SONETTO XXIV. ARGOMENTO. Poichè le bellezze spiratrici degli amorosi suoi canti sono per moric distrutte, cessi il cantar d'amore. GLI occhi di ch' io parlai sì caldamente, Le E le braccia, e le mani, e i piedi, e'l viso, crespe chiome d' or puro lucente, Ed io pur vivo, onde mi doglio e sdegno, In gran fortuna e ʼn disarmato legno. Or sia quì fine al mio amoroso canto; SONETTO XXV. ARGOMENTO. Se, vivente Laura, creduto avesse che fossero per essere sì care le sue rime, avrebbe posto in quelle più studio; ma, involatagli quella ch'era spiratrice del suo canto, non sa più se non piangere e sospirare. S' io avessi pensato che sì care Fossin le voci de' sospir mie' in rima, Morta colei che mi facea parlare, E che si stava de' pensier mie' in cima, Non posso, e non ho più sì dolce lima, aspre e fosche far soavi e chiare. Rime E certo ogni mio studio in quel temp' era In qualche modo, non d'acquistar fama. Pianger cercai, non già del pianto onore; SONETTO XXVI. Chc, ARGOMENTO. rimaso per la morte di Laura scemo d' ogni suo bene, non può far più altro, se non dolorosamente sospirare. SOLEASI nel mio cor star bella e viva, L'alma d' ogni suo ben spogliata e priva, Che piangon dentro, ov' ogni orecchia è sorda, Veramente siam noi polvere ed ombra, SONETTO XXVII. ARGOMENTO. Fra i tristi pensieri che gli anneravano la mente quando Laura viveva, erano molti lieti e ridenti; ma nullo al presente lo conforta, se non quello della beatitudine di lei. SOLEANO i miei pensier soavemente Poi che l'ultimo giorno e l' ore estreme Nostro stato dal ciel vede, ode, e sente; Altra di lei non è rimaso speme. O miracol gentile! o felice alma! O beltà senza esempio altera e rara! Ivi ha del suo ben far corona e palma > SONETTO XXVIII. ARGOMENTO. A torto già si dolse d'esser prigione d'Amore, ma con ragione adesso che Morte l'abbia sprigionato. I' mi soglio accusare, ed or mi scuso, Invide Parche, sì repente il fuso Troncaste, ch' attorcea soave e chiaro Che non fu d'allegrezza a' suoi dì mai, Togliendo anzi per lei sempre trar guai, |