Questa sensibil prole! Piacqueti che delusa Fosse ancor dalla vita La speme giovanil; piena d'affanni Ponesti all'uman corso. Ahi perchè dopo Portiam sempre, vivendo, innanzi all'alma, Ebber solo conforto, Velar di neri panni, Cinger d'ombra si trista, E spaventoso in vista Più d'ogni flutto dimostrarci il porto? Già se sventura è questo Morir che tu destini A tutti noi che senza colpa, ignari, A colui che la morte Sente de' cari suoi. Che se nel vero, Il vivere è sventura, Grazia il morir, chi però mai potrebbe, Quel che pur si dovrebbe, Desiar de' suoi cari il giorno estremo, Per dover egli scemo Rimaner di se stesso, Veder d'in su la soglia levar via La diletta persona Con chi passato avrà molt' anni insieme, E dire a quella addio senz' altra speme Di riscontrarla ancora Per la mondana via; Poi solitario abbandonato in terra, Guardando attorno, all' ore ai lochi usati Rimemorar la scorsa compagnia? Come, ahi come, o natura, il cor ti soffre Di strappar dalle braccia All' amico l'amico, Al fratello il fratello, La prole al genitore, All' amante l'amore e l' uno estinto, Tanto dolor, che sopravviva amando Che nostro male o nostro ben si cura. XXXI. SOPRA IL RITRATTO DI UNA BELLA DONNA SCOLPITO NEL MONUMENTO SEPOLCRALE DELLA MEDESIMA. Tal fosti: or qui sotterra Muto, mirando dell' etadi il volo, E di dolor custode, il simulacro Della scorsa beltà. Quel dolce sguardo, Traboccare il piacer; quel collo, cinto Senti gelida far la man che strinse; Vituperosa e trista un sasso asconde. Così riduce il fato Qual sembianza fra noi parve più viva Dell'esser nostro! Oggi d'eccelsi immensi LEOPARDI. Opere. 1. 13 Pensieri e sensi inenarrabil fonte, Quale splendor vibrato Da natura immortal su queste arene, Di sovrumani fati, Di fortunati regni e d'aurei mondi Dare al mortale stato : Diman, per lieve forza, Sozzo a vedere, abominoso, abbietto Divien quel che fu dianzi E dalle menti insieme Desiderii infiniti E visioni altere Crea nel vago pensiere, Per natural virtù, dotto concento; Onde per mar delizioso, arcano Erra lo spirto umano, Quasi come a diporto Ardito notator per l' Oceáno: Ma se un discorde accento Fere l'orecchio, in nulla Torna quel paradiso in un momento. Natura umana, or come, Se frale in tutto e vile, Se polve ed ombra sei, tant' alto senti? Se in parte anco gentile, Come i più degni tuoi moti e pensieri Da sì basse cagioni e desti e spenti? XXXII. PALINODIA AL MARCHESE GINO CAPPONI, Il sempre sospirar nulla rileva. PETRARCA. Errai, candido Gino; assai gran tempo, E di gran lunga errai. Misera e vana Stimai la vita, e sovra l' altre insulsa La stagion ch'or si volge. Intolleranda Parve, e fu, la mia lingua alla beata Prole mortal, se dir si dee mortale L'uomo, o si può. Fra maraviglia e sdegno, Dall' Eden odorato in cui soggiorna, Rise l'alta progenie, e me negletto Disse, o mal venturoso, e di piaceri O incapace o inesperto, il proprio fato Creder comune, e del mio mal consorte L'umana specie. Alfin per entro il fumo De' sigari odorato, al romorío De' crepitanti pasticcini, al grido Militar, di gelati e di bevande Ordinator, fra le percosse tazze E i branditi cucchiai, viva rifulse Agli occhi miei la giornaliera luce Delle gazzette. Riconobbi e vidi |