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SONETTO.

PIEN di quella ineffabile dolcezza,
Che del bel viso trasser gli occhi miei

Nel dì che volentier chiusi gli avrei,

Per non mirar giammai minor bellezza;

Lassai quel ch' io più bramo: ed ho sì avvezza

La mente a contemplar sola costei,

Ch' altro non vede; e ciò che non è lei,

Già per antica usanza odia e disprezza.

In una valle chiusa d' ogn' intorno, Ch'è refrigerio de' sospir miei lassi, Giunsi sol con Amor pensoso e tardo;

Ivi non donne, ma fontane, e sassi,

E l'immagine trovo di quel giorno,

Che'l pensier mio figura, ovunque io sguardo.

SONETTO.

OIME il bel viso, oimè il soave sguardo!
Oimè il leggiadro portamento altero;
Oimè 'l parlar, ch' ogni aspro ingegno e fero
Faceva umìle, ed ogni uom vil gagliardo!

Ed oimè il dolce riso, ond' uscio 'l dardo, Di che morte, altro bene omai non spero; Alma real, dignissima d'impero,

Se non fossi fra noi scesa sì tardo!

Per voi conven, ch' io arda e 'n voi respire;

Ch'i' pur fui vostro: e se di voi son privo,

Via men d'ogni sventura altra mi duole.
Di speranza m' empieste, e di desire,

Quand' io partii dal sommo piacer vivo;
Ma'l vento ne portava le parole.

SONETTO.

ROTTA è l'alta Colonna, e 'l verde Lauro,

Che facean ombra al mio stanco pensiero ;

Perdut' ho quel che ritrovar non spero

Dal Borea all' Austro, o dal Mar Indo, al Mauro. Tolto m' hai, Morte, il mio doppio tesauro,

Che mi fea viver lieto, e gire altero;

E ristorar nol può terra, nè impero,

gemma oriental, nè forza d'auro.

Ma se consentimento è di destino,
Che poss' io più, se no aver l'alma trista,
Umidi gli occhi sempre, e'l viso chino ?

O nostra vita, ch'è sì bella in vista!

Com' perde agevolmente in un mattino

Quel che 'n molt' anni a gran pena s' acquista.

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SONETTO.

La vita fugge, e non s'arresta un'ora; E la morte vien dietro a gran giornate, E le cose presenti e le passate

Mi danno guerra, e le future ancora ;

E'l rimembrar e l'aspettar m'accora Or quinci or quindi sì, che 'n veritate, Se non ch'i' ho di me stesso pietate,

I' sarei già di questi pensier fora.

Tornami avanti, se alcun dolce mai

Ebbe'l cor tristo; e poi dall' altra parte Veggio al mio navigar turbati i venti.

Veggio fortuna in porto, e stanco omai Il mio nocchier, e rotte arbore e sarte, E i lumi bei, che mirar soglio, spenti.

SONETTO.

DATEMI pace, o duri miei pensieri!

Non basta ben, ch' Amor, Fortuna, e Morte Mi fanno guerra intorno, e in su le porte, Senza trovarmi dentro altri guerrieri?

E tu, mio cor, ancor se' pur qual eri,
Disleal a me sol, che fere scorte

Vai ricettando, e sei fatto consorte
De' miei nemici sì pronti e leggieri.

In te i secreti suoi messaggi Amore,
In te spiega Fortuna ogni sua pompa,
E Morte la memoria di quel colpo,

Che l'avanzo di me convien che rompa : In te i vaghi pensier s' arman d'errore, Perchè d'ogni mio mal te solo incolpo.

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