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Landolfo II venne eletto arcivescovo, e consacrato nella stessa Benevento in dicembre del 1108 da Pasquale II, il quale vi ritornava e celebrava un concilio. Mori questo metropolitano nel 4 di agosto del 1119: convocò egli nel to del precedente marzo un sinodo provinciale, in cui intervennero da circa 20 suffraganei.

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Dopo del vescovo che venne riferito da Falcone Beneventano, troviamo Giovanni eletto a vescovo di Avellino nel torno del 1124, se pure non si vuole aggiustar fede a coloro che lo vogliono nel 1121, quando Calisto II, che trovavasi in Benevento a cagione dell'antipapa Gregorio VIII, dolfo VI, il quale benchè avesse avuto parecchi figliuoli, pure ebbe l'alta sventura di vederli premorti; ed il superstite Pandolfo, che avea associato al governo del principato, lo vide nel 1074 trucidato da Normanni presso Montesarchio. Gli sopravvisse per tre anni,dopo aver governato anni 39, ed in lui si spense il germe de'Longobardi. E così la serenissima prosapia de' Longobardi fini, dopo aver dominato in Benevento dal 571 al 1077, cioè per lo giro di anni 506, mentre vi furono duchi quattordici, principi beneventani tredici, beneventani e capuani undici; e la città di Benevento passò sotto il dominio libero della S. Sede, a nome di cui cominciarono a governarla i rettori. Ma estinti i principi non si estinse al certo in Benevento l'antica magnificenza, anzi piuttosto si accrebbe colla frequente dimora de' sommi pontefici, i quali nelle calamità di quei tempi l'ebbero per sicurissimo asilo; ed oltre. di Leone IX, a cominciare da Gregorio VII sino ad Innocenzo IV, anni 170, appena due o tre papi per diverse cagioni non vennero in Benevento. Veggasi sul proposito tanto il Giannone nel vol. HI, lib. X, cap. IV, pag. 77; quanto il Sarnelli alla pag. 85. Ed anche a tempi nostri, dopo un secolo e 25 anni dacchè la città di Benevento venne onorata della presenza di Benedetto XIII, non mancò il regnante pontefice PIO IX di recarvisi dalla reggia di Portici il 30 di ottobre del 1849. V. D' Aloe DIARIO DELLA VENUTA E DEL SOGGIORNO IN NAPOLI DI SUA BEATITUDINE PIO IX. P. M., pag. 81 e seg. Napoli, dalla tipografia Virgilio, 1849 e 50.

recavasi in Avellino col seguito de' 18 cardinali e molti prelati, a fin di visitare Montevergine; il che avvenne per lo scovrimento del corpo di s. Vitaliano, vescovo di Capua (1). Di vero, da Montevergine tornato il papa in Avellino, fe passaggio in Salerno, ut pacis firmamentum, come afferma il detto Falcone nella sua cronaca, cum Duce Gulielmo el Rogerio Comite confirmaret. E giunto finalmente in Catanzaro, alle suppliche del conte Goffredo Loritello, venne del pari, coll'assistenza di essi cardinali, a consacrare la principale chiesa di quella città, concedendole nell'anno appresso il detto corpo di s. Vitaliano: « Per compiacimento » di dotarla di spirituali doni (così esprimesi il › Regio nella vita di quel santo), donò il corpo di > s. Vitaliano, costituendolo Protettore di quella » Città, facendo trasferire quelle sacre Reliquie da » Montevergine a Catanzaro. »

(1) Nei tempi andati, Montevergine ebbe il nome di Cibele madre degli Dei, da un delubro famoso a lei sacrato: nei tempi di mezzo fu appellato Virgiliano, denominazione senza fondamento presa dal mantovano poeta, la cui fama oscurata,e travestita dalla barbarie e dalla ignoranza, fece dare il suo nome a tutto ciò che era di grande e maraviglioso. E però i superbi ruderi della villa Luculliana in Posilipo vennero detti Scuola di Virgilio; la montagua forata di Mortellito, per lo acquidotto che da Serino, nella Dostra provincia, recava le acque in Miseno, Grotta di Virgilio; ed un orto di erbe medicinali in esso monte, fe appellarlo Orto di Virgilio; nome poscia esteso a tutto il monte, e quindi Monte virgiliano. Or, divenuto esso monte asilo de' credenti contra le persecuzioni, ed in seguito ritiro di penitenti, mutò gli antichi nomi nell' altro più glorioso della VERGINE, alla quale dal suddetto s. Vitaliano, ritiratovisi, era già stato consecrato un picciolo tempio. Il nome di Montevergine intanto sin dal tempo de' Longobardi era divenuto di uso comune, talchè Radelchi principe di Benevento volendo esprimere la generosità di sua mano, solea esclamare sovente, che « se mai Montevergine fosse stato di purissimo aragento, nemmeno tre di poteagli bastare » come scrive di lui Erchemberto monaco cassinese nella storia de' principi longobardi, anno 879.

