BERNARDO TASSO. Di nobile e antica famiglia, nacque in Bergamo agli 11. di Novembre del 1493. Sotto le istruzioni del celebre Grammatico Batista Pio in quella città, e del suo zio Luigi Tasso, Vescovo di Reccannati, fece non ordinarj progressi nelle lettere Greche e Latine. Morto il suo zio, lasciò la patria, e nel 1525 si pose al servigio del Conte Guido Rangoni, generale dell' armi pontificie, di cui fu segretario, e maneggiò destramente i più gravi affari. Nel1529 passò alla corte della Duchessa di Ferrara, ma tra poco ne uscì, e recatosi a Padova, attese tranquillamente a' suoi studj. Nella giovinezza celebrò co' suoi versi Ginevra Malatesta, poscia moglie del Cavalier degli Obizzi -Nel 1531 accettò l'invito di Ferrante Sanseverino Principe di Salerno, e tanto si avanzò nella grazia del suo Padrone, che giunse ad avere tra pensioni e stipendj 900 ducati annui di entrata. Seguì il Principe in varie spedizioni. Si ritirò poscia a Sorrento, e visse alcun tempo solo a se stesso e alle Muse: ma sempre per tutte le sue sventure fedele al suo amicissimo e munifico Principe. Pochi anni dopo prese congedo di Ferrante; e Guidobaldo II. Duca d'Urbino, splendido protettore de' dotti, chiamollo alla sua corte, e gli diede un dolce compenso delle sofferte sciagure. Da quella corte passò nel 1563 a quella di Mantova coll' impiego di Segretario maggiore, e ivi, mentre era governatore d' Ostiglia, a' 4 Settembre 1569 finì di vivere. Scrisse il celebre poema epico romanzesco dell' AMADIGI, e inoltre, egloghe, elegie, selve, inni, salmi, ed ode, nelle quali lo stile è purgato e colto. Il più bell' ornamento delle sue rime è una certa naturale semplicità, eleganza, e una singolare dolcezza da niuno mai superata. BERNARDO TASSO. (Le di lui Canzoni e Sonetti scelti si trovano nel Vol. 1. e 3. de' Componimenti Lirici.) INNO. COME vago augelletto, Che i suoi dogliosi lai Fra i rami d' arbuscel tenero e schietto Chiuso di Febo a i rai Sfoga piangendo, e non s'arresta mai; Così la notte e 'l giorno Misero piango anch'io Le gravi colpe, ond'è 'l cor cinto intorno, E con affetto pio Chieggio perdono a te, Signore e Dio. Ma tu, lasso, non senti Il suon di mercè indegno De' dolorosi miei duri lamenti ; Se forse hai preso a sdegno. Che da te spesso fuggo, a te rivegno. Che poss' io, se l'audace Senso tanto possente M' ha posto al collo un giogo aspro e tenace : Oimè, che non consente Che stabil nel tuo amor sia la mia mente! Nè ripugnare al senso Val la fragil natura, Fatto sì forte e di valor sì immenso ; Se non pigli la cura Tu, padre pio, di questa tua fattura. Semplice e pura agnella, Se talor per errore Vagar intorno per la selva bella Lascia sola il pastore, Ella è rapita, ed ei danno ha e dolore. Deh non lasciar in preda Quest' alma poco accorta Al suo nimico, sì ch’errar la veda Sola e senza tua scorta; Onde ne resti lacerata e morta. L' hai tu, padre benigno, Con le tue man creata, Per in preda lasciare a quel maligno Serpe, una cosa amata, Una fattura tua sì cara e grata ? Vincati delle mie Miserie omai pietate, E di man tommi a queste crude arpie, Cure del mondo ingrate, Sicchè non moja in tanta indignitate. BENEDETTO MENZINI. (Le di lui Canzoni si trovano nel Vol. 2. de' Componimenti Lirici.) CANZONETTA SACRA. SPARGHIAM Víola e rosa Alla celletta intorno, Dov' ebbe umil soggiorno Vergine avventurosa; Che chiusa in casto velo Fe' dolce forza al cielo. Al ciel, da cui discende Gran Messaggiero alato, Che d'aurea luce ornato, Tutto di luce accende Dovunque ei passa; e insegna Ben di qual luogo el vegna, |