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leti, dal De' Franchi e dal Pionati nella serie de' vescovi avellinesi, nacque a comune sentenza di costoro in Bari, ed a nostro avviso verso del 1440. Costui da Sisto IV della Rovere nel 1477 venue chiamato a reggere la chiesa di Castellaneta suffraganea di Taranto; la quale egli tenne per anni 15, quando da Alessandro VI nell' 8 ottobre 1492 venne trasferito nella chiesa di Avellino e Frigento; e sostituito nella prima sede nel 12 marzo 1494 da fra Alfonso Galego o Galieto spagnuolo, dell' ordine degli eremitani di s. Ago stino, e teologo insigne. A'tempi del vescovo Pirro dal papa medesimo Ferdinando d'Aragona ebbe il titolo di re cattolico per la vittoria riportata su de' Mori.

Infra le altre cose notevoli del Pirro, abbiamo che, vedendo nel 1493 la più parte delle chiese parrocchiali in Avellino distrutte, cioè quelle di s Eligio, s. Mercurio, s. Lorenzo, s. Pietro s. Andrea, s. Luca, s. Germano, s. Niccolò de' Latini, detta a capo Avellino, e s. Niccola de' Greci, pensò bene di affidarle alla cura del capitolo, e per esso agli antichi economi amovibili della cattedrale, formando anche nell'anno medesimo una Platea di tutti i pii stabilimenti della città istessa, dalla quale rilevò il Bellabona (1) di esservi stata pure la chiesa di s. Sofia, che con altre si appartenne a quei della nazione greca, la quale per qualche tempo ebbe stanza tra noi, di cui così parla il Bellabona: « Il palazzo dove reside>> vano l'Officiali Greci, cioè i loro Castaldi, era › ove al presente il Vescovado, e Palazzo del Ve

(1) Lib. II, raggua. VIII, pag. 135.

»SCOVO si vede. Di Santa Sofia, qual fu anche » Chiesa di Greci, e nome da loro usitato, e tanto » di questa, quanto dell'altre due, val quanto dire »s. Nicola de Greci e della Corte, si ne ritrova » memoria in pubbliche scritture, et in partico> lare nella Platea fatta da Antonio di Pirro da » Bari Vescovo di detta Città li 1493. » Il Pirro intervenne inoltre nella famosa incoronazione di Alfonso II nella cattedrale di Napoli, unitamente a 42 altri vescovi, tra' quali il detto suo successore, 7 arcivescovi, un patriarca e molti ambasciadori, tra cui quello de' Turchi, che, al momento dell'offertorio della messa pontificale, avvertito venne ad uscire dal tempio: e tale incoronazione segui nel di dell'Ascensione, 8 maggio dell' anno 1494, per le mani di quel metropolitano Alessandro Carafa, e del cardinale di Montereale come legato a latere del suddetto Alessandro VI; creando pure il re nella lieta occasione principe di Tricarico e conte di Lauria e Carinola il proprio genero Goffredo Borgia. Venne egli da Federico re di Napoli spedito ambasciadore al re di Ungheria per negozi di altissima importanza, il che dimostra che non era egli solamente reputato dotto giureconsulto, ma sì bene destro nel maneggio degli affari, come raccogliesi dalle assicurazioni istesse dell' Ughelli (1), che così si espresse: Hic insignis juris interpres fuit, multoque in pretio habitus a Federico Rege Neapol. a quo ad Pannoniae Regem gravibus de rebus legatus est. Fu al tempo del Pirro che Avellino venne cinto di assedio, e poco tempo innanzi del governo del detto Federi

(1) Luogo citato, pag. 200.

co, e ció per opera di Carlo VIII re di Francia nel 1495. È da notare come cosa straordinaria che il nostro regno nel breve spazio di tre anni, per le vicissitudini, a cui soggiacque, ebbe cinque sovrani, cioè Ferdinando I, Alfonso suo figlio, Carlo VIII, Ferdinando II, e Federico d'Aragona suo zio, e quindi passò la nostra contea da Galzerano Richesens al gran camerlengo Stefano Vest, e da questo a Lodovico da Villanova signor di Transo, cui seguì Giacomo Grisone nel 1496. È finalmente da notare ancora che sotto il vescovado di Pirro ebbe luogo la solenne traslazione del corpo di s. Gennaro da Montevergine a Napoli, per opera del detto arcivescovo Alessandro Carafa, come si raccoglie dal decreto in piè delle messe stampate pe' santi di Napoli medesimo da quest'ultimo, ed il tutto esistente nell'archivio di quegli ebdomadarii, il quale decreto appunto è del tenor seguente.

Reverendissimus in Christo pater, et Dominus noster Alexander Carafa divina providentia Archiepiscopus Neapolitanus anno Domini 1497 regnante Federico Aragoneo, atque invictissimo Si ciliae, Hierusalem etc. Rege felicissimo, se contulit in Monasterio Montis Virginis Dioecesis Avellini, et Neapolim cum auctoritate Sanctissimi Domini nostri Domini Alexandri sexti, Pontificis maximi, corpus Sancti almi Januarii cum sollemnitate maxima conduxit illud in majori Ecclesia Neapolitana, et ordinavit supra dictas Missas suprascriptorum Patronorum almae civitatis Neapolitanae, cioè s. Aspreno, s. Agrippino, s. Severo, s.Attanasio, s. Agnello ed altri, ad laudem Omnipotentis Dei, et gloriam Civitatis Neapolitanae (1).

