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Di cui parlava a me si dolcemente,
Che l'anima diceva: I' men vo' gire : "
Or apparisce chi lo fa fuggire ;7
E signoreggia me di tal virtute,

6

Che 'l cor ne trema sì, che fuori appare.
Questi mi face una donna guardare,8
E dice: Chi veder vuol la salute,
Faccia che gli occhi d'esta donna' miri,
S'egli non teme angoscia di sospiri.10
Trova contrario tal, che lo distrugge,
L'umil pensiero, che parlar mi suole
D' un' angiola, che in cielo è coronata.
L'anima piange, si ancor le 'n duole,
E dice: Oh lassa me! come si fugge
Questo pietoso, che m'ha consolata !`11
Degli occhi miei dice quest' affannata:
Qual' ora fu, che tal donna gli vide ?1
E perchè non credeano a me di lei ? 13
Io dicea: Ben negli occhi di costei
De' star colui, che le mie pari

12

1 uccide;

E non mi valse, ch' io ne fossi accorta,

Che non mirasser tal, ch'io ne son morta.15 Tu non se' morta, ma se' sbigottita,

Anima nostra, che sì ti lamenti,

Dice uno spiritel d'amor gentile : 16
Chè questa bella donna, che tu senti,17
Ha trasformata in tanto la tua vita,
Che n'hai paura; sì se'fatta vile.
Mira quant' ella è pietosa ed umile,
Saggia e cortese nella sua grandezza;
E pensa di chiamarla donna 18 omai:
Chè, se tu non t'inganni, ancor vedrai
Di si alti miracoli adornezza,

Che tu dirai: Amor, signor verace,
Ecco l'ancella tua; fa che ti piace.19
Canzone, i' credo che saranno radi

Color che tua ragione 20 intendan bene,

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La presente canzone è la prima di quelle riportate da Dante e comentate nel suo Convito: laonde non può esservi il minimo dubbio sulla sua originalità.24 Cotanto l'Alighieri si compiacque di questa sua filosofica canzone, nella quale ci narrò l'origine del suo secondo amore, vale a dire dell'amore per la filosofia, che volle rammentarla nel Paradiso, canto VIII, v. 37. A maggiore intelligenza di essa potrà leggersi il trattato II del Convito.

1 Voi, che, intendendo, il terzo ciel movete, cioè, voi angeliche intelligenze, che movete in giro, guidate nella sua orbita, il terzo cielo, ch'è quello di Venere. Secondo le dottrine scolastiche, i nove cieli erano nel loro moto diretti da altrettanti angeli.

2 Il ciel ec. Intendi: il cielo, ch'è guidato in giro dalla vostra virtù, m'ha tratto nella condizione presente.

3 Come l'anima trista piange in lui, cioè, come la dolente anima mi piange nel core.

4 Intendi: E come un nuovo affetto intellettuale, che viene in me per mezzo de' raggi della vostra stella, ragiona contro di lei, cioè, contro della dolente anima mia.

5 Un soave pensier ec, vale a dire, il dilettoso pensiero di Beatrice, il quale mi portava a contemplare il regno de' beati, ove si trova in gloria quella mia prima donna.

6 I'men vo'gire, cioè, me ne voglio andare colà, ove se ne andava il soave pensiero, di cui ha parlato di sopra.

Or apparisce chi lo fa fuggire. Intendi: Ora apparisce il pensiero del filosofico amore intellettuale, il quale fa fuggire il primo dilettoso pensiero dell' amor sensuale.

8 Questi mi face una donna guardare. Intendi: questo nuovo pensiero mi fa guardare una donna: e questa era la filosofia.

9 gli occhi d'esta donna, cioè, le dimostrazioni (come dichiara lo stesso Dante) d'essa filosofia.

10 S'egli non teme angoscia di sospiri, vale a dire, se non teme fatica di studio.

11 Questo pietoso, che m'ha consolata, vale a dire, quel primo pietoso ed umil pensiero, che avea consolato l'anima del Poeta, dolente per la perdita di Beatrice.

12 Qual' ora fu, che tal donna gli vide? cioè, qual momento fu mai quello per me, che gli occhi di tal donna incontrarono i miei?

13 E perchè non credeano a me di lei? cioè, e perchè non mi prestavano fede in ciò ch' io diceva di lei? Con queste parole (secondo che dice Dante stesso) riprende la disobbedienza degli occhi.

14 le mie pari, leggo con varii codici, fra i quali il palatino, invece di li miei pari, ch'è la lezione comune perchè è l'anima che parla: E là dov' e' dice le mie pari s'intende le anime libere dalle miserie, e vili dilettazioni, e dalli volgari costumi, d'in

gegno e di memoria dotate. Nel Convito, tratt. II, cap. 16.

15 tal, cioè, Amore (ch'è quel colui nominato due versi sopra), ch' io ne son morta, da cui io vengo uccisa.

16 uno spiritel d'amor gentile, vale a dire un pensiero, un affetto, che nasce dallo studio della filosofia.

17 che tu senti, vale a dire, di cui provi in te la forza.

18 donna, domina, signora.

19 Ecco l'ancella tua; fa che ti piace, fa di me ciò che ti piace, perciocchè io (l'anima del Poeta) son divenuta tua ancella.

