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fera alcuno errore; luce perchè illumina (33) noi nelle tenebre dell' ignoranza mondana. Questa dottrina dico che ne fa certi sopra tutte altre ragioni; perocchè Quelli la n'ha data, che la nostra immortalità vede e misura, la quale noi non potemo perfettamente vedere mentrechè 'l nostro immortale col mortale è mischiato; ma vedemolo per fede perfettamente; e per ragione lo vedemo con ombra d'oscurità, la quale incontra per mistura del mortale coll' immortale. E ciò dee essere potentissimo argomento, che in noi l'uno e l'altro sia; ed io così credo, così affermo, e così certo sono, ad altra vita migliore dopo questa passare; là dove quella gloriosa donna vive, della quale fu l'anima mia innamorata, quando contendea, come nel seguente Capitolo si ragionerà.

CAPITOLO X.

Tornando al proposito, dico che in questo verso (1), che comincia: Trova contraro tal,

(33) allumina, pr. ed. ed alcuni codici. E. M.

(1) Avverti di nuovo che Dante in questo libro usa assolutamente verso in vece di strofa o stanza di Canzone; comecchè nel Trattato del Volgare eloquio, lib. 2. cap. 10., abbia di poi insegnato che la stanza dicesi avere versi quando essa ha divisione, e dopo di questa vi si fa ripetizione di oda, cioè di cauto. Sicchè, secondo una tale dottrina, (ripetuta dal Trissino nella quarta divisione della sua Poetica, e dal Tasso nel Dialogo intitolato La Cavalletta) verso non sarebbe vocabolo sinonimo di stanza, ma si bene un accidente di essa. Conviene

che lo distrugge, intendo manifestare quelle che dentro a me l'anima mia (2) ragionava, cioè l'antico pensiero contro al nuovo (3): e prima brevemente manifesto la cagione del suo lamentevole parlare, quando dico: Trova contraro tal, che lo distrugge, L'umil pen

perciò dire che quando Dante scriveva il Convito, benchè di già autore delle più belle Canzoni che fino allora fossero state composte nel nostro idioma, non avesse ancora bene stabilito quel minuto linguaggio dell'arte, che avrà formato da poi quando intese a farsi legislatore della volgare eloquenza E. M.

(2) Ritornati alla mente, o lettore, che l'antico pensiero, cicè, quello che manteneva il campo per la gloriosa Beatrice è detto anima, perocchè l'ultima sentenza della mente, cioè lo sentimento, si leneu per esso. Ved. cap. v11. in fine. Che da questa aninia o vogliam dire, general pensiero col consenti. mento si partiva uno spezial pensiero a contemplate Beatrice, per lo regno de' Beati. Vedi cap. vII ጸ mezzo. Che questo spezial pensiero era fatto fuggire da un nuovo pensiero, il quale per via di lusinghe tirava l'anima a contemplare una nuova donna. Vedi il cap. cit. in fine. P.

(3) La frase contro al nuovo potrebbe essere aggiuntiva di qualità al sostantivo pensiero; e allora il discorso piglia questa sentenza: Intendo mauifestare quello che dentro a me ragionava l'antico pensiero che è contrario al nuovo. Potrebbe anche esprimere il termine dell'azione significata pel verbo ragionare, ed in allora la sentenza sarà; Întendo manifestare quello che l'antico pensiero dentro me ragionava contro al nuovo. In tal caso però, siccome il ragionare dell'antico pensiero, cioè, dell'anima è tutto, come si vedrà, contro gli occhi dell'A. e non altro; bisogna dire che il proposito di Dante si conviene col fatto solamente per una cotal via indisetta, per quanto, cioè i rimproverii al fallo degli occhi comprendono una tacita contrarietà al nuovo pensiero, che gl' indusse a fallire. P.

Vol. ii.

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siero che parlar mi suole D'un' Angiola che 'n cielo è coronata Questo (4) è quello spezia. le (5) pensiero, del quale detto è di sopra, che solea esser vita del cor dolente. Poi quando dico: L'anima piange, sì ancor len duole, manifesto l'anima mia essere ancora dalla sua parte (6), e con tristizia parlare; e dico che dice parole lamentandosi, quasi come si maravigliasse della subita trasmutazione (7), dicendo: oh lassa me, come si fugge Questo pietoso (8) che m'ha consolata! Ben può dir consolata, chè nella sua grande perdita (9) questo pensiero, che in cielo salia, le avea data molta consolazione. Poi appresso (10), a scusa di sè, dico che si volge tutto lo mio pensiero, cioè l'anima, della quale dico questa affannata, e parla contro agli occhi; e questo si manifesta quivi: Degli occhi miei dice questa affannata. E dico ch'ella dice di loro e contra a loro tre cose: (11) la prima è,

(4) Questo umil pensiero. P.

