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SONETTO XIX.

ARGOMENTO.

Come si conforti della morte dell' amico Sennuccio, nel pensiero di sua presente felicità.

SENNUCCIO mio, benchè doglioso e solo
M'abbi lasciato, i' pur mi riconforto,
Perchè del corpo, ov' eri preso e morto,

Alteramente se' levato a volo.

Or vedi insieme l' uno e l' altro polo,
Le stelle vaghe, e lor viaggio torto,
E vedi 'l veder nostro quanto è corto;
Onde col tuo gioir tempro 'I mio duolo.
Ma ben ti prego che 'n la terza spera

Guitton saluti, e messer Cino, e Dante,
Franceschin nostro, e tutta quella schiera.

Alla mia donna puoi ben dire in quante
Lagrime i' vivo; e son fatto una fera,
Membrando 'l suo bel viso e l'opre sante.

SONETTO XX.

ARGOMENTO.

È continuo il suo piangere e sospirare da che Laura si morì; e ogni sasso, ogni fronda, ogni erba di quel luogo sa la penosa sua vita.

I' ho pien di sospir quest' aer tutto,
D'aspri colli mirando il dolce piano
Ove nacque colei ch' avendo in mano
Mio cor in sul fiorire e 'n sul far frutto,

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gita al cielo, ed hammi a tal condutto

Col subito partir, che di lontano

Gli occhi miei stanchi lei cercando in vano,
Presso di se non lassan loco asciutto.

Non è sterpo, nè sasso in questi monti,
Non ramo o fronda verde in queste piagge,
Non fior in queste valli o foglia d' erba ;

Stilla d'acqua non vien di queste fonti,
Nè fiere han questi boschi sì selvagge,
Che non sappian quant' è mia pena acerba.

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SONETTO XXI.

ARGOMENTO.

Benedetta quell' anima celeste, che seppe con sì bell' arte spegnere in

lui ogni disonesto desio, facendo se di gloria eterna, e lui di fama immortale.

L'ALMA mia fiamma oltra le belle bella,
Ch' ebbe quì 'l ciel sì amico e sì cortese,
Anzi tempo per me nel suo paese
È ritornata, ed alla par sua stella.

Or comincio a svegliarmi, e veggio ch' ella
Per lo migliore al mio desir contese,
E quelle voglie giovenili accese
Temprò con una vista dolce e fella.

Lei ne ringrazio, e 'l suo alto consiglio,
Che col bel viso e co' soavi sdegni

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O leggiadre arti e lor effetti degni!

L'un con la lingua oprar, l' altra col ciglio,

Io gloria in lei, ed ella in me virtute.

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SONETTO XXII.

ARGOMENTO.

Benedetta ancora colei che seppe invogliarlo a gloria e a virtù, sceverandolo dalla vulgare schiera.

COME va 'l mondo! or mi diletta e piace
Quel che più mi dispiacque; or veggio e sento
Che per aver salute ebbi tormento,

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E breve guerra per eterna pace.

speranza, o desir sempre

fallace!

E degli amanti più, ben per un cento;
O quant' era 'l peggior farmi contento
Quella ch' or siede in cielo e 'n terra giace!

Ma 'l cieco Amor e la mia sorda mente
Mi traviavan sì, ch' andar per viva
Forza mi convenia dove morte era.

Benedetta colei ch' a miglior riva

Volse 'l mio corso, e l' empia voglia ardente
Lusingando affrenò, perch' io non pera !

SONETTO XXIII.

ARGOMENTO.

Come alla vista della nascente aurora gli rinnovelli amore il desiderio di Laura.

QUAND' io veggio dal ciel scender l' Aurora
Con la fronte di rose e co' crin d' oro,
Amor m' assale, ond' io mi discoloro,
E dico sospirando ivi è Laura ora.

O felice Titon! tu sai ben l' ora

Da ricovrare il tuo caro tesoro ;

Ma io che debbo far del dolce alloro,

Che, se'l vo' riveder, conven ch' io mora?

I vostri dipartir non son sì duri;

Ch' almen di notte suol tornar colei

Che non ha a schifo le tue bianche chiome.

Le mie notti fa triste e i giorni oscuri
Quella che n' ha portato i pensier miei,
Nè di se m' ha lasciato altro che 'l nome.

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