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1838

PREFAZIONE.

DELLA POESIA LIRICA, E DI PETRARCA.

Non cercherà l'origine della lirica poesia, chi non Pama di perdersi nella notte de' tempi. La poesia nacque avanti la prosa; e dei diversi generi di poesia i più sublimi furono coltivati prima degli altri, il lirico prima di tutti. Lino ed Orfeo vissero innanzi Omero: Sofocle ed Eschilo non vivevan per anco quando fu fatta l'Iliade, alla quale è dovuta la tragedia de' Greci ; e la commedia poi venne, come dice Boileau,

Des succès fortunés du spectacle tragique.

L'ammirazione e l' amore empiono l' anima di foco, e producono l' entusiasmo. La bellezza della natura, e la dolcezza della virtù, le opere degli Dei, è le imprese degli eroi inspirarono i primi canti; ed ecco da se nata la lirica poesia. Venne poscia il pensiero di raccogliere insieme in una narrazione animata le mirabili cose ch' erano state la cagione e il suggetto dell' entusiasmo; ed ecco l' epopea. Si è immaginato in seguito di far rivivere e conversare i personaggi medesimi, de' quali si eran narrate e celebrate le azioni; ed ecco la tragedia. Finalmente l' esempio di veder gli Ceroi sulle scene fa nascere l'idea di rappresentarvi gualmente gli uomini di tutte le condizioni; ed ecco invenzione della commedia.

Il cominciare dai generi più sublimi, e a mano a mano discendere sino agl' infimi, è dunque l'ordine naturale del genio poetico. Potrebbe dirsi che la poesia, venuta dal cielo in terra, perde di sua nobiltà quanto più si trattiene nel commercio degli uomini ; mentre al contrario l' uomo, ch' è più da lei favorito, si divide dal volgo, e (come dice ancora Boileau)

Gli ambiziosi vanni alto spiegando

In ciel si leva a conversar co' Numi.

Mi nasce qui un pensiero, e il sottopongo al giudicio de' letterati : tutti i diversi generi di poesia non potrebbon ridursi a tre sole classi? Non son tre sole le principali circostanze, nelle quali il poeta può ritrovarsi? La prima, quando introduce a parlare alcuni personaggi, ed egli si nasconde la seconda, quando egli parla in proprio nome, e si mostra : la terza, quando il poeta non deve riguardarsi, che come l'organo d' una Deità che lo inspira. Nel primo caso, lo stile varia secondo la differenza de' personaggi che si fanno parlare, ma però mai non deve troppo scostarsi dal discorso naturale degli uomini. Nel secondo caso, ove il poeta non si nasconde, potrà (sempre adattandosi all' argomento che tratta) innalzarsi assai più colla poetica espressione, e spiegar maggior pompa d' imagini e di figure. Nel terzo caso. il linguaggio de' Numi debbe farsi sentire in tutta la sua purezza, poichè il Nume stesso che parla il poeta, ritto sovra il tripode sacro, canta al momento

dell' inspirazione; soggiogato dal Nume, ne ripete gli accenti :

Est Deus in nobis ; agitante calescimus illo.

Quanto al di sopra del parlar ordinario il drammatico stile debbe levarsi, tanto s' innalza sovra il drammatico l' epico. e sovra l' epico il lirico. La bella poesia lirica è il nettare delle Muse. La bell' ode (comprendo con questo nome e la canzone e il sonetto) è un gran poema in pochi versi.

Potrebbe l'ode distinguersi in tre specie. secondo le tre Deità alle quali è consecrata : la Gloria, la Virtù, l'Amore. L'ode pindarica canta la gloria degli Dei, o di quegli uomini sommi che agli Dei più somigliano per la virtù. La virtù stessa è l'oggetto dell' ode morale e filosofica. La terza specie d' ode è consecrata all' Amore, e canta i piaceri, ch' esser dovrebbono il premio della virtù, come la gloria n' è il frutto.

L'Amore aperse il campo della letteratura moderna. I Trovatori ne furono i Lini e gli Orfei. I Trovatori nacquero colla Cavalleria e colle Crociate : voleva il poeta consecrar tutte le rime alla sua Donna, all' idolo del suo cuore; siccome il cavaliero tutte le belli. che ed onorate imprese consecrava alla Donna de' suoi pensieri. Indi venne la moda dell' amor platonico: indi le Corti d' Amore; ed alle Corti d' Amore che si tenevano in Provenza, al tempo di Petrarca, dobbiamo l'invenzione del suo genere lirico, genere ignoto agli antichi, e che mirabilmente abbraccia tutte le tre specie d' ode che abbiamo accennate.

Canta il nostro Poeta il suo amore per Laura : dall' onestà di Laura apprende a coltivare e a celebrar la virtù nella bellezza di Laura ammira e loda la più bell' opera di natura, la maggior gloria del Cielo. Senza emuli per la grazia, non cede talora ad Orazio per la forza, e sa innalzarsi a tutta la magnificenza di Pindaro, quando il suggetto il richiede, come nella canzone xvi all' Italia, nella 11 a Jacopo Colonna, e nella vi, ch' altri voglion diretta a Cola Rienzi, ed altri al Cardinal Colonno. Benchè non debban tenersi che per giochi d'ingegno la maggior parte delle sestine e de' sonetti di risposta, come il xx ed altri, pure anche in questi componimenti negletti si trova sempre il poeta.

In lui si ammirano sempre que' modi pellegrini che san nobilitare anche i più comuni concetti, quella squisita purezza ch' è l' imagine del cuor dell' Autore, quell' armonia deliziosa che ti molce l'orecchio e l'animo,

El cantar che nell' anima si sente,

in somma quella felice invenzion di stile, della quale non seppe rinvenir il secreto alcun dei tanti scrittori, che per lo spazio di tre secoli interi non aspirarono ad altro che all' onor d'imitarlo. Quanto egli tocca, si cangia in oro: quant' egli mira, s'avviva sotto al suo sguardo. Un gesto, un saluto. un sorriso, un passeggio, un incontro, una nube che passa, un guanto che cade, un rimprovero, un dono, un rifiuto, tutto

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