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nell'anno xxxx di Pandolfo principe di Benevento, e XVIII del suo figlio Landolfo, che secondo il Di Meo ne' suoi ANNALI corrisponderebbero agli anni di Cristo 1056, avea a vescovo un tale Aruppualdo, forse di nazione longobarda; come pure un tal Gottifredo, che, secondo si raccoglie dal Labbè, e dal detto Di Meo, intervenne al concilio romano nel 1059; e finalmente dal p. D. Gianstefano Remondini, sacerdote della Congregazione de CC. RR. Somaschi, ed autore DELLA NOLANA ECCLESIASTICA STORIA, si ricava che un tal Alberto Albertini patrizio della città istessa, da vescovo di Avellino, ebbe alla morte del degno prelato Giovanni della Porta l'amministrazione della tanto cospicua metropolitana di Capua, e che conservolla sino al 1368.

Per più chiaro testimonio dell' antichità della nostra chiesa, è bello aggiungere che occupano i suoi vescovi il primo luogo dopo l'arcivescovo di Benevento fra i molti suoi suffraganei, che un tempo segnavano il numero non meno di trentadue, e che poi sotto Gregorio IX, che tenne il pontificato dal 1227 sino al 1241, furono ridotti a ventitre. Questa antichità di primato è propriamente segnata nel 969, quando Landulfo da vescovo di Benevento per Giovanni XIII venne creato primo arcivescovo della medesima città. Così ebbe egli la sorte di chiudere la serie de' circa cinquantatrè vescovi che lo aveano preceduto, e di dar principio alla nuova cronologia degli arcivescovi, che sino al presente ascendono a set

tantuno. Del primato d'onore di cui gode Avellino, come avverte il De' Franchi nel suo AVELLINO ILLUSTRATO DA' SANTI E DA' SANTUARJ, fa fede la porta di bronzo della famosa cattedrale di Benevento, ove si mirano effigiati l'arcivescovo con tutti i suoi vescovi, cui segue tosto quello di Avellino. S'intitola parimente quest'ultimo abate della Ss. Annunziata di Prata, e barone o conte di Quintodecimo: città oggi distrutta, presso Mirabella, e cosi detta perchè lontana quindici miglia da quella di Benevento allora grandiosa capitale del Sannio Irpino.

Per tante guerre e tremuoti decaduta poi dall'antichissimo splendore la città di Frigento, Frequentum o Fricentum, presso la tanto memorabile Valle di Ansanto, città che ebbe a vescovo s. Marciano ordinato da s. Leone papa, che quivi mori nel 14 giugno 496, piacque alla Santità di Paolo II nel 1466 aggregare alla chiesa di Avellino quella di Frigento, che, al dire del dotto ripetuto critico p. Alessandro Di Meo da Vulturara nel Principato Ulteriore, godea del vescovado ben distinto da quello di Eclano, o Quintodecimo voluto. In questo modo le chiese di Frigento e di Avellino furono tenute da un vescovo solo, e Battista Ventura o Bonaventura canonico napolitano si fu il primo a intitolarsi nelle sue bolle Episcopus Abellinensis et Frequentinensis. Giulio II, nel 1510, volle di nuovo separare le due chiese creando il vescovo di Frigento. Leone X finalmente

nel 1520 confermò la separazione, con legge però che quel vescovo il quale sopravvivesse dovea rimaner vescovo di amendue le diocesi. Cadde il favor della sorte su la nostra Avellino, al cui prelato restò per sempre unito il governo delle riferite due chiese. Indi pel solenne Concordato conchiuso tra la Santa Sede e l'augusto monarca Ferdinando I nel 1818, la diocesi Frigentina fu soppressa, e congiunta in tutto alla diocesi di Avellino, dalla quale ora dipendono le comuni di Ajello, Atripalda, Bellizzi, Candida, Capriglia, Cesinale, Fontanarosa, Frigento, Gesualdo, Grottaminarda, Luogosano, Manocalzati, Mirabella, Monteforte, Montefredano, Parolise, Paterno, Prata, Pratola, Rocca s. Felice, Salsa, s. Angelo all'Esca, s. Barbato, s. Mango, s. Potito, Serra, Sorbo, s. Stefano, Sturno, Summonte, Taurasi, Tavernola, e Villamaina. Il numero poi delle sue anime, compresa la stessa Avellino, che nel 1532 venne tassata per fuochi 188, nel 1545 per 241, nel 1561 per 292, nel 1505 per 518, nel 1648 per la medesima cifra, e nel 1669 per 600; ascende ad ottantasettemila cinquecento sessantadue. La diocesi istessa ha dato finora parecchi valentuomini, e, tra questi, alle chiese del regno, un Ubaldo di Prata, che il Ciarlanti pose nel Sannio Irpino, vescovo di Ferentino fin nel 1149; un Giacomo di Acquaputrida, oggi Mirabella, vescovo di Frigento nel 1254; un Ruggiero di Avellino, che della medesima chiesa di Frigento divenne pastore nel 1307;

