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ste doti che mi nobilitano, fammi conforme al più stupido e insensato spirito umano che tu producesti in alcun tempo.

Natura. Di cotesta ultima cosa io ti posso compiacere; e sono per farlo; poichè tu rifiuti l'immortalità, verso la quale io t'aveva indirizzata.

Anima. E in cambio dell' immortalità, pregoti d iac celerarmi la morte il più che si possa.

Natura. Di cotesto conferirò col Destino.

DIALOGO

DELLA TERRA E DELLA LUNA.

Terra. Cara Luna, io so che tu puoi parlare e rispondere, per essere una persona, secondo che ho inteso molte volte da' poeti: oltre che i nostri fanciulli dicono che tu veramente hai bocca, naso e occhi, come ognuno di loro; e che lo veggono essi cogli occhi propri; che in quell' età ragionevolmente debbono essere acutissimi. Quanto a me, non dubito che tu non sappi che io sono nè più nè meno una persona; tanto che, quando era più giovane, feci molti figliuoli: sicchè non ti maraviglierai di sentirmi parlare. Dunque, Luna mia bella, con tutto che io ti sono stata vicina per tanti secoli, che non mi ricordo il numero, io non ti ho fatto mai parola insino adesso, perchè le faccende mi hanno tenuta occupata in modo, che non mi avanzava tempo da chiacchierare. Ma oggi che i miei negozi sono ridotti a poca cosa, anzi posso dire che vanno co' loro piedi ; 'io non so che mi fare, e scoppio di noia: però fo conto, in avvenire, di favellarti spesso, e darmi molto pensiero dei fatti tuoi, quando non abbia ad essere con tua molestia.

Luna. Non dubitare di cotesto. Così la fortuna mi salvi da ogni altro incomodo, come io son sicura che tu non me ne darai. Se ti pare di favellarmi, favellami a tuo piacere; chè quantunque amica del silenzio, come

credo che tu sappi, io t'ascolterò e ti risponderò volentieri, per farti servigio.

Terra. Senti tu questo suono piacevolissimo che fanno i corpi celesti coi loro moti?

Luna. A dirti il vero, io non sento nulla.

Terra. Nè pur io sento nulla, fuorchè lo strepito del vento che va da' miei poli all' equatore, e dall' equatore ai poli, e non mostra saper niente di musica. Ma Pitagora dice che le sfere celesti fanno un certo suono così dolce ch'è una maraviglia; e che anche tu vi hai la tua parte, e sei l'ottava corda di questa lira universale: ma che io sono assordata dal suono stesso, e però non l'odo.

Luna. Anch'io senza fallo sono assordata; e, come ho detto, non l'odo: e non so di essere una corda.

Terra. Dunque mutiamo proposito. Dimmi: sei tu popolata veramente, come affermano e giurano mille filosofi antichi e moderni, da Orfeo sino al De la Lande? Ma io per quanto mi sforzi di allungare queste mie corna, che gli uomini chiamano monti e picchi; colla punta delle quali ti vengo mirando, a uso di lumacone; non arrivo a scoprire in te nessun abitante; se bene odo che un cotal Davide Fabricio, che vedeva meglio di Linceo, ne scoperse una volta certi, che spandevano un bucato al sole.

Luna. Delle tue corna io non so che dire. Fatto sta che io sono abitata.

Terra. Di che colore sono cotesti uomini?

Luna. Che uomini?

Terra. Quelli che tu contieni. Non dici tu d'essere abitata?

Luna. Sl: e per questo?

Terra. E per questo non saranno già tutte bestie gli abitatori tuoi.

Luna. Nè bestie nè uomini; che io non so che razze

di creature si sieno nè gli uni nè l' altre. E già di parecchie cose che tu mi sei venuta accennando, in proposito, a quel che io stimo, degli uomini, io non ho compreso

un' acca.

Terra. Ma che sorte di popoli sono coteste?

Luna. Moltissime e diversissime, che tu non conosci, come io non conosco le tue.

Terra. Cotesto mi riesce strano in modo, che se io non l'udissi da te medesima, io non lo crederei per nessuna cosa del mondo. Fosti tu mai conquistata da niuno de' tuoi?

Luna. No, che io sappia. E come? e perchè?

Terra. Per ambizione, per cupidigia dell'altrui, colle arti politiche, colle armi.

Luna. Io non so che voglia dire armi, ambizione, arti politiche, in somma niente di quel che tu dici.

Terra. Ma certo, se tu non conosci le armi, conosci pure la guerra: perchè, poco dianzi, un fisico di quaggiù, con certi cannocchiali, che sono instrumenti fatti per vedere molto lontano, ha scoperto costì una bella fortezza, co' suoi bastioni diritti; che è segno che le tue genti usano, se non altro, gli assedi e le battaglie murali.

Luna. Perdona, monna Terra, se io ti rispondo un poco più liberamente che forse non converrebbe a una tua suddita o fantesca, come io sono. Ma in vero che tu mi riesci peggio che vanerella a pensare che tutte le cose di qualunque parte del mondo sieno conformi alle tue; come se la natura non avesse avuto altra intenzione che di copiarti puntualmente da per tutto. Io dico di essere abitata, e tu da questo conchiudi che gli abitatori miei debbono essere uomini. Ti avverto che non sono; e tu consentendo che sieno altre creature, non dubiti che non abbiano le stesse qualità e gli stessi casi de' tuoi popoli: e mi alleghi i cannocchiali di non so che fisico. Ma se co

testi cannocchiali non veggono meglio in altre cose, io crederò che abbiano la buona vista de' tuoi fanciulli; che scuoprono in me gli occhi, la bocca, il naso, che io non so dove me gli abbia.

Terra. Dunque non sarà nè anche vero che le tue provincie sono fornite di strade larghe e nette; e che tu sei coltivata: cose che dalla parte della Germania, pigliando un cannocchiale, si veggono chiaramente (9).

Luna. Se io sono coltivata, io non me ne accorgo, e le mie strade io non le veggo.

Terra. Cara Luna, tu hai a sapere che io sono di grossa pasta e di cervello tondo; e non è maraviglia che gli uomini m'ingannino facilmente. Ma io ti so dire che se i tuoi non si curano di conquistarti, tu non fosti però sempre senza pericolo: perchè in diversi tempi, molte persone di quaggiù si posero in animo di conquistarti esse; e a quest'effetto fecero molte preparazioni. Se non che, salite in luoghi altissimi, e levandosi sulle punte de' piedi, e stendendo le braccia, non ti poterono arrivare. Oltre a questo, già da non pochi anni, io veggo spiare minutamente ogni tuo sito, ricavare le carte de' tuoi paesi, misurare le altezze di cotesti monti, de' quali sappiamo anche i nomi. Queste cose, per la buona volontà ch'io ti porto, mi è paruto bene di avvisartele, acciò che tu non manchi di provvederti per ogni caso. Ora, venendo ad altro, come sei molestata da'cani che ti abbaino contro? Che pensi di quelli che ti mostrano altrui nel pozzo? Sei tu femmina o maschio? perchè anticamente ne fu varia opinione (10). È vero o no che gli Arcadi vennero al mondo prima di te (11)? che le tue donne, o altrimenti che io le debba chiamare, sono ovipare; e che uno delle loro uova cadde quaggiù non so quando (12)? che tu sei traforata a guisa dei paternostri, come crede un fisico moderno (13)? che sei fatta, come affermano al

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