembravami allegro: teneva in mano il mio core, e nelle » braccia avea madonna che dormiva. Poi la svegliava, e

"

1 Della perfetta poesia italiana, tomo I, pag. 202.

« ÖncekiDevam »