Sayfadaki görseller
PDF
ePub

suna maniera, ti basta l'animo almeno di liberarmi dall' infelicità?

Farfarello. Se tu puoi fare di non amarti suprema

mente.

Malambruno. Cotesto lo potrò dopo morto.

Farfarello. Ma in vita non lo può nessun animale: perchè la vostra natura vi comporterebbe prima qualunque altra cosa che questa.

Malambruno. Così è.

Farfarello. Dunque, amandoti necessariamente del maggiore amore che tu sei capace, necessariamente desideri il più che puoi la felicità propria; e non potendo mai di gran lunga essere soddisfatto di questo tuo desiderio, che è sommo, resta che tu non possi fuggire per nessun verso di non essere infelice.

Malambruno. Nè anco nei tempi che io proverò qualche diletto; perchè nessun diletto mi farà nè felice nè pago.

Farfarello. Nessuno veramente.

non

Malambruno. E però, non uguagliando il desiderio naturale della felicità che mi sta fisso nell'animo, sarà vero diletto; e in quel tempo medesimo che esso è per durare, io non lascerò di essere infelice.

Farfarello. Non lascerai: perchè negli uomini e negli altri viventi la privazione della felicità, quantunque senza dolore e senza sciagura alcuna, e anche nel tempo di quelli che voi chiamate piaceri, importa infelicità espressa.

Malambruno. Tanto che dalla nascita insino alla morte, l'infelicità nostra non può cessare per ispazio, non che altro, di un solo istante.

Farfarello. Si: cessa, sempre che dormite senza sognare, o che vi coglie uno sfinimento o altro che v'interrompa l'uso dei sensi.

Malambruno. Ma non mai però mentre sentiamo la nostra propria vita.

Farfarello. Non mai.

Malambruno. Di modo che, assolutamente parlando, il non vivere è sempre meglio del vivere.

Farfarello. Se la privazione dell' infelicità è semplicemente meglio dell' infelicità.

Malambruno. Dunque?

Farfarello. Dunque se ti pare di darmi l'anima prima del tempo, io sono qui pronto per portarmela.

LEOPARDI. Operum 1.

20

DIALOGO

DELLA NATURA E DI UN'ANIMA.

Natura. Va', figliuola mia prediletta, che tale sarai tenuta e chiamata per lungo ordine di secoli. Vivi, e sii grande e infelice.

Anima. Che male ho io commesso prima di vivere, che tu mi condanni a cotesta pena?

Natura. Che pena, figliuola mia?

Anima. Non mi prescrivi tu di essere infelice? Natura. Ma in quanto che io voglio che tu sii grande, e non si può questo senza quello. Oltre che tu sei destinata a vivificare un corpo umano; e tutti gli uomini per necessità nascono e vivono infelici.

Anima. Ma in contrario saria di ragione che tu provvedessi in modo, che eglino fossero felici per necessità; o non potendo far questo, ti si converrebbe astenere da porli al mondo.

Natura. Nè l'una nè l'altra cosa è in potestà mia, che sono sottoposta al fato; il quale ordina altrimenti, qualunque se ne sia la cagione; che nè tu nè io non la possiamo intendere. Ora, come tu sei stata creata e disposta a informare una persona umana, già qualsivoglia forza, nè mia nè d'altri, non è potente a scamparti dall' infelicità comune degli uomini. Ma oltre di questa, te ne bisognerà sostenere una propria, e maggiore assai, per l'eccellenza della quale io t'ho fornita.

Anima. Io non ho ancora appreso nulla; cominciando a vivere in questo punto: e da ciò dee provenire ch'io non t' intendo. Ma dimmi, eccellenza e infelicità straordinaria sono sostanzialmente una cosa stessa? o quando sieno due cose, non le potresti tu scompagnare l'una dall' altra?

Natura. Nelle anime degli uomini, e proporzionatamente in quelle di tutti i generi di animali, si può dire che l'una e l'altra cosa sieno quasi il medesimo: perchè l'eccellenza delle anime importa maggiore intensione della loro vita; la qual cosa importa maggior sentimento dell' infelicità propria; che è come se io dicessi maggiore infelicità. Similmente la maggior vita degli animi inchiude maggiore efficacia di amor proprio, dovunque esso s'inclini, e sotto qualunque volto si manifesti: la qual maggioranza di amor proprio importa maggior desiderio di beatitudine, e però maggiore scontento e affanno di esserne privi, e maggior dolore delle avversità che sopravvengono. Tutto questo è contenuto nell' ordine primigenio e perpetuo delle cose create, il quale io non posso alterare. Oltre di ciò, la finezza del tuo proprio intelletto e la vivacità dell' immaginazione, ti escluderanno da una grandissima parte della signoria di te stessa. Gli animali bruti usano agevolmente ai fini che eglino si propongono, ogni loro facoltà e forza. Ma gli uomini rarissime volte fanno ogni loro potere; impediti ordinariamente dalla ragione e dall' immaginativa; le quali creano mille dubbietà nel deliberare, e mille ritegni nell' eseguire. I meno atti o meno usati a ponderare e considerare seco medesimi, sono i più pronti a risolversi, e nell'operare i più efficaci. Ma le tue pari, implicite continuamente in loro stesse, e come soverchiate dalla grandezza delle proprie facoltà, e quindi impotenti di se medesime, soggiacciono il più del tempo

all'irresoluzione, così deliberando come operando: la quale è l'uno dei maggiori travagli che affliggano la vita umana. Aggiungi che mentre per l'eccellenza delle tue disposizioni trapasserai facilmente e in poco tempo quasi tutte le altre della tua specie nelle conoscenze più gravi e nelle discipline anco difficilissime, nondimeno ti riuscirà sempre o impossibile o sommamente malagevole di apprendere o di porre in pratica moltissime cose menome in se, ma necessarissime al conversare cogli altri uomini; le quali vedrai nello stesso tempo esercitare perfettamente ed apprendere senza fatica da mille. ingegni, non solo inferiori a te, ma spregevoli in ogni modo. Queste ed altre infinite difficoltà e miserie occupano e circondano gli animi grandi. Ma elle sono ricompensate abbondantemente dalla fama, dalle lodi e dagli onori che frutta a questi egregi spiriti la loro grandezza, e dalla durabilità della ricordanza che essi lasciano di se ai loro posteri.

Anima. Ma coteste lodi e cotesti onori che tu dici, li avrò io dal cielo, o da te, o da chi altro?

Natura. Dagli uomini: perchè altri che essi non gli può dare.

Anima. Ora vedi, io mi pensava che non sapendo fare quello che è necessarissimo, come tu dici, al commercio cogli altri uomini, e che riesce anche facile insino ai più poveri ingegni; io fossi per essere vilipesa e fuggita, non che lodata, dai medesimi uomini ; o certo fossi per vivere sconosciuta a quasi tutti loro, come inetta al consorzio umano.

Natura. A me non è dato prevedere il futuro, nè quindi anche prenunziarti infallibilmente quello che gli uomini sieno per fare e pensare verso di te mentre sarai sulla terra. Ben è vero che dall' esperienza del passato io ritraggo per lo più verisimile, che essi ti deb

« ÖncekiDevam »