Sayfadaki görseller
PDF
ePub

G

SILVIO PELLICO.

I. Nato a Saluzzo il 24 giugno del 1788, Silvio Pellico ebbe la fanciullezza travagliata e sofferente per fantastiche paure e per malattie, che ne facevano presagire sempre imminente la morte; e dovette il risanamento alle cure ineffabili della madre, che a lui fu anche ispiratrice di ogni nobile sentimento. Passati sette anni ' della fanciullezza a Pinerolo, dove la famiglia per disastri domestici erasi trasferita, undicenne si condusse dipoi con questa a Torino, dove il padre verso il 1799 ottenne un pubblico ufficio, essendovi già stabilito, dopo la cacciata del re, un governo democratico alla francese. Colà Silvio col fratello maggiore Luigi fu avviato sin d'allora alla vita civile; poichè il padre soleva menarli, sebbene ancora fanciulli, nei popolari comizî dove egli era solito d'intervenire e discutere sempre a difesa del bene pubblico e della giustizia. Colà, appena quattordicenne, sentì la potenza di un primo amore, ch'egli poi, insieme con un secondo, rammentava teneramente nel Carme intitolato Le Passioni.

Nell'adolescenza dimorò quattro anni a Lione presso un cugino della madre ‹ ricchissimo e degnissimo delle sue ricchezze, che lo trattava con affezione paterna.* Questo fu uno dei felici tempi della vita di Silvio, il quale si sarebbe forse stabilito definitivamente colà senza più svolgersi dal culto e dall'uso della lingua e letteratura francese, se non veniva dall' Italia a scuoterlo una voce potente. Trasferitasi la famiglia a Milano, col padre fatto caposezione nel ministero della guerra, di là il fratello maggiore, impiegato ivi anch'esso, mandò a Silvio il Carme dei Sepolcri. Al giovinetto ventenne, inebriato da siffatta lettura, parve sentire in essa la voce d'Italia e dell'italiana poesia che lo richiamava a sè; bramoso di conoscer l'autore di quella lirica nuova ed ammaliante, giunse nel 1809 a Milano, dove presentato a Ugo Foscolo dal fratello, amico del poeta zacintio, a lui si fece amico esso pure. Avendo poi stretta amicizia anche con Vincenzo Monti, dopo la rottura dei due grandi uomini, al contrario di tanti che non facevano

1 Lett. a Giulia Colombini, 1° gennajo 1844.

Lett. a monsieur Antoine De Latour, 21 novembre 1837.

che aizzarli l'uno contro l'altro, egli adoperava ogni arte per temperarne i mutui sdegni. Il suo affetto però fu intimo e caldo singolarmente verso Ugo Foscolo; tantochè questi nel 1815, fuggendo esule dall' Italia, lasciò il giovane piemontese depositario dei suoi libri e delle sue carte, e anche lontano lo ebbe sempre fra gli amici più cari. Onde il Pellico ne' suoi anni maturi, richiamando in una patetica poesia i mesti ricordi di quell'amicizia, moveva il suo canto con questi versi:

Ugo conobbi, e qual fratel l'amai,

Chè l'alma avea per me piena d'amore:
Dolcissimi al suo fianco anni passai,
E ad alti sensi ei m'elevava il core.
Scender nol vidi ad artifizi mai,
E viltà gli mettea cruccio ed orrore:
Vate era sommo, ed avea cinto l'armi,

E alteri come il brando eran suoi carmi.

II. A Milano negli ultimi anni del regno italico s'accoglieva in gran parte il fiore dei dotti e dei letterati d'Italia; la letteratura sotto l'impulso del Monti e del Foscolo si era avvivata, e si fecondavano i germi di un suo ulteriore rinnovamento. Ivi il giovane Pellico, venuto in buon punto, potè avviare al meglio la sua educazione e coltura letteraria, giovandosi anche della conoscenza, che aveva ed accrebbe, delle lingue straniere moderne, la francese, l'inglese e la tedesca; e potè anche provvedere alla sussistenza con la cattedra di lingua francese nel Collegio degli orfani militari. Se non che, ristaurata nel 1814 a Milano su le rovine del re-, gno italico la dominazione austriaca, esso e il padre e il fratello perdettero tutti e tre l'impiego. La famiglia tornò a Torino, dove Onorato Pellico ebbe un pubblico ufficio, e Luigi andò a Genova come segretario di governo, donde fu rimosso nel 1822 dopo la condanna di Silvio; tanto era a quel tempo la servilità del governo piemontese all' Austria! Silvio rimase a Milano come precettore di un giovinetto in casa Briche, e poi, dal marzo del 1816 in casa del conte Luigi Porro, come < suo segretario con l'obbligo di educare due suoi figliuoli, mediante tavola, alloggio e mille lire italiane. per tutta la vita."> Luigi Porro fu egregio cittadino,

