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NOTE.

Pag. 193. (1) Erodoto, lib. 5, cap. 4. Strabone, lib. 44, edit. Casaub. pag. 519. Mela, lib. 2, cap. 2. Antologia greca, ed. H. Steph. p. 16. Coricio sofista, Orat. fun. in Procop. gaz. cap. 35, ap. Fabric. Bibl. Graec. ed. vet. vol. 8, p. 859.

Pag. 206. (2) Con tutto che Atlante il più delle volte sia detto sostenere il cielo, vedesi nondimeno nel primo libro dell'Odissea, vers. 52 e seguenti, e nel Prometeo d' Eschilo, v. 547 e seguenti, che dagli antichi si fingeva eziandio che egli sostenesse la terra.

Pag. 207. (5) Plinio, lib. 7, cap. 52. Diogene Laerzio, lib. 1, segm. 109. Apollonio, Hist. commentit. cap. 1. Varrone, de Ling. lat. lib. 7. Plutarco, an seni gerenda sit respub. opp. ed. Francof. 1620, tom. 2, p. 784. Tertulliano, de Anima cap. 44. Pausania, lib. 1, cap. 10, ed. Kuhn. p. 35. Appendice vaticana dei Proverbi, centur. 3, proverb. 97. Suida, Voc. 'Experions. Luciano, Timon. opp. ed. Amstel. 1687, tom. 1, pag. 69. Pag. 207. (4) Apollonio, Hist. commentit. cap. 3. Plinio, lib. 7, cap. 52. Tertulliano de Anima cap. 44. Luciano, Encom. Musc. opp. tom. 2, pag. 376. Origene, contra Cels. lib. 3, cap. 52.

Pag. 212. (5) In proposito di quest' uso, il quale è comune a molti popoli barbari, di trasfigurare a forza le teste; è notabile un luogo d'Ippocrate, de Aere, Aquis et Locis, opp. ed. Mercurial. class. 4, pag. 29, sopra una nazione del Ponto, detta dei Macrocefali, cioè Testelunghe; i quali ebbero per usanza di costringere le teste dei bambini in maniera, che elle riuscissero più lunghe che si potesse: e trascurata poi questa pratica, nondimeno i loro bambini nascevano colla testa lunga: perchè, dice Ippocrate, così erano i ge

nitori.

Pag. 218. (6) Vedi il Vert-vert del Gresset.

Pag. 224. (7) Sus vero quid habet praeter escam? cui quidem, ne putisceret, animam ipsam, pro sale, datam dicit esse Chrysippus. Cicerone, de Nat. Deor. lib. 2, cap. 64.

Pag. 226. (8) Città favolosa, detta altrimenti El-Dorado, la quale immaginarono gli Spagnuoli, e la credettero essere nell' America meridionale, tra il fiume dell' Orenoco e quel delle Amazzoni. Vedi i geografi.

Pag. 239. (9) Vedi nelle gazzette tedesche del mese di marzo del 1824 le scoperte attribuite al sig. Gruithuisen,

Pag. 259. (10) Vedi Macrobio, Saturnal. lib. 5, cap. 8. Tertulliano, Apologet. cap. 15. Era onorata la luna anche sotto nome maschile, cioè del dio Luno. Sparziano, Caracall, cap. 6 et 7. Ed anche oggi nelle lingue teutoniche il nome della luna è del genere del maschio.

Pag. 259. (41) Menandro rettorico, lib. 1, cap. 15. in Rhetor. graec. veter. A. Manut. vol. I, pag. 604. Meursio, ad Lycophron. Alexandr. opp. ed. Lamii, vol. 5, col. 951.

Pag. 239. (12) Ateneo, lib. 2, ed. Casaub. pag. 57.

Pag. 239. (13) Antonio di Ulloa. Vedi Carli, Lettere Americane, par. 4, lett. 7, opp. Milano 1784, tom. 14, pag. 313 e seguente; e le Memor. encicloped. dell' anno 1781, compilate dalla Società letterar. di Bologna, pag. 6 e seguente.

Pag. 240. (14) That the moon is made of green cheese. Si dice in proverbio di quelli che danno ad intendere cose incredibili.

Pag. 240. (15) Vedi gli astronomi dove parlano di quella luce, detta opaca o cenerognola, che si vede nella parte oscura del disco lunare al tempo della luna nuova.

Pag. 246. (16) Plinio, lib. 16, cap. 50; lib. 2, cap. 55. Svetonio, Tiber. cap. 69.