(5) speziale, il cod. Barb., il secondo Marc., il Vat. Urb., i Gadd. 134, 135 secondo. 3. spiritual pensiero, i testi stampati ed alcuni mss. E. M. (6) Cioè, tenere tuttavia con esso lui. P.

Cioè, della trasmutazione accaduta in sè. P. (8) Intendi: pietoso pensiero. P.

(9) Nel trapassamento all'altra vita della gloriosa Beatrice. P.

(10) Ordina: Poi appresso, dico che tutto lo mio pensiero, cioè l'anima della quale dico questa affannata, si volge a scusa di sè e parla contro gli occhi. P.

(11) Da queste parole fino a quelle della Canzone riportate, che tal donna gli vide, il Tasso ha condotta la consueta linea in margine, e vi contrappose il distintivo N. (Nota). E. M.

che bestemmia l'ora che questa donna gli vide. E qui si vuole sapere, che avvegnachè più cose nell'occhio (12) a un'ora possano venire, veramente quella che viene per retta linea nella punta della pupilla, quella veramente si vede, e nella immaginativa si suggella solamente. E questo è, perocchè il nervo, per lo quale corre lo spirto visivo, è diritto a quella parte; e però veramente l'occhio l'altro occhio (13) non può guardare, sicchè esso non sia veduto da lui; chè siccome quello che mira riceve la forma della pupilla per retta linea, così per quella medesima linea la sua forma se ne va in quello che la mira (14); e molte volte nel dirizzare di questa

(13) negli occhi, pr. ed. E. M.

13) Per altro occhio, intendi l'occhio d' un' altra persona. P.

(14) lo non so quasi intendere come sia avvenuto che di tanti perspicacissimi editori e critici del Convito, nessuno abbia finora veduto lo sconcio di questa comune lezione: in quello che la mira. Per la quale, dopo si bel sottilizzare di ragioni, si viene a dire che l'occhio mirante è mirato dall'occhio che lo mira, cioè, una sentenza affatto scempia ed inutile al discorso, che è posto tutto per condurre la mente del lettore ad intendere, che dove l'anima bestemmia l'ora che questa donna vide gli occhi, la bestemmia istessa torna sopra di loro e contra loro; perchè la donna non gli avrebbe veduti, se essi non l'avessero guardata. Scrivi adunque in quello ch' ello mira, cioè, in quell'occhio che è mirato da esso occhio mirante. Del resto è facilissimo montare all' origine della corruzione; perchè si vede che essendo scritto, come solevano tutto in un corpo chelo, ovvero chela se ti piace tenere il più possibile della volgata e riferire a pupilla, un altro copista poi ne fece che lo, o che la, invece di ch' ello, o ch' ella. P...

linea (15) discocca l'arco di colui, al quale ogni arma è leggiera. Però quando dico, che tal donna gli vide, è tanto a dire, quanto che gli occhi suoi e li miei si guardaro. La se conda cosa, che dice, si è, che riprende la sua (16) disubbidienza, quando dice: E perchè non credeano a me di lei? Poi procede alla terza cosa, e dice: che non dee sè ripren• dere di provvedimento (17), ma loro di nou ubbidire; perocchè dice che (18) alcuna volta di questa donna ragionando dicesse (19): negli occhi di costei dovrebbe essere virtù sopra me, se ella avesse aperta (20) la via di venire (21); e questo dice qui: Io dicea: ben negli occhi di costei (22). E ben si dee credere che l'anima mia conoscea la sua disposizione atta a ricevere l'atto di questa donna (23), e

(15) Qui tocca per incidenza il frequentissimo caso, che nello scontrarsi gli occhi insieme, le anime rimangono impigliate d'amore. P.

(16) la sua, per la loro. E. M.

(17) Vale a dire: di poco provvedimento. E. M. 18) perocchè dice: se alcuna volta ecc., tutti i testi; ma è lezione che non ha senso. E. M.

(19) ragionando dicesse (cioè sè aver detto), cosi i codici Marc., ed i Gadd. 134 e 135 secondo. L'ediz. Biscioni: ragionando dicessi. E. M.

(20) operata pr. ed., e cod. Gadd. 134. E. M. (21) Cioè tanta virtù da potere superarmi, se le fosse, per gli occhi miei, aperta la via di venire a me, cioè mcco a contrasto. P.

Sottintendi di venire a me. E. M.

(22) Supplisci l'altro verso: De' star colui che li miei pari uccide. P.

(23) Intendi: conoscea d' avere in sè passibilità all'atto di questa donna, o per dire fuori di forma filosofica, si conoscea da meno di questa donna. P.

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