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०५

Recat 25-Mar

DISSERTAZIONE

F844

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SULLE POESIE LIRICHE.

CAPITOLO I.

ANALISI DELLE POESIE EROTICHE DI DANTE.

Le poesie liriche di Dante Alighieri non cedono in bellezza a quelle di Francesco Petrarca. Quando pur non avessimo la Divina Commedia, per cui l' Alighieri sta sopra tutti i nostri poeti antichi e moderni, non potremmo a meno pel suo Canzoniere di salutarlo primo poeta dell' età sua. Guittone d' Arezzo, Brunetto Latini, Ser Noffo, Lapo Gianni, e tutti gli altri rimatori del 1300, comecchè uomini di dottrina e d' ingegno, non riuscirono a purgarsi della rozzezza di quel secolo; ed i loro componimenti non vanno scevri di maniere e di voci plebee. Ma Dante, conosciuto per tempo fino a qual punto potesse esser recato il volgare linguaggio, diede opera a purgarlo dalle barbare costruzioni, dalle maniere e voci sconcie e pedestri, e, trovati nuovi modi, nuovi costrutti, nuove forme originali, lo rese più bello e più ricco: colle gravi e peregrine sentenze lo vestì di dignità; coll' affetto e col sentimento lo fece caro ed accetto a chi pure lo dispregiava; e ben conoscendo che sole le cose agevolmente comprese possono trionfare sugli animi, studiò sopratutto alla proprietà e alla chiarezza. Per tal modo colle sue liriche riuscì a far sentire una dolcezza, un'eleganza, una forza, una maestà non per l' innanzi sentite.

La maggior parte delle rime amorose furono scritte da Dante all' entrar della sua gioventù. Così fino da quella prima età potè conseguire il nome d'eccellente poeta e di forbito scrittore nel materno idioma. Socrate facea credere che a lui

DANTE. 1.

1

dettasse un Genio: chi dubiterebbe che in un secolo tanto rozzo, e nel quale povero e manco era il soccorso che poteasi aver dalle scuole, Dante non fosse ammaestrato nelle più riposte ragioni del bello da uno spirito superiore? Ben sappiamo essere i poeti più formati dalla natura, che dall'arte: ed infatti tutti gli scrittori della vita di Dante, e fra questi Leonardo aretino, dicono che appena cominciò ad applicarsi allo studio, apparve in lui ingegno grandissimo e attissimo a cose eccellenti. Esiodo fu nella Grecia il precursore d'Omero; Ennio e Pacuvio annunziarono fra' Latini assai più da lunge Virgilio ed Orazio; e in tempi a noi men lontani una moltitudine di Trovatori, molti dei quali degni di lode, spianaron la via ad un Petrarca, come una schiera di poeti epici preconizzarono un Ariosto ed un Tasso. Ma Dante, quando si volesse porre a confronto con alcuno dei rimatori che il precedettero, a chi potrebbe rassomigliarsi? Con ragione può dirsi di lui quello che i mitologi fingon di Pallade.

Cosa lontana dal vero, e male affermata da alcuni, si è che l'Alighieri, il Cavalcanti e il Sinibuldi abbiano tratto molte idee e il fondo, per così dire, delle loro erotiche poesie da' Provenzali, perciocchè in questi poeti non riscontransi bellezze tali da poter in uomini di alto ingegno destar desiderio d'imitazione. Dee dirsi piuttosto che dall'esempio de' Provenzali furono i toscani ingegni incitati a darsi all'arte del dire per rima, e a dettar versi d'amore nel lor nativo linguaggio. Infatti è fuor di dubbio, che Dante meditò di per sè stesso ne' più incliti autori le leggi della poetica, e primo nel suo secolo conobbe le ragioni della poesia, la quale (com' egli afferma) non aveva allora nè metodi, nè forme, nè lingua. Pos-. sedendo l' Alighieri un ingegno elevato ed ardito, una mente in sommo grado inventrice, un' anima che fortemente sentiva, potè, come Michelangelo nelle Arti sorelle, trovare un nuovo ed un bello così sublime, che a ben pochi sarà dato il poter fare altrettanto. Dei primi suoi lavori parlando, cioè delle rime amorose, vi si ravvisa (dice il Ginguené) non senza qualche sorpresa, che certe figure, certe forme di stile, certe maniere passionate, che si credevano tutte proprie del Petrarca, erano molto tempo innanzi state inspirate a Dante da un dolore e da un sentimento forse più profondo e da un amore altrettanto verace.

