Che di lontan per l'ombre Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge. Ch' ei chiama antiche, e del seguir che fanno Sta natura ognor verde, anzi procede Che sembra star. Caggiono i regni intanto, Che di selve odorate Queste campagne dispogliate adorni, Già noto, stenderà l'avaro lembo Ma non piegato insino allora indarno E la sede e i natali Non per voler ma per fortuna avesti ; Meno inferma dell' uom, quanto le frali O dal fato o da te fatte immortali. XXXV. IMITAZIONE. Lungi dal proprio ramo, Povera foglia frale, Dove vai tu? - Dal faggio Là dov' io nacqui, mi divise il vento. Esso, tornando, a volo Dal bosco alla campagna, Dalla valle mi porta alla montagna. Vo pellegrina, e tutto l'altro ignoro. Vo dove ogni altra cosa, Dove naturalmente Va la foglia di rosa, E la foglia d'alloro. LEOPARDI. Opere. -- 1. 15 XXVI. SCHERZO. Quando fanciullo io venni La mi condusse intorno A che ciascun di loro Delle prose e de' versi. lo mirava, e chiedea: Musa, la lima ov'è? Disse la Dea : La lima è consumata; or facciam senza Ed io, ma di rifarla Non vi cal, soggiungea, quand'ella è stanca? Rispose hassi a rifar, ma il tempo manca. : FRAMMENTI. XXXVII. ALCETA. Odi, Melisso: io vo' contarti un sogno Che quanto nel cader s' approssimava, Si forte come quando un carbon vivo E ne fumavan l' erbe intorno intorno. Allor mirando in ciel, vidi rimaso Come un barlume, o un'orma, anzi una nicchia, Ond'ella fosse svelta; in cotal guisa, Ch'io n'agghiacciava; e ancor non m'assicuro. MELISSO. E ben hai che temer, chè agevol cosa |