1 Lett. a Federico Confalonieri, 17 gennajo 1836.
2 Lett. a Ugo Foscolo, 20 marzo 1816.

1

fautore degli studî letterarî e costante amatore dell'indipendenza d'Italia, per la quale si era adoperato dopo l'abdicazione di Napoleone nella primavera del 1814 insieme con Federico Confalonieri e altri patriotti milanesi, cercando, benchè invano, di costituire indipendente dagli stranieri il regno italico d'allora ; al quale nobilissimo tentativo parteciparono anche il Manzoni ed il Pellico. Il movimento letterario, iniziato negli ultimi anni del regno italico, come provano gl' Inni sacri e, benchè non cogli stessi criterî e intenti poetici, la Francesca da Rimini, facendosi ognora più vive le idee che lo fecondavano, ebbe una manifestazione formale in un periodico, detto il Conciliatore, perchè fatto col proposito di conciliare tutti i sinceri amatori del vero. > Quel periodico nacque ed ebbe alimento in casa del conte Luigi Porro da una società di amici, nella quale Silvio teneva l'ufficio di segretario; e ne furono collaboratori il Pellico stesso, Giovanni Berchet, Lodovico di Breme, Giovanni Rasori, uscito poco prima dal carcere austriaco, e altri letterati, se non tutti di grido, tutti collegati per sostenere, finchè fosse possibile, la dignità del nome italiano. L'intento politico, copertamente congiunto al letterario, non isfuggì al sospettoso e vigilante governo austriaco, che perciò si propose di spegner l'inviso periodico, ma, per non parere nemico di civiltà, con mezzi indiretti, disponendo che la censura falcidiasse, ognora più aspra e spietata, gli articoli presentati alla sua approvazione; e da ultimo, a produr più sicuramente l'effetto, fece ingiunger dalla polizia a Silvio Pellico di astenersi ne' suoi articoli da qualunque cosa avesse attinenza con la politica, altrimenti sarebbe stato bandito,3 e a Pietro Borsieri, impiegato nell' amministrazione pubblica, diede consiglio di non più far parte d'un assunto così biasimevole qual era la pubblicazione d'un giornale come il Conciliatore. Onde gli scrittori del periodico, vedendo che col voler misurare le parole al compasso di quella dispotica censura avrebbero dovuto finire col non dir nulla, cessarono da tale pubblicazione, che, cominciata il 3 settembre del 1818, durò fino al

In questo vol., pagg. 133, 134.

2 Lett. a Ugo Foscolo, 17 ottobre 1818.

3 Lett. di Ermes Visconti ad Alessandro Manzoni,.25 novembre 1819, nel volume Il Manzoni e il Fauriel. Roma, Barbèra, 1880, pag. 143. "Lett. a Luigi Porro, 24 ottobre [1819].

17 ottobre dell'anno seguente. Lo svolgimento delle dottrine della scuola romantica pertanto in quel periodico restò imperfetto; ma valsero ad illustrarle anche gli scritti critici pubblicati fuori di quello, e prima e allora e dopo, da Giovanni Berchet, da Ermes Visconti, e principalmente da Alessandro Manzoni.

III. Intanto quel sentimento di nazionalità, che animava per tutta Italia la più parte delle persone cólte, investendo del pari la nostra letteratura romantica e classica, mediante l'associazione dei carbonari e l'opera di tutti gli altri patriotti si dirigeva all'azione rivoluzionaria. L' Austria, contro la cui dominazione quel moto era principalmente rivolto, lo prevenne, arrestando a Milano i caporioni, e primo, nel giorno 7 ottobre del 1820, Piero Maroncelli romagnuolo, musicista e letterato, ardente promotore della carboneria. Se il Pellico si fosse ascritto a quella società segreta non risulta chiaro, ma è certo ch'egli vi aderiva pienamente, e coi carbonari aveva comune l'intento della liberazione dell'Italia dal giogo straniero. Per tal fine nell' estate di quell' anno era andato in compagnia di Luigi Porro a prendere intelligenze prima a Torino, e poi a Venezia; nel qual viaggio passando per Mantova disse a Giovanni Arrivabene le note parole: Facciamoci carbonari. Tornato di là a Milano seppe la carcerazione del Maroncelli amicissimo suo; recatosi quindi per pochi giorni nella villa Porro, benchè presago del fato si ricondusse il 13 del suddetto mese in città, dove immediatamente fu arrestato anch' egli e rinchiuso nelle carceri di Santa Margherita. Trasportato nel febbrajo del 1821 a Venezia, stette prima nei Piombi, famose prigioni di stato fin dal tempo della repubblica; poi, non potendo quel luogo solo contener tutti i prigionieri politici, nel gennajo del 1822 fu messo entro le carceri di San Michele in Murano. Un mese dopo, a lui e al Maroncelli nella piazzetta di San Marco, alla presenza di numeroso popolo atterrito e commosso, fu letta la sentenza di morte e la commutazione della medesima < nel carcere duro, da scontarsi nella fortezza di Spielberg per quindici anni dal primo, per venti dal secondo; e là giunsero il 10 aprile. Le pene ineffabili di quella prigionia le narrarono il Pellico nel suo libro famoso, nelle Addizioni al medesimo