Che il Canzoniere di Dante fosse opera cotanto eccellente da meritare i primi onori nel Parnaso italiano, era stato veduto e confessato da chiarissimi ingegni. Non volendo riportare le favorevoli opinioni dei due Villani, del Boccaccio, di Leo

1 Nella Vila Nuova, poco oltre la metà.

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nardo aretino e di altri antichi, che forse in cose di gusto non andavano molto avanti, dirò che il Muratori (il cui giudizio non potrassi a meno di tener per molto autorevole) parlò di questa sentenza: «Si ha pur da confessare che alcuni di quei poeti (del 1300) sono maravigliosi e degni di somma lode. Fra costoro occupa senza dubbio i primi scanni Dante il grande, cioè l' Alighieri, poichè l' altro da Maiano è assai » barbaro di lingua, e senza paragone inferiore al primo. Troppo è famosa la sua, come chiamasi, Divina Commedia; » ma io per me non ho minore stima delle sue liriche poesie, anzi porto opinione che in queste risplenda qualche virtù, " che non appare sì sovente nel maggior poema. Nè la roz"zezza impedisce il riconoscere nei suoi versi un pensar sugoso, nobile e gentile. Intanto mi sia lecito il dire che si " è fatto in certa maniera torto al merito di Dante, avendo » tanti spositori solamente rivolto il loro studio ad illustrare la Divina Commedia, senza punto darsi cura de' componi» menti lirici. Sarebbono essi tuttavia privi di commento, se >> il medesimo Dante non ne avesse comentati alcuni sì nel Con» vito e sì nella Vita Nuova. E pure non men della Comme» dia sua meritano queste altre opere di essere adornate con " nobili e dotte osservazioni. "

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Anche un altro critico, che gode il nome di giudizioso e valente, il padre Affò, non si tenne dall' affermare, come Dante pose studio particolare nelle sue canzoni veramente divine, e piene d' altissima filosofia, che le rende in ogni parte ammirabili, e come tale e tanta si fu l'energia e la forza d'esprimere in esse i suoi pensieri con evidenza e vivezza, che si rese quasi insuperabile. Ma a che d'uopo d'autorità, delle quali non potremmo aver certamente difetto, quando lo stesso Dante provava d'esse sue rime non lieve compiacimento? Nell'operetta del Volgar Eloquio ei le cita ad esempio più volte, ed ivi va dicendo, le sue canzoni essere le più forbite e perfette di tutt'altre; e nella Commedia se le fa ricordare dal lucchese Bonagiunta e dal musico Casella: il primo de' quali gli ricorda quella

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Donne, ch' avete intelletto d' amore; »

il secondo prende a cantargli l'altra

« Amor che nella mente mi ragiona. ›

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E il medesimo giudizio, ch' ei proferiva, fidato al testimonio di sua coscienza, la quale (come dice il Foscolo) raramente in

1 Della perfetta poesia italiana, lib. I, cap. I.

2 Dizionario precettivo ec., cap. IX.

ganna gli autori rispetto alle migliori opere loro, egli espresse altresì nella sua professione di fede, in que' versi

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« Il merito particolare delle canzoni di Dante (dice pur Ginguené)' è una forza, una elevatezza fin allora poco cono"sciute: elleno sono degne d' un filosofo quanto d'un poeta: » vi si ravvisa stile più maschio, pensieri più chiari e più grandi, una copia maggiore d'immagini e di comparazioni, in una parola più poesia che nei versi de' suoi contempo" ranei: sicchè quand' anche non avesse dettato la Divina Commedia, egli pur sarebbe il primo fra i poeti di quel se"colo." Dante per altro (così io sarei tentato di conchiudere) non è soltanto il primo poeta dell'età sua, ma uno de' primi onori del Parnaso italiano anche per le sole sue liriche poesie, poichè in esse dispiegò una forza ed elevatezza non solo per l'innanzi non conosciute, ma che ben pochi hanno finor pareggiate non che superate. Egli pel suo forbito e passionato Canzoniere erotico e filosofico, è forse il massimo fra quanti

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Rime d'amore usâr dolci e leggiadre. »

Infatti il cantor di Francesca non potea venir meno a sè stesso, quando l' ardente affetto accendealo a dettare

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o quando la perdita della amata persona faceagli sfogare in versi l'acerba doglia; nè il cantor d' Ugolino potea meno essere e pietoso e terribile allora ch' alla discorde ed ingrata patria lanciava pieno d'amore e di sdegno i suoi poetici accenti.

Fra i rimatori contemporanei dell' Alighieri distinguonsi, siccom'è noto, Guido Cavalcanti e Cino da Pistoia: ma questi pure non possono con esso lui contendere del primato. Dante medesimo, abbenchè tenesse Guido non minore a sè nell'altezza dell'ingegno, mettendo in bocca di Cavalcante le note parole (Inferno, canto X, v. 59):

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1 Histoire littéraire d'Italie, Première partie, chap. VII.

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