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SONETTO.

Sì breve è'l tempo, e'l pensier sì veloce,

Che mi rendon Madonna così morta,

Che al gran dolor la medicina è corta ;

Pur, mentr' io veggio lei, nulla mi noce.

Amor, che m'ha legato, e tiemmi in croce,

Trema, quando la vede in sù la porta

Dell' alma, ove m'ancide ancor sì scorta,

Sì dolce in vista, e sì soave in voce.

Come donna in suo albergo, altera vene

Scacciando dell' oscuro e grave core
Con la fronte serena i pensier tristi.

L'Alma, che tanta luce non sostiene,

Sospira e dice; O benedette l'ore

Del dì che questa via con gli occhi apristi!

SONETTO.

Se quell' aura soave di sospiri,

Ch'i' odo di colei, che qui fu mia

Donna, or è in cielo, ed ancor par qui sia,

E viva, e senta, e vada, ed ami, e spiri,

Ritrar potessi; oh che caldi desiri

Movrei parlando! sì gelosa e pia

Torna, ov' io son, temendo non fra via

Mi stanchi, o indietro, o da man manca giri.

Ir dritto alto m' insegna; ed io che intendo Le sue caste lusinghe, e i giusti prieghi,

Col dolce mormorar pietoso e basso ;

Secondo lei convien mi regga e pieghi, Per la dolcezza che del suo dir prendo,

Ch' avria virtù di far pianger un sasso.

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SONETTO.

S'Io avessi pensato che sì care
Fossin le voci de' sospir mie' in rima,
Fatte l'avrei dal sospirar mio prima
In numero più spesse, in stil più rare.
Morta colei che mi facea parlare,

E che si stava de' pensier mie' in cima;
Non posso, e non ho più sì dolce lima,
Rime aspre e fosche far soavi e chiare.

E certo ogni mio studio in quel temp' era
Pur di sfogare il doloroso core
In qualche modo, non d' acquistar fama.
Pianger cercai, non già del pianto onore:
Or vorrei ben piacer; ma quella altera
Tacito stanco dopo sè mi chiama.

SONETTO.

SOLEASI nel mio cor star bella e viva,

Com' alta donna in loco umìle e basso:

Or son fatt' io per l'ultimo suo passo

Non pur mortal, ma morto; ed ella è diva.
L'alma d' ogni suo ben spogliata e priva,

Amor de la sua luce ignudo e casso,

Devrian de la pietà romper un sasso;

Ma non è, chi lor duol riconti o scriva :

Che piangon dentro, ove ogni orecchia è sorda,

Se non la mia, cui tanta doglia ingombra,

Ch'altro, che sospirar, nulla m' avanza.

Veramente siam noi polvere ed ombra;

Veramente la voglia è cieca e ingorda ;
Veramente fallace è la speranza.

SONETTO.

Ov'è la fronte che con picciol cenno

Volgea'l mio core in questa parte e in quella ?

Ov'è 'l bel ciglio, e l'una e l'altra stella,

Che al corso del mio viver lume denno?

Ov'è'l valor, la conoscenza, e 'l senno,

L'accorta, onesta, umìl, dolce favella?
Ove son le bellezze accolte in ella,
Che gran tempo di me lor voglia fenno?

Ov'è l'ombra gentil del viso umano,
Ch' ôra e riposo dava all' alma stanca,
E là've i miei pensier scritti eran tutti ?

Ov'è colei, che mia vita ebbe in mano? Quanto al misero mondo, e quanto manca Agli occhi miei! che mai non fieno asciutti.

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