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contesto del discorso, cioè dalla ragione logica o gramaticale, dall'analogia che diversi passi di questo libro hanno fra di loro o con altri delle altre opere di Dante, dal consueto modo col quale egli esprime i proprii pensieri, e finalmente dal testo degli autori da lui allegati.

Seguendo in tal modo i precetti della sana Critica, ed essendoci posta una legge di non mutare che quelle lezioni dalle quali, dopo maturo e replicato esame, non risultava un senso ragionevole, le emendazioni in più luoghi ne si presentarono così sicure e spontanee, che niuna autorità di testi ne potrebbe persuadere che non debbasi leggere secondo la nostra correzione. Con eguale franchezza ci siamo condotti nello espungere alcune di quel le postille o rubriche marginali che l'ignoranza de' copiatori aveva introdotte nel testo, e che diconsi glossemi. V'ha però de' luoghi ove il senso della correzione ne si presentava bensi con tutta certezza, ma non così ci era dato di indovinare le parole nè le costruzioni dell'Autore, cui scorgevamo mancanti o scompigliate. Tale si è il caso di quelle molte ommissioni, chiamate dai Critici lagune, che s'incontrano nel Convito, e sono evidentissime. Non ci sia mo nulladimeno astenuti dal rimediarvi per congettura probabile, adoperando d'impiegare il meno di parole che fosse possibile, e di farle conformi all'usato stile dell' Autore.

Le edizioni venete del Pasquali e dello Zatta, fatte nel secolo scorso, non sono che testuali ripetizioni di quella del Biscioni pei Tartini e Franchi.

Sia però che le einendazioni provengano da testi manoscritti o stampati, sia che le abbiamo trovate di nostro ingegno, niun mutamento si è fatto senza avvisarlo nelle annotazioni al piede della pagina. E dove talvolta la ragione d'alcuna non appariva a primo aspetto da sè, ne abbiamo reso conto minutamente. Solo ci siamo allargati da questa legge alcuna, benchè rarissima, fiata quando il cambiamento manifestamente necessario aveva il suo fon. damento in qualche testo, ed era così poco rilevante, che ci pareva al tutto misera cosa il farne cenno.

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Non abbiamo ancora dato ragione (salvo in qualche caso speciale che può servire d'esempio) della interpunzione e della ortografia da per tutto rettificate; perocchè queste essendo poste quasi a caso nell'edizione volgata, il farlo sarebbe stato assai lungo e di nissun vantaggio.

Col sussidio della punteggiatura ci siamo però stu liati, senza allontanarci dalla semplicità di rompere molte oscurità del testo, ed abbiamo voluto che ogni fatica in questa parte fosse nostra, e che il meno possibile ne dovesse riman. re ai lettori.

Quanto a certe parlature o idiotismi volgari, come sarebbono Senaca per Seneca, Salamone per Salomone, Pagolo Aurosio per Paolo Orosio, anforismi per aforismi, protesto per pretesto, ed altri di questa natura, gli abbiamo tutti espunti senza riguardo, siccome rea feccia de'menanti, indegna della nobile locuzione di Dante, di quel Dante che si

fortemente sdegnavasi contro ogni cosa che sapesse di plebe, e che non iscrisse a quel modo nella Divina Commedia, nè avrebbe cosi voluto operare in un libro ch'ei destinava a mostrare la gran bontà del Volgare di St (48). Abbiamo nondimeno conservati nella loro antica forma alcuni vocaboli, come sanza per senza, quelli per quegli, elli per egli, ed altri tali; e piuttosto ci siamo preso cara di non usare troppo indifferentemente ora l'una ora l'altra di queste maniere, siccome fece il Biscioni.

Nelle annotazioni riportiamo sempre esattamente la lezione volgata che si rifiuta (tranne in quelle lievissime mutazioni dette di sopra); onde il lettore, che non contento fosse di quanto per noi si è fatto, possa vedere come il testo stava da prima, e lo emendi, come a lui pare il meglio, da se; ovvero, dove noi fossimo caduti in inganno nel giudicare errata qualche lezione, egli non sia fraudato, di quella che già era immune di errore.

Chiarezza e sobrietà sono te doti che abbiamo cercate in coteste annotazioni; perciocchè venendo esse immediatamente sotto il testo, non è d'uopo d'informarne con lungo discor. so il lettore, al quale si può dire col nostro Autore medesimo:

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Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba.,, Chi però amasse di vedere anche più stesa. mente ragionati alcuni errori, legga il SAG

(48) Conv. pag. 70..

GIO ecc. già pubblicato; e questa lettura potrà tornargli utile e dilettevole.

Bel pregio poi di esse annotazioni si è l'andar ornate dell'indicazione de' luoghi che il Tasso segnò nel Convito, e di alcune sue brevi postille al medesimo; alle quali altre se ne aggiungono del grande apologista di Dante, Giulio Perticari: e si quelle che queste erano inedite.

Le postille del Tasso ed il cenno de' luoghi da lui contrassegnati sono tolti da un esemplare della stampa del Sessa, che porta scritto su una carta di fronte: Questo libro fu postillato dal Tasso nel 1578; e le postille si riconoscono autografe dal confronto con altre originali scritture del grand' Epico italiano. L'esemplare poi com'è notato nel SAGGIO ecc. (49), è un prezioso dono fatto alla signora contessa Costanza Perticari Monti dal sig. conte Paolo Machirelli di Pesaro. Ed in Pesaro appunto dimorò Torquato per alcun tempo in quell'anno 1578; e sappiaino da una sua lettera all'abate don Angelo Grillo (50), ch'egli aveva fatto delle annotazioni sopra it Convito, alle quali avrebbe fatte volentieri alcune poche aggiunte. Ma per quanto le note che si sono trovate ne'margini di questo esemplare siano piccola cosa, è nulladimeuo sommamente curioso ed importante il vedere indicati dalla mano medesima di un tant' uomo,

(49) Pag. VIII.

(50) Tasso Opere, Firenze pei Tartini, e Franchi, tom. V., Lettere diverse, Lett. N. 60.

quale fu Torquato, que' luoghi ch'ei riputava degni di particolare attenzione in quest' opera del gran padre Alighieri.

Dopo il Convito poniamo la raccolta de'passi di varii autori allegati da Dante nel corso del suo lavoro; giacchè avrebbe cagionato soverchia lunghezza il riportarli nelle annotazioni. In essi si vedrà la prova di moltissime correzioni che, disperate ne' codici, gli antecedenti editori avevano prontissime, e nondimeno non vollero o non seppero usarne. Servono poi mirabilmente ad introdurre lo studioso nell'intima cognizione delle dottrine e delle opinioni dell'Alighieri mostrandone le sorgenti. Perciocchè Dante faceva scoppiare infiniti e bellissimi lumi dal suo divino intelletto, altri ne traeva dalle opere de' sommi Greci e Romani, in molte cose adagiavasi sulle dottrine allora correnti; ma ora taluni van. no cercando e pretendono di trovare in esso la propria opinione; nè potrebbe ben dirsi fin dove saremo per giungere. Della grave fatica di mettere insieme quelle citazioni, e di riscontrarle in molti volumi, taluno anche manoscritto, noi siamo grati all' eruditissimo signor abate don Pietro Mazzucchelli, degno Prefetto della Biblioteca Ambrosiana, da noi più volte meritamente encomiato nelle note, al quale andiamo debitori eziandio di utilissimi suggerimenti intorno alla correzione di questo difficilissimo libro.

E qui vogliam pure appalesare gli obblighi che professiamo grandissimi al signor Salvatore Betti, letterato d'illustre fama ed uno

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