Laudiamo e benediamo (a), anzi che fine E scampi noi dall' eternal (c) ruine.2 5 I. Ave (e) regina vergine Maria II. Piena di grazia: Iddio è (f) sempre teco: IV. E 'l frutto del tuo ventre (h), il qual io preco I. Ave Maria, II. Gratia plena; Dominus tecum: III. Benedicta tu in mulieribus: IV. Et benedictus fructus ventris tui, Jesus. (a) omai a dritto Laudare e be (e) Salve (f) sia 6 (g) Più ch'altra donna benedetta e pia (h) E benedetto il frutto (QUADRIO) vuol però che le grazie passino per mano di lei. Oltra che, essendo il figliuolo anche giudice, sovente la sua misericordia è trattenuta dalla sua giustizia; dove la madre essendo pura nostra avvocata, fa solo le nostre parti, sollicitando precisamente a misericordia. Però a lei la Chiesa favella in quel modo, non già riputandola di quelle grazie sorgente primaria e per sè, come calunniosamente spacciano di noi gli Acattolici, ma secondaria e per mediazione. 5 Or qui comincia quella preghiera a Maria, che c'insegna di porgere: e questa è la salutazione angelica, della eccellenza della quale già sopra si è detto, e che per esser qui dal Poeta assai chiaramente esposta, non abbisogna di altre note. 6 Il medesimo Dante usò questa voce di preco, invece di prego, nel Che ci guardi dal mal, Cristo Gesù, Sia benedetto, e noi tiri con seco (a). Òra per noi a Dio, che (b) ci perdoni,1 Che 'l Paradiso al nostro fin ci doni (c). V. Sancta Maria, mater Dei, ora pro nobis peccatoribus nunc, et in hora mortis nostræ. (a) E che alla nostra fin ci tiri seco (b) che Cristo suo gran Poema, Inferno, canto XV, v. 34: Io dissi lui, quanto posso ven preco : e usò la medesima licenza in detta voce, anche quando era sostantivo, invece di priego, significante preghiera (ivi, canto XXVIII, v. 89): Non farà lor mestier voto, nè preco. 1 Ottima spiegazione delle parole, Ora pro nobis peccatoribus nunc ec. Perciocchè due regole abbiam noi in questa vita a tenere (come insegna maestrevolmente il pontefice san Gregorio) che sono: innanzi al peccato temer la giustizia; e dopo al peccato sperar la misericordia. Ma altresì è agevole che in due scogli urtino ingannati i mortali : l'uno è di abusare della divina tolleranza, dimorando a pentirsi, se son peccatori; e l'altro è di fidarsi a peccare, sul riflesso che Dio aspetta i peccatori a perdono. Le vere regole son le seguenti, mostrateci colla scorta (c) E che a viver ci dia si ben quaggiù, Che a nostra fin Paradiso ci doni (QUADRIO). dai dell' Evangelio universalmente santi Padri, per adempiere le quali aver non possiamo mediatrice più efficace appo il Signore, che la Vergine benedetta sua madre: la prima è di convertirci subito a lui dopo il peccato, pieni di calda fiducia, ch'egli sia, come infinitamente misericordioso, per perdonarci, se facciamo a lui ricorso per tempo. E avvedutamente perciò dice Dante alla vergine: Ora per noi ec.; l'altra è, che dopo la sincera nostra conversione studiamci di viver bene, pieni d'alto timore, che Dio non sia, come infinitamente giusto, per castigarci se abusiamo di sua pazienza: che è ciò, di che volle ammonirci sant' Agostino (De Doctr. Christ. Non potest male mori, qui bene vixerit: et vix bene moritur, qui male vixit), dicendo, che non può morir male, chi avrà ben vivuto; e che appena ben muore, chi ha mal vivuto. E perciò pur sog. giunge a Maria divinamente il medesimo Dante: E che a viver ci dia ec. EGLOGHE LATINE DI GIOVANNI DEL VIRGILIO E DI DANTE ALIGHIERI COLLE NOTE LATINE DI ANONIMO CONTEMPORANEO E COLLE ILLUSTRAZIONI DI MONSIGNOR DIONISI, TRATTE DAL IV DE' SUOI ANEDDOTI, VERONA 1788; AGGIUNTAVI LA TRADUZIONE ITALIANA IN VERSI SCIOLTI DI FRANCESCO PERSONI Accademico filarmonico di Verona. |