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disgraziata un'impresa che, in vece dell' utile sperato, ha prodotto uno scapito effettivo; ci sarà alcuno che la chiami immorale? Eppure è il giudizio che ne dovrebbe portare chiunque fosse persuaso davvero che l'utilità è il criterio della morale, che il merito e il demerito de' nostri sentimenti e delle nostre azioni non dipendono dalle loro cause, ma da' loro effetti, per servirmi delle parole d'un celebre sostenitore di quella dottrina, smentita nobilmente dalla sua vita.

[DAL ROMANZO] I PROMESSI SPOSI.

[1821-giugno 1827.]

Don Abbondi i bravi.

* Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien,1 quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall' altra parte; 2 e il ponte, clie ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all' occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allon

3

*Ecco qui sotto, per saggio, le varianti della prima edizione in questo primo capoverso, omesse quelle cho riguardano l'interpunzione unica

mente.

1 viene

5 La riviera.

9

2 riviera di rincontro 8 ricomincia 4 allentarsi somigliare una 7 dai bastioni

6

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16

8 rispondono verso con quel semplice indizio 10 buon tratto la riviera 11 si dirompe 14 è pressochè - 15 vigneti, sparsi egli -17 diventare 18 imprendiamo di 19 di 20 spagnuoli

12 dei

22

18 interciso

accarezzavano dare le uve —

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26 ai

-

rapieni: e da quivi

espanso

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21 insegnavano mancavano 25 dira

28 stradette ripide, acclivi, piane, tratto 30 levando il guardo 81 tratto tratto 32 aperti terun tratto S svariato

83

37 ad uno ad uno

--

dando 42 da cui 43 banda

46 in sulla.

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In generale l'opportunità di queste correzioni è evidente. Credo tuttavia migliori le varianti della prima edizione segnate ai numeri 3 e 41, e questa tanto più, perchè degradare nell'uso comune è verbo attivo, significa un'altra cosa. Nel periodo poi dove si descrivono con sì piacevole tinta d'ironia i brutti procedimenti dei soldati spaguuoli, quei verbi tronchi (insegnavan, accarezzavan, mancavan) son troppi, e stuonano con la felice popolarità della dicitura; tante tronche il popolo non le fa. Queste altre simili durezze si rincontrano anche altro volte. Le tronche però ai numeri 23 e 25 stanno benissimo.

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14

9

8

tanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi
in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal de-
posito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti
contigui, l'uno detto di san Martino, l' altro, con voce lom-
barda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in
vero lo fanno somigliare a una sega: talchè non è chi, al
primo vederlo, purchè sia di fronte, come per esempio di
su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo
discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e va-
sta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma
più comune. Per un buon pezzo, la costa 10 sale con un pendio
lento e continuo; poi si rompe 11 in poggi e in valloncelli, in
erte e in ispianate, secondo l'ossatura de' 12 due monti, e il
lavoro dell'acque. Il lembo estremo, tagliato 13 dalle foci de'tor-
renti, è quasi tutto 1 ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e
vigne, sparse 15 di terre, di ville, di casali; in qualche parte
boschi, che si prolungano su per la montagna. Lecco, la
principale di quelle terre, e che dà nome al territorio, giace
poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in
parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo 16 ingrossa:
un gran borgo al giorno d' oggi, e che s' incammina a diven-
tar 17 città. Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo
a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un
castello, e aveva perciò l'onore d' 19 alloggiare un comandante,
e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di sol-
dati spagnoli,20 che insegnavan 1 la modestia alle fanciulle
e alle donne del paese, accarezzavan 22 di tempo in tempo le
spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir del-
l'estate,23 non mancavan 24 mai di spandersi nelle vigne, per
diradar l'uve,25 e alleggerire a' 26 contadini le fatiche della ven-
demmia. Dall' una all' altra di quelle terre, dall' 27 alture alla
riva, da un poggio all' altro, correvano, e corrono tuttavia,
strade e stradette più o men ripide, o piane; ogni tanto 28
affondate, sepolte tra 29 due muri, donde, alzando lo sguardo,30
non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte;
ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui 32 la vista
spazia per prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre
e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti pi-
glian più o meno della vasta scena circostante, e secondo
che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta
o sparisce a vicenda. Dove un pezzo,33 dove un altro, dove
una lunga distesa di quel vasto e variato 3 specchio del-
l'acqua; di qua lago, chiuso all' estremità o piuttosto smar-

18

21

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rito in un 35 gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano più allargato 36 tra alti monti che si spiegano, a uno a uno,37 allo sguardo, e che l'acqua riflette capovolti, co' 38 paesetti posti sulle 39 rive; di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur tra' 40 monti che l'accompagnano, degradando 41 via via, e perdendosi quasi anch'essi nell'orizzonte. Il luogo stesso da dove 2 contemplate que' vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: 3 il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d' intorno, le sue cime e le balze, distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni passo," aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v'era 45 sembrato prima un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava sulla 46 costa : e l' ameno, il domestico di quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio, e orna vie più il magnifico dell' altre vedute.