20 tua ragione, tuo ragionamento, tuo discorso.

21 faticosa e forte, cioè, oscura e difficile a intendersi. Così nel Convito, tratt. II, cap. 4: E questa scusa basti alla fortezza del mio argomento,

cioè all'oscurità, come bene interpretò il Perticari.

22 Onde, se per ventura. Altri testi : Ma se per avventura.

23 diletta mia novella; parole d'affetto dirette dal Poeta alla canzone. Invece di Dicendo lor altri testi portano: E dichi lor.

24 Per provare l'originalità di questa e d' alcun' altra canzone, l' Arrivabene (pag. CCXX) ricorre all'autorità o del Petrarca, o del Tasso, o del Trissino ec. Ma a che serve qui l'autorità di questi scrittori, quando abbiamo quella di Dante medesimo? Non per quei componimenti, la cui legittimità era certissima, ma per quelli più particolarmente che erano dubbii ed incerti, dovea l' Arrivabene impiegar le sue indagini e la sua critica analisi.

CANZONE XV.

Amor, che nella mente mi ragiona
Della mia donna disïosamente,
Move cose di lei meco sovente,
Che l'intelletto sovr' esse disvia.1
Lo suo parlar sì dolcemente sona,
Che l'anima, ch'ascolta e che lo sente,2
Dice: Oh me lassa! ch' io non son possente
Di dir quel ch' odo della donna mia!
E certo e' mi convien lasciare in pria,
S'io vo' trattar di quel ch'odo di lei,
Ciò, che lo mio intelletto non comprende,
E di quel che s'intende

Gran parte, perchè dirlo non saprei.3
Però se le mie rime avran difetto,
Ch'entreran nella loda di costei,
Di ciò si biasmi il debole intelletto,*
E' parlar nostro che non ha valore
Di ritrar tutto ciò che dice Amore.

Non vede 'l Sol, che tutto 'l mondo gira,"
Cosa tanto gentil, quanto in quell' ora,
Che luce nella parte, ove dimora
La donna, di cui dire Amor mi face.
Ogni intelletto di lassù la mira ; 6

E quella gente, che qui s' innamora,
Ne' lor pensieri la trovano ancora,
Quando Amor fa sentir della sua pace.9
Suo esser tanto a quei, che gliel dà, piace,
Che infonde sempre in lei la sua virtute,10
Oltre il dimando di nostra natura.11

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E gli occhi di color, dov' ella luce,
Ne mandan messi al cor pien di disiri,
Che prendon aere, e diventan sospiri.
In lei discende la virtù divina,

Siccome face in angelo, che 'l vede:

14

13

E qual donna gentil questo non crede,
Vada con lei, e miri gli atti sui.
Quivi, dov' ella parla, si dichina 15
Uno-spirto 16 dal ciel, che reca fede
Come l'alto valor, ch'ella possiede,
È oltre a quel, che si conviene a nui.
Gli atti soavi, ch'ella mostra altrui,
Vanno chiamando Amor, ciascuno a prova,17
In quella voce 18 che lo fa sentire.

Di costei si può dire :

Gentile è in donna ciò che in lei si trova ;
E bella è tanto quanto lei simiglia.

E puossi dir, che 'l suo aspetto giova
A consentir ciò, che par maraviglia :
Onde la fede nostra è aiutata ;
Però fu tal da eterno ordinata.19
Cose appariscon nello suo aspetto,

17

20

Che mostran de' piacer del Paradiso,
Dico negli occhi e nel suo dolce riso,
Che le vi reca Amor, com'a suo loco.
Elle soverchian lo nostro intelletto,
Come raggio di Sole un fragil viso:
E perch' io non le posso mirar fiso,
Mi convien contentar di dirne poco.
Sua beltà piove fiammelle di fuoco,
Animate d'un spirito gentile,

Ch'è creatore d'ogni pensier buono ;
E rompon come tuono

Gl' innati vizii, che fanno altrui vile.
Però qual donna sente sua beltate
Biasmar, per non parer queta ed umile,21
Miri costei, ch'è esemplo d' umiltate :
Quest'è colei, che umilia ogni perverso:
Costei pensò Chi mosse l'universo.22
Canzone, e' par che tu parli contraro
Al dir d'una sorella che tu hai;
Chè questa donna, che tant' umil fai,
Quella la chiama fera e disdegnosa. 23

Tu sai, che il ciel sempre è lucente e chiaro,
E quanto in sè non si turba giammai ;

24

Ma li nostri occhi, per cagioni assai,
Chiaman la Stella 25 talor tenebrosa :
Così quand' ella la chiama orgogliosa,
Non considera lei secondo 'l vero,
Ma pur secondo quel che a lei parea;
Chè l'anima temea,

E teme ancora sì, che mi par fero
Quantunque io veggo 26 dov' ella mi senta.
Cosi ti scusa, se ti fa mestiero;

E quando puoi a lei ti rappresenta,
E di': Madonna, s' ello v'è a grato, 27
Io parlerò di voi in ciascun lato.

È questa la seconda canzone del Convito, nella quale l'autore prende a dire le lodi della filosofia, da lui simbo

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