ALL'ITALIA. O patria mia, vedo le mura e gli archi E le colonne e i simulacri e l'erme Torri degli avi nostri, Ma la gloria non vedo, Non vedo il lauro e il ferro ond' eran carchi I nostri padri antichi. Or fatta inerme, Nuda la fronte e nudo il petto mostri. Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio, Chi la ridusse a tale? E questo è peggio, Tra le ginocchia, e piange. E nella fausta sorte e nella ria. Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive, Mai non potrebbe il pianto Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno; Che, rimembrando il tuo passato vanto, Chi ti tradì? qual arte o qual fatica O qual tanta possanza Valse a spogliarti il manto e l' auree bende? Come cadesti o quando Da tanta altezza in così basso loco? Nessun pugna per te? non ti difende Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo Combatterò, procomberò sol io. Dammi, o ciel, che sia foco Agl' italici petti il sangue mio. Dove sono i tuoi figli? odo suon d'armi E di carri e di voci e di timballi: In estranie contrade Pugnano i tuoi figliuoli. Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi, Un fluttuar di fanti e di cavalli, E fumo e polve, e luccicar di spade Nè ti conforti? e i tremebondi lumi Oh misero colui che in guerra è spento, Ma da nemici altrui Per altra gente, e non può dir morendo: La vita che mi desti ecco ti rendo. Oh venturose e care e benedette Per la patria correan le genti a squadre; Dove la Persia e il fato assai men forte Narrin siccome tutta quella sponda De' corpi ch'alla Grecia eran devoti. Serse per l' Ellesponto si fuggia, E sul colle d'Antela, ove morendo Guardando l'etra e la marina e il suolo. guance, E di lacrime sparso ambe le Beatissimi voi, Ch'offriste il petto alle nemiche lance Per amor di costei ch' al Sol vi diede; Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira. Qual tanto amor le giovanette menti, L'ora estrema vi parve, onde ridenti Parea ch'a danza e non a morte andasse Tartaro, e l' onda morta; Nè le spose vi fôro o i figli accanto Quando su l'aspro lito Senza baci moristé e senza pianto. Ma non senza de' Persi orrida pena Ed immortale angoscia. Come lion di tori entro una mandra Or salta a quello in tergo e sì gli scava Or questo fianco addenta or quella coscia; L'ira de' greci petti e la virtute. La fuga i carri e le tende cadute, Pallido e scapigliato esso tiranno; Del barbarico sangue i greci eroi, Mentre nel mondo si favelli o scriva. Prima divelte, in mar precipitando, Spente nell' imo strideran le stelle, Amor trascorra o scemi. La vostra tomba è un'ara; e qua mostrandò Verran le madri ai parvoli le belle Orme del vostro sangue. Ecco io mi prostro, O benedetti, al suolo, E bacio questi sassi e queste zolle, Deh foss' io pur con voi qui sotto, e molle Fama del vostro vate appo i futuri Tanto durar quanto la vostra duri. |