Già di candide ninfe i rivi albergo, Furo i liquidi fonti. Arcane danze Scossero e l'ardue selve (oggi romito Nido de' venti): e il pastorel ch'all' ombre Le sitibonde agnelle, arguto carme Udi lungo le ripe; e tremar l' onda Scendea ne' caldi flutti, e dall' immonda Vissero i boschi un di. Conscie le molli Fur dell' umana gente, allor che ignuda Ciprigna luce, alla deserta notte Con gli occhi intenti il viator seguendo, Te compagna alla via, te de' mortali Pensosa immaginò. Che se gl' impuri Cittadini consorzi e le fatali Ire fuggendo e l' onte, Gl' ispidi tronchi al petto altri nell' ime Selve remoto accolse, Viva fiamma agitar l' esangui vene, Dafne e la mesta Filli, o di Climene Quel che sommerse in Eridano il sole. Nè dell' umano affanno, Rigide balze, i luttuosi accenti Non vano error de' venti, Ma di ninfa abitò misero spirto, Musico augel che tra chiomato bosco Ozio de' campi, all' aer muto e fosco, Ma non cognato al nostro Il gener tuo; quelle tue varie note Son le stanze d' Olimpo, e cieco il tuono Tu le cure infelici e i fati indegni Tu de' mortali ascolta, Vaga natura, e la favilla antica Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi, E se de' nostri affanni Cosa veruna in ciel, se nell' aprica Terra s'alberga o nell' equoreo seno, Pietosa no, ma spettatrice almeno. E voi de' figli dolorosi il canto, Voi dell' umana prole incliti padri, Lodando ridirà; molto all' eterno Degli astri agitator più cari, e molto Di noi men lacrimabili nell' alma Luce prodotti. Immedicati affanni Al misero mortal. nascere al pianto, E dell' etereo lume assai più dolci Sortir l'opaca tomba e il fato estremo, Non la pietà, non la diritta impose Legge del cielo. E se di vostro antico Error, che l' uman seme alla tiranna Possa de' morbi e di sciagura offerse, Grido antico ragiona, altre più dire Colpe de' figli, e irrequieto ingegno, E demenza maggior l'offeso Olimpo N'armaro incontra, e la negletta mano Dell' altrice natura; onde la viva Fiamma n' increbbe, e detestato il parto Fu del grembo materno, e violento Emerse il disperato Erebo in terra. Tu primo il giorno, e le purpuree faci Delle rotanti sfere, e la novella Prole de' campi, o duce antico e padre D' inudito fragor; quando gli ameni Mortali egro, anelante, aduna e stringe E tu dall' etra infesto e dal mugghiante |