LODOVICO SAVIOLI Celebre in Bologna: e ne' suoi componimenti teneri, appassionati sì ma delicati, emulo di Ovidio e forse di Saffo. Le sue Canzonette, intitolate "Gli Amori," sono condite di sapore antico, con leggiadria e grazia. Teco il Garzon, cui temono Per la gran face eterna, Ubbidíenza, e imperio Soavemente alterna. Accese a te le tenere Fanciulle alzan la mano: Sole ritrose invocano Le antiche Madri invano. Te sulle corde Eolie Saffo invitar solea, Quando a quíete i languidi Begli occhi Amor togliea; E tu richiesta, o Venere, Sovente a lei scendesti, Posta in obblìo l' ambrosia, Ei tetti aurei celesti: Il gentil carro Idalio, Ch' or le colombe addoppia, Lieve traea di passeri Nera amorosa coppia; E mentre udir propizia Solevi il flebil canto, Tergean le dita rosee Della fanciulla il pianto. Ricerca il petto ardore, E a noi l'esperta cetera Dolce risuona amore. Se tu m' assisti, io Pallade Abbia, se vuol, nimica; Teco ella innanzi a Paride Perdè la lite antica. A che valer può l'Egida, Se'l figlio tuo percote? Quel che i suoi dardi possono L'asta immortal non puote. Meco i mortali innalzino Solo al tuo nome altari ; Citera tua divengano Il Ciel, le Terre, i Mari. DELLO STESSO. IL PASSEGGIO DI LESBIA. GIA già sentendo all'auree Briglie allentar la mano Correan d'Apollo i fervidi Cavalli all' Oceáno. Me i passi incerti trassero Pel noto altrui cammino, Che alla Città di Romolo Conduce il Pellegrino, Dall' una parte gli arbori Al piano suol fann' ombra, L'altra devoto portico Per lungo tratto ingombra. La tua, gran Padre Ovidio, Scorrea difficil arte, Pascendo i guardi, e l'animo Sulle maestre carte: Quando improvviso scossemi L'avvicinar d'un cocchio, E ratto addietro volgere Mi fece il cupid' occhio. Su i piè m'arresto immobile, E il cocchio aureo trapassa, Che per la densa polvere Orma profonda lassa. Sola sui drappi serici Con maestà sedea, Tal che in quel punto apparvemi Men donna assai che Dea. |