(1) Circa l'origine e motivo di essa traslazione è poi a sapersi, che

Compiuta intanto il Pirro la indicata nobile legazione in Ungheria, e tornato in seno della pro

tenendo in commenda la chiesa di Montevergine il cardinal Giovanni d'Aragona figliuolo di Ferdinando I, venne per opera sua nel 1480 rinvenuto il corpo medesimo sotto l'altare massimo propriamente di detta chiesa. Si pensò allora dal cardinale istesso di farne il trasporto in Napoli; ma, perchè prevenuto da morte, il disegno rimase differito quando succeduto al d'Aragona nell' accennata commenda, l' altro çardinale arcivescovo di Napoli Oliviero Carafa, fratello uterino del ripetuto Alessandro e suo antecessore nella metropolitana medesima, e dimandatasene per lo suo mezzo licenza al papa da Ferdinando Į nel 1490, non si potè essa ottenere per molte sopravvenute cagioni. Avutasi intanto sotto del re Federigo da Alessandro VI, e scoppiata in Napoli crudelissima peste nel 10 giugno 1496, si stimò conveniente dal detto Alessandro Carafa recarsi in Montevergine col suo germano Ettore, col proprio vicario Giacomo Carduino vescovo di Lipari, e con molti del suo clero, e così prendere il sacro deposito; ma gli venne negato, anzi, per timore di perderlo, da quei religiosi fu nascosto in una selva; ma dopo qualche giorno venner costretti a consegnarlo. Perlochè l'arcivescovo chiamò persone esperte onde far diligentissima misura di tutto il corpo; iudi celebrato il divin sagrifizio alla presenza di esso, dopo la consacrazione li obbligò a giurar sul Sagramento di esser quello il corpo di s. Gennaro. Dato in tal modo fine ai sacri riti, racchiuse le ossa in un cassettino ben ornato, lo sospese con un nostro al collo, e si restitui nella metropoli, ed appena giunto, nel 31 gennajo del 1497, il contagio mirabilmente cessò. E così le dette, ossa, che per circa sette secoli erano state altrove, cioè dapprima in Benevento, trasportatevi dal duca Sicone nel principio del IX secolo,e nel XII in Montevergine, vennero temporaneamente collocate sotto il principale altare di quel magnifico duomo, ove lo stesso riferito cardinale. Oliviero, tutto intento alla gloria del santo, fe pure gettare le fondamenta del succorpo nel 1 del seguente ottobre, giorno di martedì; e, menata a termine tale opera con la non lieve spesa di ducati 15000,, vi fu riposto sotto il maggiore altare il baulletto coverto di velluto chermisi, chiuso in una cassa di bronzo con suggelli, siccome di presente si osserva. La Città di Napoli, ad eternare una tale traslazione, volle nella cappella da lei edificata nel 1608 al santo patrono per voto, a causa dell'altra peste del 1527, lasciarne mee moria in un bassorilievo di argento, che mirasi sotto il bellissimo altare ne' di solenni, rappresentante specialmente Alessandro Carafa a cavallo che reca alla capitale il corpo dell' invitio martire. Il tutto fu eseguito da Giovandomenico Vinaccia, uel 1695.

pria chiesa, dopo il decimo anno di amministrazione in Avellino stesso trapassò nel 1503. Reversus ad Ecclesiam suam, son parole dello storico, post annum decimum a sua administratione, A bellini excessit an. 1503; cioè un anno prima che il ripetuto Galzerano Richesens avesse per via di Ferdinando il cattolico ricuperata la detta contea da Trojano Caracciolo che ne fu pure investito da Luigi XII nel 1501, per averla, come si disse, il Richesens acquistata da Ferdinando I d'Aragona nel 1468; contea che dopo sua morte passò all' unica figliuola ed erede Isabella, impalmata, come vedremo, da Raimondo Cardona conte di Albento.

Durante il tempo del Pirro nella calledra avellinese e frigentina, reggea tuttavia la metropolitana di Benevento, cui lasciò ancor egli la sua ricca biblioteca, il cardinal Cibo; il cardinal Cibo; il quale mori in Roma nel 1502. Ebbe pure a metropolitano l'altro cardinale arcivescovo Lodovico Podocatario o Podocaterio come altri scrissero, Nicosiense, trasferito dal vescovado di Capaccio nel 20 gennajo dell'anno 1503, e morto in Roma nel 25 del seguente luglio, ove nella cappella da lui edificata in s. Maria del Popolo gli si legge il corrispondente epitaffio.

XXXIV. BERNARDO O BERNARDINO CARVAJAL
Anno 1503.

Da nobilissimo sangue trasse egli l'origine nel 1455 in Placenzia città della Spagna; e fu nipote al celebre cardinale Giovanni Carvajal. Per il valore del suo ingegno, e per destrezza nei pub

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