Pag. 248. (17) Voglio recare qui un luogo poco piacevole veramente e poco gentile per la materia, ma pure molto curioso da leggere, per quella tal forma di dire naturalissima, che l'autore usa. Questi è un Pietro di Cieza, spagnuolo, vissuto al tempo delle prime scoperte e conquiste fatte da'suoi nazionali in America, nella quale militò, e stettevi diciassette anni. Della sua veracità e fede nelle narrative si può vedere la prima nota del Robertson al sesto libro della Storia d'America. Riduco le parole all' ortografia moderna. « La segunda vez que volvimos por aquellos valles, cuando la ciudad de Antiocha fué poblada en las sierras que están por encima dellos, oi decir, que los señores ó caciques destos valles de Nore buscaban por las lierras de sus enemigos todas las mugeres que podian; las quales traidas á sus casas, usaban con ellas como con las suyas proprias; y si se empreñaban dellos, los hijos que nacian los criaban con mucho regalo, hasta que habian doce trece años; y desta edad, estando bien gordos, los comian con gran sabor, sin mirar que eran su substancia y carne propria y desta manera tenien mugeres para solamente engendrar hijos en ellas para despues comer; pecado mayor que todos los que ellos hacen. Y háceme tener por cierto lo que digo, ver lo que pasó con el licenciado Juan de Vadillo (que en este año está en Espana; y si le preguntan lo que digo dirá ser verdad): y es, que la primera vez que entraron Chri

stianos españoles en estos valles, que fuimos yo y mis compañeros, vino de paz un señorete, que habia por nombre Nabonuco, y traia consigo tres mugeres; y viniendo la noche, las dos dellas se echaron à la larga encima de un tapete ó estera, y la otra atravesada para servir de almohada; el Indio se echo encima de los cuerpos dellas, muy tendido; y tomó de la mano otra muger hermosa, que quedaba atras con otra gente suya, que luego vino. Y como el licenciado Juan de Vadillo le viese de aquella suerte, preguntóle que para qué habia traido aquella muger que tenia de la mano: y mirandolo al rostro el Indio, respondió mansamente, que para comerla; y que si él no hubiera venido, lo hubiera yá hecho. Vadillo, oido esto, mostrando espantarse, le dijo: ¿pues como, siendo tu muger, la has de comer? El cacique, alzando la voz, tornò á responder diciendo: mira mira; y aun al hijo que pariere tengo tambien de comer. Esto que he dicho, pasó en el valle de Nore; y en él de Guaca, que es él que dije quedar atras, oi decir á este licenciado Vadillo algunas vezes, como supo por dicho de algunos Indios viejos, por las lenguas que traíamos, que cuando los naturales dėl iban á la guerra, á los Indios que prendian en ella, hacian sus esclavos; á los quales casaban con sus parientas y vecinas; y los hijos que habian en ellas oquellos esclavos, los comian: y que despues que los mismos esclavos eran muy viejos, y sin potencia para engendrar, los comian tambien d ellos. Y á la verdad, como estos Indios no tenian fë, ni conoscian al demonio, que tales pecados les hacia hacer, cuan malo y perverso era; no me espanto dello: porque hacer esto, mas lo tenian ellos por valentia, que por pecado. » Parte primera de la Chronica del Péru hecha por Pedro de Cicza, cap. 12, ed. do Anvers 1554, hoja 50 y siguiente.

Pag. 249. (18) « Le nombre des indigènes indépendans qui habitent les deux Amériques decroît annuellement. On en compte encore environ 500,000 au nord et à l'ouest des États-Unis, et 400,000 au sud des républiques de Rio de la Plata et du Chili. C'est moins aux guerres qu'ils ont à soutenir contre les gouvernemens américains, qu'à leur funeste passion pour les liqueurs fortes et aux combats d'extermination qu'ils se livrent entr'eux, que l'on doit attribuer leur décroissement rapide. Ils portent à un tel point ces deux excès, que l'on peut prédire, avec certitude, qu'avant un siècle ils auront complètement disparu de cetle partie du globe. L'ouvrage de M. Schoolcraft (intitolato, Travels in the central portions of the Mississipi valley; pubblicato a New-York, l'anno 1823) est plein de détails curieux sur ces propriétaires primitifs du Nouveau-Monde; il devra être d'autant plus recherché, que c'est, pour ainsi dire, l'histoire de la dernière période d'existence d'un peuple qui va s'éteindre. » Revue Encyclopédique, tom. 28, novembre 1825, pag. 444.

Pag. 253. (19) Questo fatto è vero.

Pag. 255. (20) Famose voci di Archimede, quando egli ebbe trovato la via di conoscere il furto fatto dall' artefice nel fabbricare la corona votiva

del re Gerone.