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Di Giovanni troviamo onorevole rammemorazione appo i manoscritti del Bellabona, e, per la fama delle sue cristiane ed eroiche virtù, venne dai popoli gridato per santo. Fu contemporaneo di s. Guglielmo da Vercelli, fondatore della benedettina congregazione di Montevergine nel 1119; ed a preghiere di cui consacrò nel dì della Pentecoste, 25 maggio dell'anno 1124, la chiesa erella su quell'aspro monte; ceduto al santo con tutte le sue pertinenze dagli Avellinesi; dei quali era territorio il luogo medesimo. Nella quale solenne cerimonia: Locum ipsum, son parole delle lettere apostoliche presso Vincenzo Verace, in quo Praefatum Monasterium situm est, cioè Montevergine, cum omnibus pertinentiis suis, Eccles. ss. Juliani et Thomae Martyrum in Territorio Avellini. Et in eodem Territorio Eccles. s. Marci, Eccles. s. Damiani, Eccles. s. Nicolai cum hominibus, terris, vineis, castaneaetis, et hortis. Castrum Mercu rani cum hominibus et omnibus pertinentiis suis etc. Perlochè il nome dello stesso Giovanni va celebrato da tutti coloro, che i fasti scrissero della rammentata benedettina congregazione di Montevergine.

E, nel vero, oltre al Verace monaco verginiano, abbiamo anche, da Felice Renda della medesima regola, queste altre parole: Constituto die Avellinensis Episcopus D. Joannes Religiosissimus, una cum clero suorum Fratrum, ad Ecclesiae consecrationem venit. Quasi le stesse cose troviamo nel riferito Paolo Regio. « Così giunto, egli dice, il >> disignato giorno della Pentecoste del mese di mag

gio del 1124 il Religioso Giovanni Vescovo d'A>vellino col suo clero sen venne alla Dedicazio

>>ne della nuova Chiesa. » Gran discorrimento di popolo v'intervenne, il quale tuttavia si vede fino ai giorni nostri nel dì della Pentecoste per la pietà a quel santuario venerando, uno de' primi della Cristianità, coevo, come vedremo, della monarchia di Ruggiero, e le cui sante cime vennero calpestate non solo dai sandali di molti pontefici e porporali, ma da' piedi di molti sovrani principi ed imperatori, e da altri famosi pellegrini:

Re degl' irpini colli, ermo e sublime
Vergine Monte.

Tommaso Costo similmente dà al vescovo Giovanni il medesimo titolo che conferisce a s. Gu glielmo: « Parve al buon Padre espediente di farla >> consecrare (cioè la delta chiesa), ed avuto ri

corso al Vescovo d'Avellino, quel buon Prelato, >> il cui nome era Giovanni. » Trovansi ancora presso Verace due bolle, una di Celestino III, che tenne il pontificato nel 1191, e l'altra del suo successore Innocenzo III nel 1198, in cui a Giovanni dassi il titolo di Buona memoria; e di questo elogio si valse pure Pier da' Natali nel dimostrare la santità del gran Costantino, mentre per via di scritto gli venne attribuito dal papa s. Gregorio.

Quanto abbiam noi riferito viene del pari confermato dall' Ughelli oltre alla giurisdizione di Montevergine, fatta immune dal vescovo di Avellino: Joannes Ecclesiae hujus Antistes, questo autore (1), Sancti Guillelmi Coenobii Montis Virginis fundatoris in paucis charus, Ecclesiam ejusdem Montis benedixit anno 1124, ac Monaste

(1) Vol. VIII, pag. 192.

rium à Dioecesana subjectione immune fecit. Questo avvenne propriamente nel 1126, come dal seguente privilegio, esistente nell'archivio verginiano, e corceduto a s. Guglielmo ancor vivente con l'obbligo di presentare al vescovo di Avellino in ogni giovedi santo una libbra di cera lavorata.

In Nomine Domini Jesu Christi 1126, mense maii, quarta indictione. Ego Joannes, Divina gratia favente, Sedis Apostolicae Avellinensis Pontifex, Sanctae Mariae, clare facio, quoniam ante hos annos,quidam Religiosissimus Christianus, Gulielmus Nomine, a longinqua venit Regione, et in nostra Provincia transmeavit, et in Monte, qui Virginio vocatur, et ubi aqua Columbae dicitur, ascendit, et ibi quodam construxit Hospitium, quo constructo, post paulum vero temporis, auxilio Dei, mullorumque Christianorum, ibi construxit Monasterium, vocabulo ejus; Sanctae Dei Genitricis, et Virginis Mariae. Denique ipse praedictus Gulielmus, his completis, non multum ante ipsius Monasterii Consecrationem, venit ad Nos obsecrantem, et valde a Nobis petentem, quatenus pro Dei amore, ipsum jam dictum Monasterium, omnesque ejus pertinentias securum liberum, et indemnem dimicteremus, absque ulla conditione, et potestate, quam habuissemus, tantum ut omni anno, in die Sancti Jovis, habuissemus exinde unam libram de cera bona. Quod si ego, sicut etiam praefatum pro Dei amore taliter non fecissem, ipse praedictus Gulielmus nec non, et omnes Monachi, et Fratres, qui in ipsum jam dictum Monasterium habitabant, solum illud in dicto Eremo dimitterent, et in aliis partibus iter inciperent. Nunc autem, Ego praedi

et

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