Per una di queste stradicciole tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell' anno 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, nè il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, nè a questo luogo nè altrove. Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l'altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno, l'indice della mano destra, e, messa poi questa nell' altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e, girati oziosamente gli occhi all'intorno, li fissava alla parte d'un monte, dove la luce del sole già scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, si dipingeva qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di porpora. Aperto poi di nuovo il brevia.io, e recitato un altro squarcio, giunse a una voltata della stradetta dov'era solito d'alzar sempre gli occhi dal libro, e di guardarsi dinanzi : e così fece anche quel giorno. Dopo la voltata la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d' un ipsilon: quella a destra saliva verso il monte, e menava alla cura: l'altra scendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all' anche del passeggiero. I muri interni delle due viottole, invece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure lunghe, serpeggianti, che finivano in punta, e che,

nell' intenzion dell'artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan dir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert' altre figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio: anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo, con qualche scalcinatura qua e là Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com' era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa che non s'aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, l'uno dirimpetto all' altro, al confluente, per dir così, delle due viottole: un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba spenzolata al di fuori, e l'altro piede posato sul terreno della strada; il compagno, in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto. L'abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov'era giunto il curato, si poteva distinguer dell' aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull' omero sinistro, terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno di polvere, cascante sul petto, come una collana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d'un taschino degli ampi e gonfi calzoni, uno spadone, con una gran guardia traforata a lamine d' ottone, congegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de' bravi.1

Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo evidente; ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l'aspettato era lui. Perchè, al suo apparire, coloro s'eran guardati in viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt'e due a un tratto avevan detto: È lui; quello che stava a cavalcioni s'era alzato, tirando la sua gamba sulla strada; l'altro s'era staccato dal muro; e tutt' e due gli s' avviavano incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi, come se leggesse, spingeva lo sguardo in su, per ispiar le mosse di coloro; e, vedendoseli venir proprio incontro, fu assalito a un tratto

Qui segue nel testo una notizia storica (quasi nota illustrativa o appendice) su i bravi, con citazioni di parecchi « squarci autentici » dei bandi pubblicati contro di essi dai governatori spagnuoli di Milano. — Vedi in questo vol., a pag. 153.

da mille pensieri. Domandò subito in fretta a sè stesso, se tra i bravi e lui ci fosse qualche uscita di strada, a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente, contro qualche vendicativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i bravi però s'avvicinavano, guardandolo fisso. Mise l'indice e il medio della mano sinistra nel collare, come per raccomodarlo; e, girando le due dita intorno al collo, volgeva intanto la faccia all' indietro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell'occhio, fin dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un' occhiata, al di sopra del muricciolo, ne' campi: nessuno; un'altra più modesta sulla strada dinanzi : nessuno, fuorchè i bravi. Che fare? tornare indietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo stesso che dire, Inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perchè i momenti di quell' incertezza erano allora così penosi per lui, che non desiderava altro che d' abbreviarli. Affrettò il passo, recitò un versetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità che potè, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei due galantuomini, disse mentalmente: Ci siamo; e si fermò su due piedi. "Signor curato," disse un di que' due, piantandogli gli occhi in faccia.

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Cosa comanda?" rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggio.

«

Lei ha intenzione," proseguì l'altro, con l'atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull'intraprendere una ribalderia, "lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella! "

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Cioè...." rispose, con voce tremolante, don Abbondio: "cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c'entra : fanno i loro pasticci tra loro, e poi.... e poi, vengon da noi, come s'anderebbe a un banco a riscotere; e noi.... noi siamo i servitori del comune."

"Or bene," gli disse il bravo, all' orecchio, ma in tono

1 Cosa. Invece di che cosa o che, preferibili come regolari, e l'ultima specialmente perchè inoltre è la più comune nell'uso del popolo.

2 Questo sur (invece di Su o Sopra), tanto caro all'autore, è un' affettazione veramente uggiosa, e aliena all'uso popolare.

MESTICA. -II.

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