2

1 Lett. alla contessa di Mombello, 23 agosto 1836.

Le Mie Prigioni, cap. LI.

il Maroncelli, e quindi nelle sue Mémoires d'un prisonnier il loro concaptivo Alessandro Andryane francese.

1

Nei primi tempi il Pellico scrisse due tragedie e quattro cantiche, e dentro lo Spielberg, dove fu tolta ai prigionieri ogni comodità di carta, penne e calamai, incidendo i versi su i muri, un' altra tragedia, e in pezzetti di carta, con inchiostro fatto col tabacco, parecchie liriche, che conservate già da Federico Confalonieri, ora le possiede, quasi tutte inedite, la Biblioteca della Camera italiana dei Deputati: conforto gratissimo a lui < ne' lunghi dieci anni, in cui niun' altra dolcezza gli restava (dopo la religione, suprema consolatrice, e dopo il compianto di un carissimo socio di sventura) fuorchè l'abitudine d'esercitare, poetando, la mente ed il cuore,*> e la Bibbia, lettura sua prediletta. I suoi compagni di sventura là dentro, fra i quali ricorderemo, oltre i suddetti, anche Giorgio Pallavicino, eccetto Antonio Oroboni che vi morì, prima o poi uscirono tutti. Il Maroncelli, dovette farsi tagliare una gamba, e fu eroico nel soffrire. Finalmente, dopo quasi dieci anni di prigionia, otto e mezzo dei quali nel carcere duro, il Pellico e il Maroncelli ebbero l'annunzio della grazia; ricondotti in Italia, quegli; separatosi a Mantova dall' amico,' proseguì alla volta del

1 Di questi scritti spielberghesi così parlava nella lettera 17 maggio 1838 il Pellico al Confalonieri: « I miei amichevoli scritti spielberghesi sono ricordanze che tu apprezzi, benchè di lieve o nessun merito. Godo che ti siano rimasti quei tenui monumenti d'una parte della nostra intima storia; tu sicuramente non sei e non sarai mai tentato d'abusarne. Tu capisci che non sono cose da pubblicarsi. Bada quando le fai vedere a qualche persona amicissima, bada che non se ne prenda copia; perchè da un copiatore all'altro, facilmente può capitarne uno poco delicato. L'aneddoto d'oltre mare è bellissimo. Per altro quelle mie strofe a Napoleone hanno avuto più indulgenza che non meritavano, presso a chi non le riconosce molto inferiori all' ode di Manzoni.» È unita agli autografi suddetti la seguente nota del Confalonieri: « Gl' inclusi fogli furono vergati da Pellico in sullo Spielberg con que' furtivi mezzi che l'industria del captivo e la carità di qualche pietoso a lui forniva; e questi pochi e sudati fogli, che in brevi epoche propizie riuscivano ad avvicendarsi i prigionieri, erano conforto immenso e rimedio a quell'imperata inerzia che andava ognor più rodendo e consumando i loro animi. » - Di tali componimenti finora ne sono stati pubblicati due, la canzone per la morte di Napoleone I (pag. 217 di questo vol.), e il dialoghetto Mumma e Bimbo, che qui riferiamo. Allo Spielberg i prigionieri si confortavano anche rimandandosi i versi del Trionfo della libertà del Manzoni, che il Confalonieri sapeva a mente.

2 Nella dedica delle Tragedie al fratello Luigi.

Del Maroncelli così giudicava il Pellico, poco dopo uscito dal carcere, in una lettera a Luigi Porro: « In tanti anni convissuti nelle miserie orribili d'un carcere, dove gli animi per necessità finiscono con mostrarsi da tutti i lati, non l'ho mai veduto un momento egoista, ma: un

« ÖncekiDevam »