un fra Matteo minorita, pure di Acquaputrida, che da cappellano maggiore di Giovanna I fu vescovo di Telese nel 1345; un fra Niccola da Grottaminarda ancor minorita, vescovo di Rapolla nel 1348; un Matteo, che da rettore della chiesa di s. Mango, passò al vescovado di Avellino istesso nel 1391; un Tommaso da Taurasi, vescovo di Monteverde nel 1420; un Antonio da Paterno, che da arciprete di Frigento, ascese al vescovado di Nusco nel 1435; un Odoardo Ferro, che, da arciprete di Villamaina sua patria, fu vescovo in s. Angelo de' Lombardi nel 1485; un Antonello de Eustachiis, che da arcidiacono di Frigento, fu vescovo di Lesina nel 1542; un Tommaso Caracciolo Rossi dei principi di Avellino, ove nacque nel 1599, prima vescovo di Cirene, e poscia arcivescovo di Taranto nel 1637; un fra Fulgenzio d'Arminio Monforte degli eremitani di s. Agostino, nato in Avellino nel 1621, vescovo di Nusco nel 1669, e morto in Lucera nel 1682; un Carmine Tommaso Pascucci, gran canonista di Frigento, nominato vescovo di Trevico nel 1701; un Giovan Camillo Rossi di Avellino, che, nato nel 1767, fu arcivescovo di Damasco e Consultore del regno nel 1826, morlo in Portici nel 1837; un Bernardo Rossi germano di quest'ultimo, che nato pure in Avellino nel 1765, fu nello stesso anno 1826 vescovo successore di esso Camillo nella chiesa di s. Severo, e mori in patria nel 1829; un Antonio canonico teologo Salomone, che nato egualmente in Avellino nel 1803,

successe al celebre Luigi Scalabrini carmelitano calzo nel vescovado di Mazzara in Sicilia nel 1845; un Michele Adinolfi arciprete del duomo di Avellino, ed in essa città anche nato nel 1807, che fu assunto alla ripetuta chiesa di Nusco nel 1854; e sopra tutti, un Giovan Pietro Carafa, che nato in Capriglia, e secondo altri in s. Angelo a Scala, entrambi feudi di sua casa, nel 1475; da arcivescovo di Chieti e di Napoli, ascese al pontificato col nome di Paolo IV, nel 1555, morendo in Roma, nel 1559.

In quanto al Capitolo della chiesa Avellinese, esso è del pari degno per la sua antichità, vantando origine remotissima. Anzi leggiamo che un tal Leonardo suo arcidiacono, che vivea nel 1250 quando Bertaldo marchese o conte di Homburg e generale del principe Manfredi, a punire la città nostra che erasi collegata colla causa della chiesa, in cenere quasi la ridusse; Leonardo, ripetiamo, venne eletto vescovo di Avellino, sotto Niccolò IV di Ascoli, nella Marca di Ancona, che con gloria sostenne il pontificato dal 1288 al 1292. Di più un altro arcidiacono avellinese per nome Roberto fu trascelto alla stessa sede dal medesimo capitolo in concorrenza di Palmerio canonico beneventano; ma, non cedendo l'uno all'altro, alla fine cedettero amendue alle loro ragioni, e da Clemente V vi fu eletto Gottifredo del Tufo di Aversa nel 1310, essendo già vescovo di altra chiesa. I canonici fin dall'anno 1270 furono distinti in ordini di presbiteri, diaconi e sud

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