Trionfal carro a gran gloria conduce. Io, che gioir di tal vista non soglio, Per lo secol noioso in ch'io mi trovo, Voto d'ogni valor, pien d'ogni orgoglio, L'abito altero, inusitato, e novo Mirai, alzando gli occhi gravi e stanchi; Ch' altro diletto che 'mparar non provo. Quattro destrier via più che neve bianchi, Sopr' un carro di foco un garzon crudo, Con arco in mano, e con saette a' fianchi Contra le quai non val elmo nè scudo; Sopra gli omeri avea sol due grand' ali Parte presi in battaglia, e parte uccisi, Vago d' udir novelle, oltra mi misi Tanto, ch' io fui nell' esser di quegli uno, Ch' anzi tempo ha di vita Amor divisi. Allor mi strinsi a rimirar s' alcuno Riconoscessi nella folta schiera 15 20 25 30 - 35 40 Mi si fe' incontro, e mi chiamò per nome, Contende agli occhi tuoi; ma vero amico Scoperson quel che 'l viso mi celava, E' fu ben ver; ma gli amorosi affanni Mi spaventar sì, ch' io lasciai l'impresa; Ma squarciati ne porto il petto e i panni. Così diss' io, ed ei, quand' ebbe intesa La mia risposta, sorridendo disse: 45 50 55 O figliuol mio, qual per te fiamma è accesa ! Io non l'intesi allor, ma or sì fisse E Sue parole mi trovo nella testa, Che mai più saldo in marmo non si scrisse. per la nova età, ch' ardita e presta Dimmi per cortesia, che gente è questa 65 Di quì a poco tempo tu 'l saprai Per te stesso, rispose, e sarai d'elli; Tal per te nodo fassi, e tu nol sai. E prima cangerai volto e capelli, Che 'l nodo, di ch' io parlo, si discioglia Che così vita e libertà ne spoglia. Quest' è colui che 'l mondo chiama Amore, Amaro, come vedi, e vedrai meglio Quando fia tuo, come nostro signore. Mansueto fanciullo, e fiero veglio ; Ben sa chi'l prova, e fiati cosa piana Nudrito di pensier dolci e soavi, Vista vien prima, è Cesar, che 'n Egitto Se vinse il mondo, ed altri ha vinto lui, Che del suo vincitor si glorie il vitto. Più giustamente) egli è Cesare Augusto, La morte di Creusa, e 'l suo amor tolse A quel che 'l suo figliuol tolse ad Evandro. Udito hai ragionar d' un che non volse Consentir al furor della matrigna, E da' suoi preghi per fuggir si sciolse; Ma quella intenzion casta e benigna L'uccise, sì l'amor in odio torse D' Ippolito, di Teseo, e d'Adrianna, Tal biasma altrui, che se stesso condanna; Che chi prende diletto di far frode, Non si de' lamentar s' altri l' inganna. Preso menar fra due sorelle morte, Quell' è Giason, e quell' altra è Medea, Tanto al suo amante più turbata e fella, Del barbarico amor che 'l suo gli ha tolto. Odi poi lamentar fra l'altre meste Enone di Paris, e Menelao 120, 125 130 135 140 D' Elena, ed Ermion chiamare Oreste, E Laodamia il suo Protesilao, Ed Argia Polinice, assai più fida Che l' avara moglier d' Anfiarao. |