Pag. 255. (21) I desiderosi di quest' arte potranno in effetto, non so se apprenderla, ma studiarla certamente in diversi libri, non meno moderni che antichi: come, per modo di esempio, nelle Lezioni dell' arte di prolungare la vita umana scritte ai nostri tempi in tedesco dal signor Hufeland, state anco volgarizzate e stampate in Italia. Nuova maniera di adulazione fu quella di un Tommaso Giannotti medico da Ravenna, detto per soprannome il filologo, e stato famoso a' suoi tempi; il quale nell' anno 1550 scrisse a Giulio terzo, assunto in quello stesso anno al pontificato, un libro de vita hominis ultra CXX annos protrahenda, molto a proposito dei Papi, come quelli che quando incominciano a regnare, sogliono essere di età grande. Sarebbe libro da ridere, se non fosse oscurissimo. Dice il medico, averlo scritto a fine principalmente di prolungare la vita al nuovo Pontefice, necessaria al mondo; confortato anche a scriverlo da due Cardinali, desiderosi oltremodo dello stesso effetto. Nella dedicatoria, vives igitur, dice, beatissime pater, ni fallor, diutissime. E nel corpo dell' opera, avendo cercato in un capitolo intero cur Pontificum supremorum nullus ad Petri annos pervenerit, ne intitola un altro in questo modo: Iulius III papa videbit annos Petri et ultra; huius libri, pro longaeva hominis vita ac christianae religionis commodo, immensa utilitate. Ma il Papa morì cinque anni appresso, in età di sessantasette. Quanto a se, il medico prova che se egli per caso non passerà o non toccherà il centoventesimo anno dell'età sua, non sarà sua colpa, e i suoi precetti non si dovranno disprezzare per questo. Si conchiude il libro con una ricetta intitolata, Iulii III vitae longaevae ac semper sanae consilium. Pag. 257. (22) Vedi Luciano, Dial. Menip. et Chiron. opp. tom. 1,

pag. 514.

Pag. 257. (23) Pindaro, Pyth. od. 10, v. 46 et seqq. Strabone, lib. 15, p. 710 et seqq. Mela, lib. 3, cap. 5. Plinio, lib. 4, cap. 12 in fine. Pag. 258. (24) Plinio, lib. 6, cap. 30; lib. 7, cap. 2. Arriano, Indic. cap. 9.

Pag. 259. (25) Lettres philosophiques, let. 11.

Pag. 260. (26) Suida voc. Aeux nμépa.

Pag. 262. (27) Ebbe Torquato Tasso, nel tempo dell' infermità della sua mente, un' opinione simile a quella famosa di Socrate; cioè credette vedere di tratto in tratto uno spirito buono ed amico, e avere con esso lui molti e lunghi ragionamenti. Così leggiamo nella vita del Tasso descritta dal Manso: il quale si trovò presente a uno di questi o colloqui o soliloqui che noi li vogliamo chiamare.

Pag. 264. (28) Apollonio, Hist. commentit. cap. 46. Cicerone, de Divinat. lib. 1, cap. 50; lib. 2, cap. 58. Plinio, lib. 18, cap. 12. Plutarco, Convival. Quaestion. lib. 8, quaest. 10, opp. Dioscoride, de Materia Medica lib. 2, cap. 127.

tom. 2, p. 734.

Pag. 264. (29) Meursio, Exercitat. critic. par. 2, lib. 2, cap. 19, opp. vol. 5, col. 662.

bilité.

Pag. 274. (30) Camoens, Lusiad. canto 5.

cap. 2.

Pag. 275. (31) Seneca, Natural. Quaestion. lib. 6,
Pag. 282. (32) Pausania, lib. 2, cap. 20, pag. 157.
Pag. 284. (33) Lib. 1, ed. di Milano 1805, vol. 1, pag. 79.
Pag. 296. (34) Montesquieu, Fragment sur le Goût: de la sensi-

Pag. 310. (35) Povera e nuda vai, filosofia. Petrarca, parte 4, son. 1. La gola e 'l sonno.

Pag. 510. (36) De Senect. cap. 23.

Pag. 511. (37) Appresso a Stobeo, ed. Gesner. Tigur. 1559, serm. 96, pag. 529.

Pag. 312. (38) Somn. Scip. cap. 7.

Pag. 517. (39) Vedi, tra gli altri, circa queste famose mummie, che in linguaggio scientifico si direbbero preparazioni anatomiche, il Fontenelle, Eloge de mons. Ruysch.

Pag. 318. (40) Lo studio del Ruysch fu visitato due volte dallo Czar Pietro primo: il quale poi, comperato, lo fece condurre a Pietroburgo.

Pag. 318. (41) Il mezzo usato dal Ruysch a conservare i cadaveri, furono le iniezioni di una certa materia composta da esso, la quale faceva effetti maravigliosi.

Pag. 323. (42) De Senect. cap. 7.

Pag. 331. (43) Oeconom. cap. 20, 23.

Pag. 339. (44) Cap. 6.

Pag. 546. (45) Lib. 1, segm. 69.

et seq.

Pag. 346. (46) Lib. 2, segm. 51.

Pag. 346. (47) Ibid. segm. 95.

Pag. 346. (48) Lib. 4, segm. 48.

Pag. 346. (49) Praecept. gerend. reipub. opp. tom. 2, pag. 799

Pag. 347. (50) Parad. 1 in fine.

Pag. 347. (51) Lib. 2, cap. 8, sect. 9; c. 9, sect. 5.

FINE DEL VOLUME PRIMO.

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