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3.

Egli mi 4. Le due

6. Lau

sembra che noi abbiamo oggi rinnovata l'Arcadia. colonne. Crescimbeni e Gravina. - 5. A che scopo? date pueri Dominum. - 7. Che colpa ho io della tua vita rea? 8. Non tutto il male viene per nuocere. nierc. 10. Carlo Innocenzo Frugoni.

9. Le tre maII. L'Algarotti.

12. Il Bettinelli. 13. Le famose Lettere virgiliane. Difesa di Dante fatta da Carlo Gozzi.

14. La

I. Il classicismo conta ormai tre secoli di vita: è vecchio adunque e bisognerà che si disponga a venire presto al punto, al quale si traggono tutte le umane cose. Ma intanto esso vive ancora. Vive? Intendiamoci. Il barocchismo del seicento è certamente assai lontano dalla nitidezza e temperanza meravigliosa dei classici; ma il classicismo, come ideale dell'arte, sta ancora venerando e solenne. Esso è ancora il maestro e nessuno oserebbe metterne in dubbio l'autorità. Ma voleasi correggere quella tanta gonfiezza dell'arte ; ed ecco l'Arcadia. Essa vien su con l'aria di una rea

zione, ed è veramente una reazione; non però contro quel complesso di idee e di tendenze che costituiscono il classicismo, 'bensì contro lo spagnolismo nell'arte. Buona l'idea; ma disgraziatamente il rimedio è peggior del male e la nostra letteratura discende ancora e rimbambisce. Ora lo vedremo.

2. L'Arcadia, la famosa accademia, che sopravvenuta alle moltissime che già esistevano, le superò tutte per la rapidità e l'ampiezza del suo sviluppo, sorse in Roma verso la fine del secolo XVII. C'era in Roma a quest'epoca un discreto 'trambusto letterario, e i letterati, grandi e piccoli, usavano alla conversazione dei patrizi nei palazzotti enormi di città o nelle ricche ville suburbane. Fra i mecenati, che erano molti, teneva il primo posto una donna, Maria Cristina di Svezia. Figlia di Gustavo Adolfo, re e guerriero da paragonare solamente coi sommi, essa era succeduta al padre nel 1632. Venuta all'anno ventesimoterzo di sua età, aveva dichiarato al senato di non volersi maritare e s'era fatta eleggere un successore. Cinque anni dopo scendeva dal trono (di che pentivasi invano più tardi) per darsi a vita privata. Viaggiò in Germania e in Francia, poi, fattasi cattolica, venne a stabilirsi in Roma, dove si circondò di letterati e formò una specie di accademia alla quale appartenevano, fra i pedanti e i mediocri, anche dei forti ingegni, quali il Filicaia, il Menzini, il Guidi. L'adunanze si tenevano nel suo palazzo o nei giardini, e vi presiedeva ella stessa. I letterati la coprirono di lodi ampollose; ma gli storici notarono qualche brutta macchia nella sua vita. Morì nel 1689.

Con la morte della munifica protettrice i letterati

rimasero senza un luogo fisso di convegno, e andarono portando ora presso il principe Odescalchi, ora presso il cardinale Corsini o qualche altro signore la canora sede dell'itale muse. L'accademia non aveva ancora pigliato alcun nome e pareva presso a discioglierși, quando un bel giorno dette un guizzo potente, si rannodò, affermò la sua vita e fece l'ingresso trionfale di conquistatrice nel mondo letterario.

3. Dietro Castel S. Angelo, in quella penisola, che una curva del Tevere separa dalla città, si stendeva allora una pianura erbosa con qualche siepe di biancospino, qualche ceppo d'ulivo, e qua e là le macchie pittoresche dei villosi cavalli romani e dei bianchi bovi tranquillamente pascenti: oggi vi sorgono palazzi e teatri e vi s'ode il rombo cittadinesco : nulla ricorda la pastorale semplicità di quei luoghi, fuorchè il nome, che pure conservano, di Prati di Castello. In quella pianura silenziosa e poetica si trovarono un bel mattino di primavera nel 1690 quattordici dei soliti letterati e, com'è naturale, recitavano versi e si congratulavano l'un l'altro; quando uno, quasi ad esalare l'entusiasmo di che era pieno, scappò fuori a dire: Egli mi sembra che noi abbiamo oggi rinnovata l'Arcadia. L'Arcadia, chi nol sapesse, è una regione assai montuosa del Peloponneso, la regione della vita semplice e idillica, degli amori innocenti, dei giuochi e dei canti, abitata, almeno anticamente, da pastori che ai silvestri costumi accoppiavano l'amore alla musica, e avevan fama di saper cantare versi all'improvviso e fare tenzoni poetiche, presso a poco come i trovatori di Provenza. Tale è l'Arcadia nelle tradizioni poetiche e tale (noi lo sappiamo) è

ripullulata più volte nella nostra letteratura. Se sia proprio così io non lo so, e certo quei nostri letterati non si curavano di saperlo; giacchè, conviene ripeterlo, qui da noi s'è seguitato' un gran pezzo a pensare e dire le cose in modo assai diverso dal vero. Parve adunque a quei buoni poeti d'aver rinnovata l'Arcadia; e, detto fatto, pigliando la frase del collega come un'ispirazione del cielo, fondarono davvero una accademia col nome d'Arcadia. I fondatori furono quattordici, fra i quali il Guidi, Giambattista Zappi, il Leonio, Silvio Stampiglia, Gian Mario Crescimbeni e Gian Vincenzo 'Gravina. Quest'ultimi due furono le principali colonne del nuovo edificio.

4. Il Crescimbeni, nato a Macerata nel '1663, fu prete e canonico. Piccolo, goffo, bruno, con un naso enorme, che dal 'mordace Settano gli meritò il titolo di Nasica, egli seppe nondimeno farsi amare dai colleghi, che lo elessero primo custode generale 'd'Arcadia, preferendolo al Gravina. Scrisse molto; ma de' suoi scritti non restò 'nulla, e a mala pena si consulta oggi la Storia della volgar poesia, una mole indigesta di erudizione, buttata giù senz'ordine e con poco lume di critica. Ma ricordiamoci che egli fu dei primi a dissodare questo 'gran campo della storia letteraria d'Italia; di che merita lode non piccola.

Poderoso ingegno fu Giovan Vincenzo Gravina, nato in Roggiano di Calabria nel 1664. Fu professore di diritto civile e canonico nell'Archiginnasio romano, scrisse un trattato della Ragione poetica, cinque tragedie infelicissime, e parecchie altre cose di minor conto; ma per l'opera intitolata Originum juris civilis libri tres dura ancora e durerà il suo nome nella po

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